Questo è un breve racconto che ha vinto il secondo premio al concorso letterario "Vento d'estate" indetto dalla Triskell Edizioni. Lo metto sul mio blog come regalo gratuito a tutti i miei lettori, spero che vi faccia piacere.
Il breve racconto è opera dell'immaginazione dell'autrice, cose,
fatti e persone sono frutto della sua immaginazione.
Buona lettura!
Alice
SINOSSI:
Lex
Douglas è il capo del mio capo, arrogante e presuntuoso, ma bello e
affascinante e soprattutto bravo nel suo lavoro. Da quando quel
mattino mi ha inviato un mazzo di rose rosse con un invito per una
cenetta intima, ed io ho rifiutato, mi sta assillando con i suoi
regali, sperando in tutti i modi di farmi cedere alle sue avance.
Riuscirò a resistere a tutta questa pressione? E quando saprà chi
sono veramente mi lascerà finalmente in pace?
IL RACCONTO:
TUTTO
COMINCIO’ QUEL MATTINO...
di
Alice Vezzani
1
Quel
mattino, in ufficio, un fattorino mi recapitò un mazzo di rose rosse
da parte del Chief
Executive Officer
della società
dove lavoravo, la Banks Electronics inc., di fatto il capo del mio
capo. Alzai gli occhi al cielo. Era il mio turno adesso? Da due anni
a questa parte, da quando la sua fidanzata lo aveva lasciato, stava
uscendo con molte delle impiegate del grattacielo dove si trovavano i
nostri uffici di New York; bastava che respirassero e fossero libere
da altre relazioni.
Voci
di corridoio davano per certo che le sue attenzioni erano limitate e
non duravano più di una o due settimane. Dopo alcune serate passate
in ristoranti a cinque stelle e qualche notte di sesso sfrenato, le
prescelte si definivano fortunate ed elogiavano il suo corpo e la sua
abilità a letto. Non mi ero mai chiesta con che criterio scegliesse
le sue “vittime”, che poi, alla fine, tanto “vittime” non
erano…
L’invito,
su carta pregiata, era sempre accompagnato da un mazzo di rose rosse
e questa settimana era toccato a me. Marie, la mia amica e vicina di
scrivania, mi guardò curiosa.
–
Sono
di chi immagino io, Leila?– chiese tra il preoccupato e il
divertito.
Lei
era fortunata, era sposata e quindi immune dalle attenzioni di quel
pervertito.
–Non
voglio neanche leggere il biglietto, vado subito a restituire le rose
e l’invito – dissi sdegnata.
Dana
Speed, che lavorava al commerciale, passando dal nostro ufficio vide
il mazzo di fiori e disse civettuola:
–Oh,
come sei fortunata... questa settimana tocca a te! Non vedo l’ora
che venga il mio turno!
La
guardai incredula, poi mi venne un’idea. – Tieni Dana, prendile
tu, non penso che per lui faccia tanta differenza, esci pure al mio
posto. Secondo me la scelta è casuale, tipo tiro alle freccette. Ti
prego non fare complimenti, io non sono interessata. Facciamo in
questo modo, gli mando una mail e gli dico che io declino il suo
invito ma che tu sei felicissima di uscire con lui.
Lei
non stava più nella pelle – Davvero? Sei sicura? Non vuoi quel
bell’uomo tutto per te per qualche sera? Guarda che Natale non
arriva tutti i giorni!
–
Assolutamente
sicura – le dissi sorridendo, pensando che se avesse avuto un po’
di cervello avrebbe capito il perché.
Dana
si allontanò con le rose, gongolando.
Marie
mi disse – Sai, non credo che sia stata una scelta casuale. Ti
ricordi la settimana scorsa... quando hai avuto dei problemi con la
fotocopiatrice in corridoio?
–Sì,
come no, quella maledetta si voleva mangiare la mia lettera!
–Quando
sono venuta a cercarti, per vedere come te la cavavi, ho visto che
c'era Douglas fermo davanti all'ascensore che stava assistendo alla
scena molto interessato. Ti stava osservando divertito, ma anche con
una certa espressione...
–Te
lo dico io... sarà stato in cerca di una preda, ma io non voglio
essere la prossima! Lo sai che le storie di una notte non mi
interessano.
Così
scrissi al capo del mio capo, Lex Douglas:
“Buongiorno
Mr. Douglas, ho ricevuto il suo invito e le rose, ma mi trovo
impossibilitata a venire incontro alla sua gentile richiesta. Ho
quindi provveduto a consegnare il tutto alla mia collega, Dana Speed
che è stata ben contenta di accettarle
al mio posto.
Cordiali
saluti.
Leila
Grey”
Non
avendo ricevuto nessuna risposta, archiviai la pratica e continuai a
lavorare fino a mezzogiorno, ritenendo chiusa la faccenda.
Dopo
qualche ora, un altro fattorino arrivò con un mazzo ancora più
grande di rose rosse.
–
Ancora?
Forse ha sbagliato persona, è sicuro che sono per me? – chiesi
all’uomo che stava disgustosamente masticando un chewing-gum a
bocca aperta.
–
Sì,
legga il biglietto, è lei Leila Grey? Firmi qui – mi disse,
scocciato
per aver messo in dubbio le sue capacità.
Marie
mi guardava divertita. – Leggi il biglietto! – mi esortò
curiosa. Lessi a voce alta:
“Mia
cara Leila,
sbarazzarsi
di un regalo per darlo ad un’altra persona, non è una cosa molto
corretta, l’invito era unicamente per te, inoltre non ho bisogno di
aiuto per rimorchiare. Rinnovo la mia richiesta, per una cena per
questo sabato con molto più ardore.
Lex”
–Certo
che è proprio cocciuto o non vuole capire…questa volta vado a
restituirgliele di persona! – Mi alzai e afferrai il mazzo di
rose.
Per
mia fortuna, molti dei miei colleghi erano già in pausa pranzo e nel
resto dell’ufficio le scrivanie erano quasi tutte vuote. Tenni
comunque le rose basse, in modo che passassero
il più possibile inosservate.
Quando
arrivai al piano superiore andai velocemente al suo ufficio, salutai
Tory, la sua segretaria, chiedendole se il capo poteva ricevermi per
qualche minuto. Lei vide le rose e mi disse di aspettare, anche lei
era salva, era fidanzata ufficialmente da anni.
Entrò
nel suo ufficio per uscirne qualche minuto dopo, mi disse di
accomodarmi e mi guardò con aria complice. Io le sorrisi.
Varcai
la porta e mi diressi spedita verso di lui. Era la prima volta che
entravo nel suo ufficio, era grande e ben illuminato, Mr. Douglas era
seduto dietro una enorme scrivania di mogano, quando mi vide entrare
si alzò per venirmi incontro. Aveva i capelli neri leggermente
mossi, occhi ancora più scuri se possibile, alto e con un fisico
perfetto, leggermente abbronzato, decisamente bello nel suo completo
elegante e costoso. Certo come dare torto alle donne che gli cadevano
ai piedi non appena ricevevano le rose rosse?
–Leila,
che piacere, non ti aspettavo così presto – mi disse con un
sorriso mozzafiato. Poi vide le rose, – qualcosa non va con le
rose? –
–Sì,
a parte che hanno le spine – dissi a bassa voce.
–Cosa?–
chiese lui avvicinandosi di più.
–Sono
venuta a restituirle, – le appoggiai alla sua scrivania, – sono
lusingata, ma come le ho scritto non posso accettare, né le rose né
l’invito a cena. Grazie e buon lavoro.
–Ti
vedi con qualcuno ?– disse lui.
“Presuntuoso,
non ti è venuto in mente che semplicemente non sono interessata?”
pensai, ma non potevo dirlo a voce alta. – No.
–Allora
perché non vuoi venire a cena con me? Ti porterò in uno dei
migliori ristoranti della città, vuoi perderti un’occasione del
genere? Inoltre potrai godere della mia compagnia, magari anche per
un dopo cena… – disse facendomi l’occhiolino.
Mi
accigliai e dovetti mordermi le labbra per non rispondergli a tono...
era pur sempre il capo del mio capo, – non sono interessata, grazie
comunque. – Risposi scandendo le parole e usando il tono più serio
possibile. Sperai di essere stata chiara. Mi girai e uscii
dall’ufficio a testa alta, gioendo per la sua faccia inebetita,
anche se bellissima, dovetti convenire.
Durante
la pausa, io e Marie eravamo sedute al tavolino di un bar, di fronte
alla sede dell’ufficio, mentre pranzavamo le raccontai quello che
Douglas mi aveva detto.
–
È
arrogante e presuntuoso, mi ha praticamente detto che i ristoranti
dove mi porterebbe lui non me li potrei mai permettere. Le voci su di
lui secondo me sono vere, da quando la sua ex-fidanzata lo ha
lasciato due anni fa, deve essere impazzito. Per fortuna che il suo
lavoro non ha subìto ripercussioni, perché altrimenti saremmo tutti
a casa. – Marie era d'accodo con me.
Dopo
qualche giorno, arrivarono circa cinquanta rose rosse con lo stesso
fattorino annoiato. Guardai Marie allibita. – Ma è proprio ottuso!
Il
biglietto diceva :
“Le
parole “non mi interessa” non rientrano nel mio vocabolario, se
il sesso e una cena in un ristorante costoso non sono quello che
cerchi, magari potremmo parlare di una promozione, cosa ne dici?;)”
Non
aveva neanche firmato, il codardo. Rossa dalla rabbia, mi alzai
furente. Marie mi disse di stare calma. Non avevo afferrato il
problema mi fece notare ironicamente, – sai, mi viene il dubbio che
stia giocando con te, probabilmente si sta divertendo a stuzzicarti.
–Adesso
però mi sono stancata! – Presi le rose che ingombravano tutta la
mia scrivania e questa volta non mi sarei di certo trattenuta.
Sapevo
che quel mazzo enorme non sarei riuscita a nasconderlo mentre
percorrevo il corridoio, sapevo di avere il viso in fiamme mentre
chiamavo l’ascensore, sperando che arrivasse il più in fretta
possibile. Quando finalmente si fermò tirai un sospiro di sollievo,
ma quando si aprirono le porte, mi trovai davanti Douglas, da solo.
–Ah,
ecco, – dissi, – stavo venendo proprio da lei! Come le ho detto
non mi interessa, se ne faccia una ragione! – Gli spinsi le rose
tra le mani. Lui non le afferrò e quando le lasciai andare caddero a
terra. Ci guardammo, io con aria di sfida, lui era più divertito che
arrabbiato. Le porte si stavano richiudendo, quindi ritrassi le mani,
ma non fui abbastanza veloce perché lui mi afferrò un polso e mi
trascinò all’interno dell’ascensore come se fossi una piuma e
schiacciò il pulsante del suo piano.
–Mi
lasci andare, immediatamente! – gli dissi arrabbiata.
–Voglio
solo parlarti nel mio ufficio, lontano da occhi indiscreti – disse
sottovoce. Era terribilmente vicino, mi allontanai istintivamente.
–Io
però non ci voglio venire, perché non ho più niente da dirle.
Questo è un rapimento, è molestia sessuale, è mobbing! – dissi
irritata. Cercai di liberarmi il polso ma lui lo teneva ben saldo.
Dosai le sue forze dando degli strattoni.
–Così
ti fai solo male, non riuscirai a liberarti, voglio solo parlarti.
Sei incredibilmente testarda. – Disse sempre più divertito dai
miei vani tentativi.
–Senti
chi parla… – gli dissi guardandolo con aria assassina. Sapevo
che dovevo essere ridicola e che gli sembravo innocua, lui era
diversi centimetri più alto di me, nonostante i miei tacchi ed era
ben piazzato.
Lui
disse ridendo, – sì, così fai proprio paura.
Mi
sentivo in pericolo: mai, in vita mia, nessuno si era permesso di
trattarmi così, come un oggetto, progettai un piano per cercare di
liberarmi. Appena le porte si aprirono lui scese scavalcando con
agilità le rose, mi stava trascinando con sè ma afferrai il
maniglione all’interno dell’ascensore e lo costrinsi a tornare
sui suoi passi. La pessima scena che stavamo facendo davanti ai
colleghi mi era più che chiara, così pensai fosse meglio non urlare
per non attirare ulteriormente l’attenzione, per ora.
Con
la mano libera riuscì a farmi mollare la presa al maniglione e mi
trascinò fuori quasi di peso, cercai di restare calma.
Tory
ci stava guardando con aria sconcertata e due occhi sbarrati, non
capiva se stavamo scherzando o se quello che stava succedendo era
reale. “Nemmeno
io lo so”,
avrei voluto dirle.
–Tory,
non mi passi telefonate...e chiami qualcuno per pulire l’ascensore.
Ora!
Si era fermato un secondo per parlare con lei, io mi girai di scatto
e alzai il ginocchio mirandogli l’inguine. Lui fu lesto a parare il
colpo ma il mio obbiettivo, oltre colpirlo, era liberarmi e così fu.
L’ascensore aveva ancora le porte aperte, mi precipitai dentro con
il fiato corto schiacciando un bottone qualsiasi. Le porte però non
si chiusero abbastanza velocemente, lui riuscì ad entrare
nell’ascensore per riportarmi fuori.
Ma
questa volta ero davvero furiosa e cominciai ad urlare.
Mi
ritrovai con la sua lingua in bocca ed il mio urlo soffocato, mi
sollevò senza sforzo e mi trascinò di peso nel suo ufficio.
Chiuse
la porta con la chiave, io mi divincolai dandogli un calcio negli
stinchi. Finalmente mi lasciò andare con un gemito di dolore.
Corsi
dietro la scrivania e afferrai il suo cellulare che era appoggiato in
un angolo, iniziai a digitare un numero di telefono.
Mi
pulii la bocca con il dorso della mano e lo guardai rabbiosa.
–Cosa
stai facendo?– chiese lui apparentemente calmo.
–Chiamo
la polizia per fare una denuncia.
Lui
rise ma la sua risata era più nervosa. – Aspetta, io volevo solo
parlarti, ma tu hai reso tutto abbastanza incasinato.
Avevo
il fiato corto, i capelli prima raccolti ora scendevano in tutta la
loro lunghezza sulla schiena.
–Parliamo,
poi fai la telefonata, se vuoi, – disse cercando di calmarmi, anche
lui stava prendendo le misure. Per fortuna tra di noi c’era
l’enorme scrivania, quindi mi sentii abbastanza al sicuro. Lui si
sedette cautamente su una poltroncina di fronte e mi indicò la sua
poltrona dalla parte opposta della scrivania.
–Preferisco
stare in piedi, tanto non penso che sarà una conversazione lunga –
dissi seccata.
–Devo
dire che mi hai sorpreso, sembri così gracile ma… perché porti
sempre i capelli raccolti? Sono molto belli, sembrano anche molto
morbidi.– Continuò a fissarmi pensieroso, si era accomodato sulla
poltroncina con le gambe accavallate e le mani incrociate vicino alla
bocca.
Io
stavo riprendendo fiato, ma cosa centravano i miei capelli e adesso
cosa potevo fare? Non potevo certo chiamare la polizia, mio padre
sarebbe venuto a saperlo subito e io non lo volevo.
–Voglio
la chiave dell’ufficio, o faccio la telefonata – lo minacciai.
–Ok,
la metterò sulla scrivania, ma voglio sapere perché non sei
interessata ad uscire con me. Non mi sembra che io sia un cattivo
partito, sono modestamente un bell’uomo e sono gentile con le
donne. Quindi perché?
Ero
stanca e volevo uscire di lì al più presto. –Perché io ho dei
principi molto alti, sono cresciuta in una famiglia tradizionalista.
Non concepisco il sesso senza amore.
–Tutto
qui?– chiese lui.
Non
era ancora sufficiente? Certo c’era dell’altro ma questa era una
delle ragioni principali. – Esatto, ora per favore si alzi e si
allontani dalla scrivania.
Avevo
ancora il telefono in mano con il dito sul pulsante.
Lui
fece come avevo detto, le mani in tasca e un’espressione
indecifrabile. Presi la chiave dell’ufficio e senza dargli le
spalle aprii la porta.
–Quindi
non concepisci il sesso prima del matrimonio?
Lo
guardai, ma che domande erano? Così gli suggerii sarcastica, – forse
dovrebbe mettere questa domanda sul questionario per le assunzioni.
Anzi, già che c’è, aggiunga la domanda: andreste a letto con il
capo? Ah, un’altra cosa, io non potrei fare sesso con un uomo che
si è scopato metà delle mie colleghe, mi farebbe abbastanza schifo!
Il
suo telefono suonò, guardai il display, apparve il nome di una donna
– E’ sicuramente la sua prossima scopata, meglio che risponda al
volo prima che lei cambi idea.– Schiacciai il tasto per accettare
la chiamata e glielo lanciai. Lui colto alla sprovvista fece una
presa da record, io sorrisi e corsi fuori.
Trovai
Tory con altri tre colleghi, tutti abbastanza preoccupati. –Stai
bene, Leila?
–Sì,
nessun problema, anche se forse domani mi licenzierà. – Dissi
cercando di darmi una sistemata ai capelli.
–
Non
sapevo cosa fare... – disse Tory dispiaciuta.
Un
altro collega mi disse – Vieni con me Leila, scendiamo insieme,
così sei sicura che arrivi al tuo posto senza intoppi.
Anche
se pensavo di averlo messo definitivamente al tappeto, accettai.
Le
voci in ufficio si diffondevano alla velocità di un click quindi non
fu necessario raccontare tutto a Marie. Dopo una sosta in bagno
tornai alla mia scrivania e lei mi accolse con un'espressione
allibita.
–Ci
sono tutti i termini per una denuncia... – mi disse – e scommetto
che trovi anche qualche collega disposto a testimoniare, a parte me.
Sono due anni che fa il bello e il brutto tempo come un bambino
piccolo, sarebbe ora che crescesse. Se fossi stata la proprietà lo
avrei già licenziato.
–Il
problema è che è bravo nel suo lavoro – replicai.
Poi
iniziò la processione nel nostro ufficio di colleghi che venivano a
congratularsi e a porgere solidarietà. Ma la cosa era abbastanza
scocciante e non le diedi molto peso, volevo dimenticarmi tutto.
Adam,
il mio diretto superiore, mi disse in un orecchio che era fiero di me
per non aver ceduto e per avergli dato filo da torcere. Invitò me e
Marie a festeggiare con altri tre colleghi al solito pub, dopo
l’ufficio. Accettammo volentieri.
Era
venerdì sera e il locale era pieno di impiegati rilassati che
prendevano l’aperitivo. C’eravamo seduti ad un tavolo e stavamo
ridendo per quello che era successo, i miei colleghi mi stavano
raccontando le reazioni che mi ero persa all’interno dei vari
uffici. Io stavo bevendo una birra piccola ma la lasciai a metà,
considerandomi già un po’ brilla. I ragazzi dell’ufficio erano
proprio divertenti. Si unì a noi anche un uomo che lavorava in
un'altra società, che aveva gli uffici nel nostro stesso palazzo.
Aveva più o meno la mia età e quando gli raccontammo l’accaduto,
lui mi guardò ammirato. Ci raccontò dei mazzi di rose che erano
arrivati anche nel suo ufficio, la gelosia tra le sue colleghe e
l’irritazione degli uomini.
Poi
Adam sollevò il boccale di birra e disse: – alla nostra Leila, che
ha saputo tener testa al più grande Don Giovanni del secolo!
Ed
io aggiunsi, ridendo – al suo prossimo buco! – e tutti
sollevarono il bicchiere e risero facendo un gran frastuono.
–Posso
sapere cosa si festeggia? – una voce, che conoscevo bene, mi fece
andare di traverso la birra. Qualcuno la sputò sul tavolo e altri
tossirono come me. “Cavolo,
speriamo che non abbia sentito!”
Io ad occhi bassi e con un sogghigno guardai Marie, ma ormai ero più
che brilla, l’alcool non lo reggevo per niente. Ripresi fiato per
non scoppiare a ridere, ero l’unica che poteva parlare, ormai non
avevo nulla da perdere.
–Quindi?
– chiese insistente Lex avvicinando uno sgabello al mio.
Alzai
lo sguardo e vidi la partita di golf sul mega schermo davanti a noi
–ACE!– dissi puntando il bicchiere verso lo schermo e tutti
alzarono lo sguardo. Io mi trattenevo a stento dal ridere.
–Al
prossimo Ace! – dissi alzando il bicchiere di nuovo e tutti risero
ancora più di prima, io non riuscii più a bere perché cominciai a
ridere senza riuscire a smettere. Scaricai la tensione di tutta
quella giornata assurda, che si stava concludendo in maniera ancora
più assurda, con il mio carnefice seduto accanto a me nel bar. Avevo
ancora i capelli sciolti, non ero riuscita a legarli in maniera
decente, così potei coprirmi la faccia che, probabilmente, era del
colore delle rose che avevo respinto.
Avevo
un gran caldo e dovevo andare al bagno per cercare di riprendermi,
così feci segno a Marie di accompagnarmi. Quando feci per alzarmi,
Lex si alzò con me e mi aiutò a spostare lo sgabello. Non potevo
guardarlo, gli sarei scoppiata a ridere in faccia, così tenni gli
occhi bassi. Sentii il suo sguardo su di me mentre mi giravo. Davamo
le spalle agli altri che improvvisamente erano diventati esperti di
hole, mazze ecc… Mi prese una ciocca di capelli e la annusò. Io
alzai lo sguardo, in quel momento avrei voluto ucciderlo e lanciargli
una gelida occhiata di avvertimento, invece mi persi nello scuro dei
suoi occhi, più del tempo necessario. Lui mi guardò sorridendo
tranquillamente e poi lasciò andare i capelli.
Presi
la borsa e volai in bagno seguita da Marie che fu l’unica testimone
della scena.
In
bagno mi disse – Certo che è uno stalker, non riesco a capire...
cosa è venuto a fare qui?
–Forse
voleva essere sicuro che non lo denunciassi ed è venuto a sondare il
terreno… Comunque non mi va di tornare di là con lui. Ci serve una
via di fuga. Non vorrei che ci seguisse. – Dissi in un ultimo lampo
di lucidità.
–A
questo punto è proprio necessario andarsene... – disse pensierosa
Marie.
Entrarono
in bagno due giovani donne che ridevano e parlavano di un belloccio
seduto sugli sgabelli, con un completo mozzafiato e che forse si
chiamava Lex, dicevano che avrebbero dato qualsiasi cosa per poter
parlare con lui. Guardai Marie, avevo trovato una soluzione. –Ragazze
scusate… – poche parole e la cosa era fatta. Mentre loro
distraevano Lex, io e Marie saremmo scappate fuori dal locale.
Le
ragazze, tutte eccitate per il giochino che avevo loro proposto, si
prepararono e uscirono.
Noi
sbirciammo dalla porta del bagno e quando loro ci coprirono alla
vista, corremmo in strada. Era metà giugno e il clima era molto
piacevole. Avevo una gran voglia di fare due passi, ma la ragione
prevalse e fermammo subito un taxi. Sul sedile ci guardammo e
scoppiammo a ridere. Mandammo un messaggio ad Adam scusandoci per la
fuga, avrebbe capito sicuramente.
Lui
rispose subito dopo, dicendo che non c’era problema, ma che ora non
sapeva più chi fosse il demonio… naturalmente scherzava. Scrisse
che Douglas era rimasto abbastanza male, quando aveva scoperto la
nostra fuga.
Ormai
noi eravamo al sicuro nel taxi e fra poco sarei stata a casa dentro
una bella vasca da bagno. Non riuscivo a smettere di ridere. Ormai la
sbornia allegra aveva preso il sopravvento. Suonò il mio telefono e
risposi senza guardare chi fosse.
–Sìì?–
dissi tra le risa. Avevo le lacrime agli occhi ed ero piegata in due.
Il taxista probabilmente pensava che avevo bevuto dieci birre invece
che mezza.
–Immagino
che sia stata una fuga... – Oddio! Feci segno a Marie, ancora lui…
Le
passai il telefono, anche se lei mi faceva segno di no. Ma io
continuavo a ridere sempre più forte.
Lei
cercò di mantenere la calma e rispondere nel modo più professionale
possibile.
–Pronto,
sono Marie... sì… no... Leila?... Non penso che riuscirà a
parlare fino a domani mattina... sì, è lei che sta ridendo... non
regge l’alcool e… sì anche un mezzo bicchiere...e siamo
fortunati che è allegra...sì certo l’accompagno fino a casa...
arrivederci. – Riattaccò perplessa. – Questa è bella... è
proprio bella... – disse guardandomi mentre ridevo senza riuscire a
fermarmi.
A
casa pagai il taxi anche per la tratta successiva e salutai Marie che
insisteva per accompagnarmi di sopra.
–
Non
ti preoccupare, dirò a Persy di scendere a raccogliermi…–
aspettò sul taxi finché Persy non scese e solo dopo che lui le fece
un cenno con la mano, disse al taxista di partire.
Persy
mi portò in braccio fino al divano. Io cercai di fare la seria ma
poi scoppiai a ridere ancora, fino alle lacrime…finché non mi
addormentai.
Verso
le dieci Persy mi prese e mi portò a letto. – Oh Persy, devo
raccontarti cosa è successo oggi, è stato troppo divertente.
–Meglio
che me lo dici domani, adesso dormi.
Persy
era un ragazzo molto carino, biondo, occhi azzurri, un bel corpo
muscoloso ben proporzionato... e molto gay. Era il mio coinquilino,
amica, tutor, guardia del corpo, cuoco, a volte anche estetista e
coiffeur. Non avrei potuto trovare di meglio, considerando che non
avevo avuto scelta.
2
Il
mattino successivo avevo mal di testa, feci colazione e presi
un’aspirina. Persy era di cattivo umore perché il suo nuovo
ragazzo non lo chiamava da due giorni. Cercai di tranquillizzarlo, ma
quando era depresso non poteva che uscirne da solo. Io presi l’mp4
e me ne andai a fare un lungo bagno. Gli dissi che volevo farmi una
maschera al viso e gli chiesi se poteva venire ad aiutarmi per
applicarla. Era una cosa che adorava fare e pensavo che lo avrebbe
aiutato a tirarsi su di morale. Dopo una buona mezz’ora, persa
nella musica e nell’idromassaggio, avvolsi i capelli in un
asciugamano gigante, mi infilai la biancheria intima e un kimono
rosso con fiori gialli che mi arrivava sopra il ginocchio.
Lo
chiamai e mentre mi spalmava la crema sul viso, gli raccontai quello
che era successo in ufficio il giorno prima. Lui fu di poche parole e
quando ebbe finito se ne andò. Io accesi lo stereo, alzai il volume
e mi sdraiai sul divanetto della camera, pronta a passare i prossimi
venti minuti con due fette di cetriolo sugli occhi e la faccia
mummificata.
La
casa era grande per due persone, mio padre aveva acquistato tutto
l’ultimo piano di una vecchia ma elegante palazzina a Manhattan e
lo aveva fatto ristrutturare. Un anno prima, quando gli avevo detto
che volevo farcela nel mondo del lavoro da sola, non era stato
contento, ma mi aveva dato tutto il sostegno economico necessario,
quell’appartamento con tutte le comodità possibili e Persy. Il mio
coinquilino era stato scelto dopo un attento studio sulla
compatibilità tra i nostri caratteri e mille altre qualità, che
facevano di lui l’uomo perfetto per occuparsi di me. Mio padre non
condivideva la mia voglia di realizzarmi lontano da lui, ma mi voleva
al sicuro.
La
musica mi dava una carica impressionante, mi piaceva ascoltarla alta
da spaccare i timpani. Per fortuna l’appartamento era stato isolato
acusticamente, visto che il mio papà conosceva i miei gusti
musicali, avendoli sopportati per anni con le sue orecchie.
Sentii
Persy rientrare in camera, stavo cantando a squarciagola e con le
gambe accavallate lanciavo calci in aria a ritmo di musica, così che
la vestaglia mi si era arrotolata intorno alla vita. Gli indicai il
bagno. Avevo preparato la ciotola per l’acqua e del cotone vicino
al lavandino. –Per favore usa l’acqua calda altrimenti, questo
cemento non viene più via!– gli gridai. E continuai a dimenarmi.
Ormai lui era abituato e dopo quello che mi era successo ieri avevo
bisogno di sfogarmi.
Quando
si sedette vicino a me sul divano mi spostai per fargli più posto,
la musica era cambiata e avevo smesso di prendere a calci l’aria.
Ora muovevo il bacino a ritmo, cercando di colpire il suo. Ma lui non
fece e non disse nulla. Era proprio di pessimo umore… cercai il
telecomando dello stereo e abbassai un po’ la musica.
–
Eh
dai Persy, non fare così. Vedrai che prima o poi chiama, magari è
stato preso con il suo lavoro. Mi è sembrato un bravo ragazzo, non
deprimerti così, siete solo all’inizio del vostro rapporto, non
soffocarlo. Ti spiace cominciare a togliere la maschera? Comincia a
bruciare.
Lui
cominciò a passarmi il cotone sulla faccia, delicatamente, lo
risciacquò e riprese a pulire.
–Se
tutti gli uomini fossero gentili come te... sarebbe tutto più
facile. Peccato che ormai ho associato la gentilezza di un uomo, al
fatto che sia omosessuale. Etero gentili io non ne conosco. Dopo
l’esperienza di ieri poi... la categoria uomini etero è scesa di
diverse unità nella mia lista degli animali più intelligenti. –
Gli presi la mano. – Se tu non fossi gay, ti sposerei al volo. Se
ci ripenso mi arrabbio ancora. Che arrogante! Come si permette di
pensare che ogni donna abbia un prezzo?! Sai cosa ha detto
l’impiegato dell’altra società? Alcune voci sono arrivate al
loro piano, anche loro sanno che il nostro capo ne cambia una alla
settimana. Capisci? Con la media di una ogni settimana, da quando ha
lasciato la sua ex, due anni fa, ha scopato con ...– calcolo
mentale – circa cento donne. Lasciamo in sospeso la settimana di
Pasqua e quella di Natale, magari ha avuto qualche illuminazione
divina. Ma come si fa a fare sesso senza sentimento. Ah, che stupida
è un uomo... al posto del cervello ha il pene. Mi chiedo come fa ad
essere così bravo nel suo lavoro. Forse ha un pene intelligente! –
Risi da sola. – Comunque, tutte quelle donne che ci sono state...
Io non potrei mai avere rapporti con uno senza provare per lui
qualcosa. È sbagliato, è assurdo, solo per un piacere che dura
dieci minuti.– Allungai la mano e cercai a tastoni sul comodino la
bottiglietta di succo alla pesca; Persy mi aiutò a portarmi la
cannuccia alla bocca. Mi trovai ad appoggiare le mie labbra alle sue
dita. Aveva cambiato profumo? Era buono.
–
Sai
quel ragazzo che si è unito a noi? È carino, chissà se è
impegnato... non ricordo il suo nome, se Lex non fosse piombato nel
bar avrei approfondito l’amicizia. Chissà poi perché è venuto.
Quando gli guardo negli occhi non riesco mai a leggerlo fino in
fondo. È inquietante e da come si è comportato fino adesso, sembra
anche ossessivo. Ho paura di trovarmelo sotto casa da un momento
all’altro. Hai finito? – chiesi.
–Sì,
la signorina è servita – disse la voce di un uomo che non era
Persy e che mi fece accapponare la pelle.
Urlai
saltando in piedi sul divanetto ancora prima di aver tolto i cetrioli
dagli occhi. Lex era lì, in piedi davanti a me, nella mia camera,
che mi guardava con aria divertita. Cercai di allontanarmi il più
possibile da lui ma misi un piede in fallo, se non mi avesse
afferrata al volo sarei caduta miseramente a terra. Invece gli cascai
addosso e lui cadde a terra disteso con un tonfo. Non atterrai sul
morbido perché il suo corpo era muscoloso, ma almeno attutì la
caduta. Ero a tre centimetri dai suoi occhi. Sì...era proprio
dannatamente bello...
Ripresi
il controllo e urlai. –Persy!!! Persy!! – Poi mi alzai di corsa e
saltai sul letto. Presi dal comodino la prima cosa che trovai.
–Persyyyyyy!
Lui
si alzò e fece per avvicinarsi. Ma io lo minacciai con… mi guardai
la mano … con una spazzola di legno. Meglio di niente!
–Non
ti avvicinare!... Cosa hai fatto a Persy?!
–Se
intendi un ragazzo biondo, l’ho trovato sulla porta e dopo avermi
travolto mi ha urlato, mentre scendeva le scale di corsa, che tu eri
in camera tua e la maschera doveva essere tolta subito perché erano
passati i venti minuti, lui doveva correre da Roby che lo aveva
chiamato.
–Che
puttana! – lo maledissi acida mentre concepivo il fatto che eravamo
soli in casa. E io ero...abbassai la spazzola per risistemare la
cintura del kimono che si era allentata, mentre i capelli erano ormai
sparsi ovunque. Lui arrossì ed ebbe la compiacenza di voltarsi
dall’altra parte, mentre cercavo di riprendere un aspetto
dignitoso. Oddio non volevo neanche pensare a cosa aveva visto e a
cosa aveva sentito.” Cazzo
Persy, questa te la faccio pagare!”
–Cosa
vuoi?– gli dissi cercando di stare calma. Se era venuto con cattive
intenzioni avrebbe potuto aggredirmi in qualsiasi momento, ma non lo
aveva fatto.
–Sono
venuto solo a scusarmi. – Disse lui sempre girato dall’altra
parte.
–Ah,
è così che ti scusi? Facendoti passare per qualcuno altro?
Ingannandomi? Ascoltando conversazioni private? Mi vengono seri dubbi
sulla tua educazione.
–Se
vuoi ti aspetto in soggiorno... quando ti
sarai rivestita.– Sembrava a disagio.
–Certo,
vattene in soggiorno.
Lo
raggiunsi poco dopo, avevo messo dei pantaloni comodi con una
maglietta e avevo lasciato i capelli sciolti. Lui era sul divano di
pelle lilla con una rivista in mano. Indossava jeans neri e una polo
giallo ocra che metteva in risalto l’abbronzatura. Vederlo seduto
nel mio soggiorno mi fece una strana impressione.
–Allora? – esordii sedendomi su una poltrona lontano da lui.
–Hai
una bella casa – commentò.
–Già!–
continuai anche se non ero obbligata, – un regalo di mio padre.
–Ti
ho portato del vino.
–Grazie,
lo regalerò a qualcuno a Natale.
Lui
mi guardò alzando le sopracciglia.
–Io
non bevo e neanche Persy, – gli spiegai.
–Allora
potresti offrirlo a me, l’ho messo in frigorifero.
Ora
dovevo pure versagli da bere. Mi alzai solo perché mi sentivo un po’
in colpa, per quello che avevo detto di lui nel mio monologo di prima
e a parte la fama di Casanova e il suo comportamento invadente, alla
fine si stava comportando bene. Ripensai al tocco delicato che aveva
usato per togliermi la maschera e a quando le mie labbra avevano
toccato le sue dita... e mi persi con la testa nel frigorifero.
–L’hai trovato?– chiese lui.
–Sì,
eccolo!
Mentre
tornavo con un calice di vino per lui e il succo per me mi disse: –
Solo per la cronaca, non mi sono scopato cento donne in questi ultimi
due anni. Posso dirti che sono uscito con circa quindici donne e che
con alcune è durata anche qualche mese, non una settimana. Le voci
che girano sono arrivate ad un livello incontrollabile, forse dovrò
far abbassare un po’ i toni ai pettegoli. Mi preoccupa quello che
verrà fuori dalla tua scenata di ieri pomeriggio...
Io
sputai il succo dicendo ad alta voce incredula – MIA SCENATA? MIA?
Ma ti sei fatto un esame di coscienza? Sei stato tu a trascinarmi nel
tuo ufficio!
–Io
volevo solo parlarti, sei stata tu ad opporti come se ti stessi
portando sul patibolo. Volevo solo capire il tuo rifiuto.
–Scusa
se ho leso la tua sensibilità di macho rifiutandoti, non è stato
sufficiente “non mi interessi”? Sei così presuntuoso da pensare
che ogni donna debba cadere ai tuoi piedi?
–Ogni
donna forse no, ma le donne che mi interessano, spero che lo
facciano... – disse con un sorriso affascinante.
Risi
per la sua stupida innocenza. – Quindi è il primo rifiuto che
hai?– poi pensai alla sua ex che lo aveva mollato di punto in
bianco e mi pentii della domanda.
Lui
rispose tranquillo, – più o meno...
–Sto
aspettando le tue scuse! – Da quando gli davo del tu? Ah sì, da
quando era entrato nella mia camera e mi aveva toccata, mentre ero
mezza nuda e inerme.
–
Ed
io le tue – disse lui.
–Dovrei scusarmi per cosa? – chiesi irritata.
–Vuoi
l’elenco ? Dunque: arrogante, ossessivo, mi hai accusato di avere…
–Ok,
ok, diciamo che ci siamo comportati male tutti e due. Mettiamoci una
pietra sopra e dimentichiamo tutta questa storia – dissi, non
vedevo l’ora che se ne andasse, mi sentivo a disagio. Ma aggiunsi –
se ti trovo un’altra volta qui intorno a casa mia, ti denuncio e ti
posso assicurare che alla fine non avrai più un lavoro, una casa e
una reputazione. Sono stata chiara?– Non aspettai una risposta e mi
alzai, – bene, allora ciao.
Lui
rimase tranquillamente seduto a sorseggiare il vino e a guardarmi. –Sai che sei
proprio carina con i capelli sciolti? Perché li tieni sempre legati?
–Forse
non sono stata chiara, ti voglio fuori di qui, adesso e per sempre –
ribadii.
–E
come facciamo con il nostro appuntamento?
–Noi
non abbiamo nessun appuntamento e non lo avremo mai – dissi
scocciata. –Ma tu i rifiuti proprio non li gestisci, vero?
–No
Leila, altrimenti non sarei così bravo nel mio lavoro – disse
sorridendo di nuovo.
–Già,
peccato che nella vita privata sei un disastro. – Questa mi era
scappata!
–Sei
sempre così diretta? Dici sempre quello che pensi?
–Solo
sotto stress, so di avere la lingua molto tagliente – risposi un
po’ pentita.
–Ed
ora sei sotto stress?
–Sì,
mi sento osservata e valutata e questo non mi piace, soprattutto a
casa mia.
Lui
fece un sorriso rassicurante.
–Sei
intelligente, si vede che lavori per me... – poi si alzò e mi si
avvicinò. Io indietreggiai, ma lui mi prese la mano, se la portò
alle labbra e la baciò, sempre guardandomi negli occhi.
–Allora
io vado, ma non credere che mi arrenda tanto facilmente, prima o poi
mi dirai di sì – poi uscì dalla porta e io caddi sul divano,
esausta, come se avessi lavorato per ventiquattrore di fila.
Mi
annusai la mano che mi aveva baciato. Era impregnata del suo profumo.
Restai così per non so quanto tempo ripensando alla sua mano calda e
forte e alle sue labbra morbide e sensuali che si erano appoggiate
sopra, facendomi rabbrividire.
Quando
Persy rientrò, ero ancora seduta sul divano a baciarmi la mano.
Rinvenni appena vidi che stava ridendo e mi chiedeva cosa era
successo.
Gli
saltai addosso dicendo che aveva fatto un bel casino a far entrare un
tipo che neanche conosceva, che mi aveva vista mezza nuda in camera
mia e che mi aveva tolto la maschera e aveva ascoltato le mie intime
confessioni. – Ti ho maledetto non sai quante volte, oltre alla
paura che avevo che fosse venuto per violentarmi.
–Oh
mio Dio, come sei tragica e poi se uno così ti violenta devi solo
ringraziare il cielo, – poi vista la mia faccia aggiunse subito –
Mi dispiace, stavo scherzando, lo so benissimo cosa pensi di lui, mi
dispiace davvero, non pensavo che fosse Lex in persona. – Poi portò
la conversazione su di lui e Roby ed io lo perdonai all’istante.
3
Quella
sera partecipammo
all’inaugurazione di un nuovo locale e la domenica andammo a fare
shopping in giro per i negozi del centro, ormai l'estate era arrivata
e la temperatura era davvero piacevole, era il periodo dell'anno che
mi piaceva di più e tutto il malumore se ne andò come per incanto,
soprattutto perché girare per negozi era l’occupazione preferita
da me e da Persy.
Finimmo
la giornata con una cena al Nobu, uno dei miglior ristoranti di New
York, poi dritti a casa a disfare le borse con il bottino di giornata
. Persy mi aveva fatto comprare un paio di abiti aderenti di Gucci:
uno era corto, in stile orientale, bianco con dei fiorellini rossi;
l’altro era azzurro con collo a barchetta, lungo fin sotto il
ginocchio ma con uno spacco laterale fino a mezza coscia. Le scarpe
da abbinare erano di Jimmy Choo con tacco e zeppa altissimi.
Mi
disse che se avevo uno spasimante al lavoro dovevo
farlo impazzire.
Io
risi. – Quello è già pazzo di suo, tu stai giocando con la mia
pelle! – ma era un gioco divertente.
–Prendilo
come se fosse un flirt estivo. Goditelo e poi tronca a settembre.
Lunedì
decisi di indossare il vestito bianco, che era quello che mi piaceva
di più, con sandali rossi a tacco alto e borsa coordinata. Persy mi fece
uno chignon morbido e complicato. Io non ero molto convinta del mio
aspetto quando mi guardai allo specchio.
Ma
Persy mi disse: – ma se sei uno schianto!
–Appunto,
che messaggio gli mando? Ti ho rifiutato e adesso mi diverto a
fartela vedere tanto non mi avrai mai. Oppure ti ho rifiutato ma ti
invito a riprovarci magari ti va meglio.
–Lascia
che sia lui a raccogliere il messaggio che vuole e poi si vedrà…
Andai
in ufficio sperando di non incontrarlo per tutta la giornata, ma
quando arrivai lui era nell’atrio, io cercai di non salutarlo
passando velocemente in mezzo allo sciame di persone che entrava.
–Leila,–
mi chiamò – quasi non ti riconoscevo. Stai salendo? Vengo anche
io.
–Le
chiamo l’ascensore Mr Douglas ma io vado a piedi, un po’ di moto
al mattino fa bene.
–Ottima
idea, vengo anche io.
“Pessima
idea”
pensai. Presi le scale quasi di corsa e lui stava qualche gradino
dietro: sentivo i suoi occhi puntati sul mio fondo schiena.
–Come
è andato il week-end? – mi chiese ad un tratto.
–Bene
– dissi breve, non potevo concentrarmi sul suo sguardo, salire le
scale con il tacco dodici e parlare con lui tutto insieme!
Al
decimo piano cominciai a rallentare. E all’undicesimo inciampai e
quasi caddi, ma Lex mi prese al volo. Mi cinse la vita con un braccio
e mi strinse a lui, così i nostri corpi caldi si ritrovarono uniti.
Mi mancò il fiato. Gli afferrai il braccio che mi cingeva e sentii i
suoi muscoli tesi. Anche il suo respiro stava aumentando e mi sembrò
di sentire qualcosa di duro contro la mia coscia. Il suo viso era
vicino al mio, mi accarezzò i capelli e mi baciò dietro l’orecchio.
–Sei
bellissima stamattina. Ti sei vestita così per farmi impazzire vero?
–Sei
già pazzo, non c’è pericolo che tu possa peggiorare.
Sorrise
e sorrisi anche io.
Mi
riportò in posizione eretta e mi lasciò andare lentamente. Eravamo
alla stessa altezza grazie ai tacchi che indossavo. –Vuoi
continuare a fare le scale come una bambina capricciosa o prendiamo
l’ascensore come due adulti? – mi chiese.
Rimasi
sorpresa e offesa, lui riprese:
–Senti...
mi piace giocare con te, ma è lunedì mattina e ho un’azienda da
mandare avanti, quindi non posso stare dietro ai tuoi giochetti.
–E
chi ti ha detto di seguirmi? Prendi l’ascensore e non mi rompere! –
mi girai e ripresi a salire le scale. Solo nove piani, pregai le mie
gambe di sorreggermi fino alla fine, lo sport non era mai stato la
mia passione.
–Con
questo vestito ti seguirei fino all’inferno!– Lo sentii dire tra
i denti mentre riprendeva a salire senza sforzo.
Finalmente
arrivammo al ventesimo piano: avevo il fiato corto e appoggiai la
fronte alla porta per riprendere fiato. Lui appoggiò il braccio
piegato sopra la mia testa e mi sussurrò:
–Certo
che sei testarda! – Lui non aveva il fiato corto e non era sudato
quanto me. – Prima di provocarmi dovresti allenarti di più... –
poi, dolcemente, disse – ce la fai o ti devo portare in braccio?
Fui
una molla, aprii la porta velocemente e mi fiondai alla mia
postazione rossa di rabbia, offesa e stanca morta. Marie quando mi
vide disse: – hai scalato l’Everest questa mattina? Come sei
sudata.
–Ho
fatto le scale.
–Cosa?
Venti piani a piedi? L’hai fatto per evitare chi so io? – disse
ridendo.
–Esatto,
ma non è servito a nulla, mi ha tallonato per venti piani –
risposi esausta.
–Ahah,
avrei voluto vedere la scena!
–Credimi,
io non ci trovo nulla da ridere... inoltre mi sono presa della
bambina capricciosa e della testarda.
Fu
una giornata veloce e tutto sommato tranquilla dopo quell’episodio,
non lo vidi né a pranzo né durante tutto il pomeriggio. Avevo
evitato di uscire dal mio ufficio, Marie si era offerta di andare a
fare le fotocopie e prendere the e caffè.
Tutti
i capo settore avevano in programma una riunione straordinaria alle
cinque, quindi il nostro superiore ci disse che, se volevamo,
potevamo andare a casa.
La
cosa ci piacque molto, così io e Marie decidemmo di andare a fare un
giro ai grandi magazzini, era il compleanno di una sua amica e le
comprò un regalo, io ne approfittai per comprare della nuova
biancheria intima di pizzo nero. Alla cassa mi guardò incuriosita,
prima ancora che parlasse io alzai la mano per fermarla. Non era
certo per lui che la compravo!
Il
giorno dopo Adam chiamò in riunione il nostro reparto per
aggiornarci sull'incontro che si era svolto il giorno prima. Mr.
Douglas aveva detto che giravano voci sul suo conto che non erano
veritiere, tali voci dicevano che aveva avuto relazioni intime con
più di cento impiegate del palazzo e, visto che non era
assolutamente vero, voleva che queste lingue fossero messe subito a
tacere. Arrabbiato aveva tuonato: “che queste cento donne si
facessero avanti!”
Voleva
ripristinare la sua immagine all’interno dell’azienda, era
doveroso da parte sua come amministratore delegato. Se fosse giunta
voce alla proprietà di queste sue scappatelle, poche o tante che
fossero, la sua posizione sarebbe stata a rischio.
Martedì
ricevetti un mazzo di fiori di campo che finì sulla scrivania di
Adam e il biglietto che lo accompagnava direttamente nel cestino,
senza averlo neanche aperto. Il mio capo non commentò ma accettò
con ironia, ringraziandomi per i fiori. Era egoistico da parte mia,
ma volevo dividere con qualcuno quel peso.
Mercoledì
altri fiori, calle, che finirono sulla scrivania di Marie che le
adorava. Biglietto cestinato.
–Ma
non leggi i biglietti?
–Non
voglio sapere cosa c’è scritto, non mi interessa.
Giovedì
avevo preso coraggio e avevo indossato l’abito azzurro con lo
spacco a metà coscia e Persy mi aveva obbligato a tenere i capelli
sciolti, diceva che con quel tipo di abito non era necessario
legarli. Neanche a farlo apposta, Lex era all'ingresso ad aspettarmi.
Entrai
nell’atrio del palazzo e dopo averlo visto con la coda dell’occhio
andai velocemente verso gli ascensori.
–Ciao
Leila! – disse una voce accanto a me. Era Antony, un collega del
reparto tecnico.
–Ciao
Antony! Come va? E' da un po’ che non ci incrociamo!– lo salutai.
–Wow...
ho fatto fatica a riconoscerti, con i capelli sciolti sei molto
carina.
–Grazie
– dissi arrossendo.
–Convengo
con te ...– disse Lex che si era messo alle mie spalle, in attesa
dell’ascensore.
Ci
girammo entrambi e lo salutammo.
Poi
cercai di ignorarlo, ma sentivo la sua presenza autoritaria dietro di
me.
Era
l’ora di punta e gli ascensori erano strapieni. Ringraziai i dieci
centimetri di tacco per avere qualche boccata di aria in più. Entrai
nell’ascensore ancora vuoto e mi misi nell’angolo, Lex mi si
piantò davanti a qualche centimetro, senza toccarmi, mentre nel
resto dell’ascensore erano talmente appiccicati che se uno fosse
svenuto sarebbe rimasto in piedi ugualmente. Pensai che lo avesse
fatto apposta. Gliene fui grata, finché non si chinò su di me e mi
chiese all’orecchio se avevo ricevuto i fiori e se mi erano
piaciuti.
Gli
sussurrai che i fiori non mi piacevano, ma lo ringraziavo lo stesso.
Eravamo
già al decimo piano e lo spazio libero sull’ascensore era
aumentato, ma lui non si spostò di un centimetro.
Mi
guardò sospettoso. –Come mai non ti piacciono i fiori?
Lo
guardai persa. – Mi ricordano la morte di mia mamma, erano arrivati
talmente tanti fiori che la casa si era riempita di un odore quasi
nauseante che era rimasto per giorni. Da quel momento odio tutti i
fiori recisi.
–Mi
dispiace, non lo sapevo!
–Non
potevi saperlo... – dissi a occhi bassi. Il ricordo di quei giorni
era ancora vivo nella mia mente e il dolore era sempre in agguato.
Lui ebbe il buon senso di non parlare più e di lasciarmi più
spazio.
“Grazie
mamma”,
pensai.
Quel
giorno arrivò, al posto dei fiori, una scatola di cioccolatini senza
biglietto. Li aprii e li portai in sala caffè. Mi scrisse una mail
che doveva sostituire il biglietto:
“Mi
dispiace per i fiori, spero che i cioccolatini siano più di tuo
gradimento. Stamattina eri decisamente sexy con quel vestito e i
capelli sciolti. Esci con me sabato sera!
Lex.
P.S.
ho visto che i biglietti non li leggi quindi sono passato alle
mail!;)”
Alzai
gli occhi al cielo. Certo che non mollava mai, ma quanto tempo era
intenzionato ad andare avanti? Decisi di rispondere, visto che
ignorarlo non era servito.
“I
cioccolatini sono piaciuti molto a tutto l’ufficio, visto che li ho
messi nella sala caffè. Ringraziano tutti con calore e aspettano la
prossima scatola.
Questo
vestito farebbe sexy anche mia nonna.
La
mia risposta è no al 200%.
Ti
conviene concentrarti sul lavoro e non pensare allo spacco delle tue
impiegate.
Leila”
Arrivò
un'altra mail dopo poco ma decisi di cestinarla senza leggerla,
cliccai il tasto per mettere il suo indirizzo di posta elettronica
nella casella Spam. Sorrisi per la mia furbizia.
Giovedì
passò senza novità ma venerdì un tecnico informatico venne nel mio
ufficio e mi disse che il mio pc aveva dei problemi con la posta e
doveva sistemarlo. Io guardai Marie e sorrisi, gli dissi che il mio
pc funzionava benissimo e anche la casella anti-spam. Quindi lo
invitai ad andare ad occuparsi di altro. Dopo poco mi arrivò un
messaggio da posta sconosciuta.
“Ciao,
allora mi hai messo nella cartelletta SPAM? Brava, bella pensata.
Stai
giocando con me? Ti vesti così sexy, ti lasci i capelli sciolti e
poi mi snobbi? Mi stai stuzzicando?
Lex”
Risposi:
“E
chi ti dice che i vestiti e i capelli sono per te?”
Aggiornai
Marie e le dissi che era un arrogante allo stato puro. Ero stanca,
volevo che mi lasciasse in pace, volevo continuare a lavorare e non
vederlo più. Marie emise un suono di sorpresa guardando verso la
porta del nostro ufficio, girai la sedia nella direzione in cui stava
guardando e mi ritrovai Lex vicinissimo.
Mi
sollevò il mento e mi accarezzò con un dito il contorno delle
labbra. Appoggiò delicatamente ma con decisione le sue labbra alle
mie e in un attimo la sua lingua era dentro la mia bocca. La mia
lingua rispose subito a quel contatto arrotolandosi alla sua.
“Traditrice!”
pensai, mentre restavo incollata alla sedia senza muovermi. Tutto il
mio cervello era concentrato in quel bacio, appassionato e sexy come
lui. Sarei rimasta a baciarlo per sempre... ma non lo avrei mai
ammesso con nessuno.
Poi
si staccò, ansimavamo entrambi, rimase a un centimetro dalla mia
bocca.
–Dimmi
Leila, a chi devo credere? Alle tue risposte taglienti... o al tuo
corpo? Mi stai facendo diventare matto.
Rimasi
in attesa di un altro bacio, ma lui si allontanò e uscì velocemente
come era venuto.
Guardai
Marie basita. – Ha ragione, stai giocando con lui, anche se forse
non te ne rendi conto.
–Ma
è lui che mi sta addosso come un falco! Io voglio solo essere
lasciata in pace.
–Vestendoti
così dopo che lo hai rifiutato?!
“Persy
ti ammazzo!”
Pensai.
La
settimana successiva fu un via vai
di regali, di tutti i tipi: peluche, gioielli, borse, libri... e così
via. I meno costosi li regalavo, quelli più impegnativi li
restituivo. Alla fine della settimana ero sfinita. Ero visibilmente
stressata e non riuscivo più a concentrarmi sul lavoro. Odiavo il
fattorino ogni volta che lo vedevo sbucare dal corridoio e lui odiava
me per il lavoro extra che gli stavo dando. La notte non riuscivo a
dormire, ogni volta che mi addormentavo sognavo lui e il suo bacio,
così passavo il resto della notte agitata e sconvolta; al mattino mi
svegliavo con un leggero mal di testa, costante e deleterio che mi
perseguitava per tutta la giornata.
Alla
terza settimana di assedio ero uno straccio, cercavo di evitarlo a
tutti i costi, avevo chiesto ad una collega di avvisarmi se veniva al
mio piano, così che potessi nascondermi. Ormai tutti erano al
corrente di quello che stava succedendo e la cosa aumentava il mio
disagio. La situazione, ormai, era arrivata a livelli insostenibili e
anche se per lui era un gioco per me stava diventando un incubo.
Marie non riusciva a capire perché scappavo, lui era evidentemente
preso da me, inoltre, anche se era assillante, non si poteva dire che
mi fosse indifferente. Io ne ero perfettamente consapevole, ma non mi
fidavo di lui... e ora neanche del mio corpo quando ero in sua
presenza.
Quel
venerdì, dopo essermi nascosta in ogni angolo dell’ufficio, ero in
bagno ad aspettare che Lex ritornasse al piano superiore. Mi guardai
allo specchio. Avevo le occhiaie per le notti agitate, i capelli
legati in una stretta coda e un tubino lilla e argento che sembrava
starmi più largo di qualche settimana prima. Non potevo continuare
così, ancora una settimana e avrei dovuto chiedere aiuto a papà e
le conseguenze non sarebbero state piacevoli... oppure dovevo
cambiare posto di lavoro. E quella mi sembrò l’unica strada
possibile. Mi abbassai a rinfrescarmi la fronte sul lavandino quando
vidi i suoi piedi sotto il mio braccio. Mi alzai di scatto e mi
girai.
–Q-questo
è il bagno delle donne!– dissi.
–Sì,
lo so. Ma visto che sono tre settimane che mi eviti come la peste ho
pensato di venirti a cercare.– Sembrava scocciato. – Mi sei
mancata sai? – disse con voce più dolce.
–A
me no!
Proseguì
come se nulla fosse. –Senti, facciamo un patto, esci con me sabato
sera e se poi mi dici che non vuoi più vedermi... allora rispetterò
la tua decisione e ti lascerò in pace per sempre.
Ci
pensai su. –Poi mi lasci in pace per sempre? Davvero?– non potevo
crederci.
Lui
annuì.
–Solo
una cena? – chiesi. – Niente dopo cena?
–Solo
una cena!– rispose senza lasciar trasparire nessuna emozione. –
Ma il posto lo decido io.
–Va
bene allora, ma vedi di rispettare l’accordo.
Lui
sorrise, mi prese tra le braccia, mi baciò con trasporto ed io venni
catapultata nel suo universo, nella sua bocca... e tra le sue braccia
mi lasciai andare, aggrappandomi a lui. Maledetto corpo traditore.
–Come
sempre il tuo corpo dice una cosa e la tua mente un’altra. Ti ho
baciato per suggellare il patto, nient’altro... – disse
indifferente, mi lasciò andare ed io restai pietrificata per quello
che i suoi baci mi stavano facendo, ero spaventata per le emozioni
che stavo provando.
Quella
sera Marie venne a casa mia per cena. Parlai con lei e Persy
dell’accaduto, senza menzionare il bacio. Alla fine avevo dovuto
cedere per potermi liberare di lui. – Sei sicura che vuoi che
rinunci a te? Non vuoi rivederlo più? – chiese Marie.
–Sì,
sono sicura, non voglio avere legami adesso e poi con uno così. Mi
sento soffocare da lui, se è così insistente adesso... figurati in
un rapporto di coppia quanto potrà essere ossessivo, geloso e
dominante. “Devi fare sempre quello che dico io!”– Dissi
cercando di imitarne la voce.
I
miei amici fecero una risata. –Questo non puoi saperlo se non lo
conosci bene. Comunque... se hai deciso che non ti interessa…però
quando ti ha baciato in ufficio non mi sembravi tanto
disinteressata...– disse Marie.
–Cosa?
Cosa? Quando ti ha baciato? Perché non me lo hai detto? – chiese
Persy curioso.
–Non
mi sembrava una cosa importante da raccontare – mi giustificai.
Marie
fece la spia, – dovevi vedere che bacio appassionato, forse mio
marito mi ha baciato così... si e no dieci volte in tutta la nostra
storia!
–E
tu Leila cosa hai fatto?
–Ho
subito!– dissi pronta.
–Lei
è rimasta come un baccalà ma ti posso assicurare che la sua lingua
ha ricambiato, quindi non può dire che gli è indifferente come
sostiene. – Disse Marie.
Continuarono
a parlare di me e dei miei sentimenti come se non fossi presente e
alla fine mi dissero.
–
Abbiamo
convenuto che tu sei attratta da lui ma che non ti fidi. Quindi
sabato vai, ti diverti e cerchi di capire che sentimenti provi... poi
la fiducia se la dovrà conquistare. Se tutte le voci in ufficio
erano bugie, direi che alla fine non è poi così sciupafemmine come
pensavi, no?
Sabato
sera Persy mi vestì come se fossi una bambola, visto che io non ero
per nulla motivata a prepararmi in modo attraente, se fosse stato per
me mi sarei messa una muta da sub per uscire. Tirò fuori un abito da
sera color lilla, lungo fino ai piedi e molto semplice, ma che
avvolgeva la mia figura snella, accollato sul davanti e leggermente
scollato sulla schiena, mi lasciò i capelli sciolti. Scarpa bianca
con tacco vertiginoso e borsa coordinata. Per finire, mi mise un
cerchietto di diamanti in testa.
–Sei
una visione angelica... se non fosse per quello sguardo da patibolo,
ti prego, fai almeno un sorriso..
–Non
ti preoccupare, quando arriva metterò la maschera di
arlecchino...–dissi ironica.
Alle
otto in punto suonò il citofono ed io scesi, mi aspettava davanti ad
una grossa BMW con l’autista.
–Ciao,
come mai l’autista?– dissi infilandomi nell’abitacolo.
–Ciao
– rispose facendola diventare la parola più sexy del mondo. –Visto
che probabilmente avrò solo stasera voglio concentrarmi solo su di
te.
Indossava
un completo grigio scuro molto elegante e la camicia bianca con
magnifici gemelli argentati, gli dava un aria molto affascinante.
Tentò di baciarmi ma io mi girai e lui ebbe solo la mia guancia.
Cominciamo bene pensai.
Invece
la serata si rilevò illuminante, non fece più tentativi di
toccarmi, parlammo di molte cose, risi molto e mi raccontò qualche
episodio della sua infanzia. Scoprii che sua madre era nata in
Canada, in un paesino vicino a Toronto, in aperta campagna. Si era
sposata con un banchiere di New York e si era trasferita nella Grande
Mela. Lui era un newyorkese a tutti gli effetti, nato e cresciuto a
Manhattan, ma ogni estate veniva spedito in Canada dai nonni materni.
Passava le vacanze in mezzo a mucche e polli, correndo nei campi e
guidando il trattore già da giovanissimo. Risi perché non riuscivo
ad immaginarmelo a giocare tutto sporco per i campi.
Adesso
che i pettegolezzi in ufficio erano calati e le cento donne erano
scomparse misteriosamente, potevo farmi un’idea di lui senza
pregiudizi alcuni e quello che vedevo non era male.”Attenta!”
mi dissi, era pur sempre un uomo affascinante e un seduttore nato!
Gli
chiesi dei suoi genitori e mi rispose che adesso erano in pensione ed
erano andati a vivere a Toronto.
Mi
chiese dei miei ed io rimasi sul vago, gli raccontai della morte di
mia madre e del vuoto incolmabile che aveva lasciato nella mia vita.
Mi chiese di Persy e io gli dissi che era un buon amico e che era
molto gay.
–Sì,
questo lo avevo capito. Come l’hai conosciuto?
–Si
è trattato di una serie di circostanze – dissi restando sul vago.
Visto
che non potevo parlare né della mia famiglia né di Persy, mi
lanciai in una lista di luoghi dove ero stata. Per il lavoro di mio
padre, dissi, anche se in realtà, viaggiare era stato solo un
piacere per noi dopo la morte di mia madre. La casa dove vivevamo era
diventata terribilmente vuota senza di lei, così, per qualche mese,
io e mio padre viaggiammo in Europa, Russia, Australia, Giappone. Fu
un’esperienza incredibile, ma quando tornammo la nostalgia di lei
si fece sentire ancora di più. Fu allora che dissi a mio padre che
volevo andare a vivere da sola e costruirmi un futuro lavorando
presso qualche azienda.
Alla
fine della serata mi riaccompagnò a casa e mi scortò fino al
portone.
–Ciao
allora, ci vediamo lunedì in ufficio – gli dissi. Ero dispiaciuta
che la serata fosse già finita.
–Spero
che tu ti sia divertita – disse accarezzandomi il braccio nudo e
regalandomi un brivido di piacere.
–Sì,
grazie, è stata una serata inaspettata.
–Ci
vediamo venerdì prossimo?
–Ecco…
non so…
–Almeno
siamo migliorati, visto che siamo partiti da un no al 200% – disse
continuando ad accarezzarmi il braccio e chinandosi verso la mia
bocca. Io alzai il viso e rimasi in attesa del suo bacio che arrivò
puntuale e dolce. Quando le nostre lingue si incrociarono, gli misi
le braccia intorno al collo e mi appoggiai a lui. Le sue labbra erano
morbide, il suo profumo intenso e mi lasciai esplorare, anche se il
suo tocco non fu mai invadente.
Si
staccò riluttante accarezzandomi i capelli. –E’ meglio che vada
adesso, se no mi viene voglia di trascinarti sul letto più vicino...
quindi ci vediamo venerdì?
–Venerdì
io e Persy siamo stati invitati ad un’inaugurazione, una mostra
fotografica del suo amico Roby.
–Capisco,
quindi sabato?
–Sabato
c’è una festa in un locale … E io ho promesso a Persy…
–Esci
sempre con lui? Comincio ad essere geloso… – disse sorridendo,
mentre io arrossivo.
–Se
vuoi puoi venire anche tu sabato…
–Non
è il caso, preferisco fare qualcosa di più intimo…
Io
guardai in basso e non riuscii a dire nulla, così ci mettemmo
d’accordo per il sabato successivo.
Aspettai
quel sabato come se fosse il giorno della prima comunione, ero
nervosa, agitata: nello stesso modo in cui desideravo che arrivasse
così speravo che quella sera non venisse mai. Ero attratta da lui ma
allo stesso tempo ne avevo paura.
La
cena fu una replica della precedente, lui era affabile, un ottimo
oratore, attento alle mie esigenze ma mai troppo ossessivo. Scoprimmo
che ci piaceva la stessa musica e anche gli stessi pittori. Dopo cena
l’autista ci condusse al giardino botanico nella zona del Bronx.
–Ma
non è chiuso a quest’ora? – Chiesi mentre l’auto si fermava
davanti all’ingresso, era passata ormai la mezzanotte.
–Sì,
ma conosco il gestore del giardino e visto che mi doveva un favore,
mi ha concesso qualche ora. Vieni! – mi prese la mano e uscimmo
dall’auto.
Con
le chiavi aprì il portone d’ingresso ed entrammo nell’atrio
principale, le luci erano spente, a parte alcune luci di emergenza e
un brivido di paura mi percorse la schiena, ma non dissi nulla. Lex
mi condusse attraverso la hall, poi nel giardino fino alle serre.
–Vedrai,
di notte il posto è ancora più suggestivo– mi disse baciandomi la
mano e guardandomi negli occhi sorridendo sornione.
Entrati
nel padiglione tropicale l’atmosfera cambiò radicalmente e grazie
alla complicità della luna sembrava di essere davvero in mezzo alla
giungla amazzonica. Ammirammo le bellezze della natura e per la
maggior parte del tempo restammo in silenzio, per non rovinare la
meravigliosa atmosfera che si era instaurata tra di noi.
Proseguendo
il percorso, arrivammo al padiglione centrale, dove c’era un
tavolino apparecchiato con due bicchieri e una bottiglia di champagne
immersa nel ghiaccio. Ci sedemmo su un divanetto in pelle e Lex versò
ad entrambi il vino.
–E’
champagne analcolico, assaggia, mi hanno assicurato che è buono.
–Analcolico?
– chiesi incuriosita. L’atmosfera era talmente romantica che
quando cominciò a baciarmi mi sembrò la cosa più normale del
mondo. Le sue mani erano sui miei seni e le sue labbra ovunque sulla
parte di corpo scoperto dal vestito.
Non
potevo oppormi e neanche lo volevo. Mi sentivo così bene con lui,
era tutto così perfetto, in quel momento ebbi la precisa
consapevolezza di volerlo, dentro di me, volevo che fosse lui a
liberarmi dalla mia pesante situazione.
–Facciamolo...
– gli sussurrai.
Lui
mi guardò negli occhi sorridendo. – Hai detto la parola preferita
da ogni uomo.
Mi
ritrovai, senza neanche accorgermi, sdraiata e lui era sopra di me.
Mentre mi baciava, senza lasciarmi prendere fiato, infilò la mano
sotto il vestito. Io avevo realizzato in quel momento quello che
stava per succedere, quando le sue mani mi stavano abbassando gli
slip e le sue dita mi massaggiavano esperte il clitoride: stavo per
perdere la verginità!
Mi
irrigidii per la tensione, non sentivo più le sue mani, i suoi baci
e le sue carezze. Tutti i miei sensi erano concentrati in mezzo alle
mie gambe, nell’attesa dell’inevitabile dolore che tra poco
avrebbe posto fine al mio imbarazzante stato di vergine nella mia
ventisettesima estate.
Lui
se ne accorse e mi disse– Non ti preoccupare, non essere così
rigida, fidati di me, ti piacerà... – e continuò a baciarmi
dolcemente.
Poi
mi aprì leggermente le gambe e con un dito cominciò a seguire i
profili delle mie labbra intime per poi entrare con dei cerchi
delicati verso l’interno.
–Sei
bellissima – disse con voce roca.
Poi
sentii spingere dentro di me, trattenni il fiato e chiusi gli occhi,
mi penetrò sempre più in profondità, poi all’improvviso si
fermò. Si sollevò mettendo il suo viso sopra il mio e mi ordinò: –
Apri gli occhi!
Lo
feci, i suoi erano piantati dentro i miei che mi ispezionavano
cercando di leggermi dentro. – Perché non mi hai detto che sei
vergine?
–Non
ti preoccupare, continua, va bene così, sono consapevole e
consenziente.
–Tu
non ti rendi conto, non va bene per me. Vuoi perdere la verginità in
questo posto? Dopo aver aspettato tanto dovresti chiedere qualcosa di
più romantico, diverso…cazzo, perché non me lo hai detto?
–Non
pensavo facesse tanta differenza.
–Scherzi?
Ti stai dando a me per la tua prima volta e io non mi sento
abbastanza all’altezza della situazione stasera. Ti meriteresti
molto di più.
–Ti
prego non farti tante paranoie, facciamolo e basta – lo pregai.
–No,
mi dispiace– scivolò ai miei piedi e rimise a posto gli slip con
un sospiro. Mi baciò attraverso le mutandine e inalò il mio odore.
Rimase con la fronte appoggiata alla mia pancia dieci secondi
respirando profondamente e poi mi rimise a posto il vestito.
Mi
sentii rifiutata, delusa... e avevo una gran voglia di piangere.
–Vieni,
ti riporto a casa. – Mi tese la mano, ma io non la presi, mi alzai
da sola e mi avviai di corsa all’uscita. Arrivata al portone lui mi
prese per un braccio, costringendomi a girarmi, tentò di baciarmi ma
io voltai la testa dall’altra parte.
–Ascolta,
non è un rifiuto, non puoi capire quanto mi senta onorato e
fortunato. La donna che da un mese mi affascina vuole me per la sua
prima volta. Credimi, una sveltina su quel divano non renderebbe
giustizia a quel tesoro così prezioso che hai in mezzo alle gambe.
Se vorrai concederti
a me,
ti assicuro che preparerò uno scenario completamente diverso, da
fare invidia a tutte le prime volte del mondo.– Mi prese il viso
tra le mani e continuò. – Esci con me stasera e passa tutta la
notte con me. – Lo guardai con le lacrime agli occhi, incapace di
parlare e feci cenno di sì con la testa. Lui mi baciò e mi asciugò
le lacrime.
In
macchina mi tenne stretta a lui e mi baciò senza sosta sul viso e
tra i capelli, sussurrandomi parole dolci all’orecchio. Mi
accompagnò fino alla porta di casa e disse che avrebbe chiamato
verso mezzogiorno per dirmi l’ora in cui sarebbe passato. Mi diede
il bacio della buona notte e se ne andò.
Quando
entrai in casa, Persy mi stava aspettando sveglio, voleva sapere come
era andata e io risposi che era stato tutto molto romantico e che ci
saremmo rivisti.
–Quindi
non avete consumato?
–No,
– risposi – ho preferito aspettare– mentii. Lui non sapeva che
ero ancora vergine.
Andai
a letto e mi addormentai all'istante, quando mi svegliai era già
mezzogiorno. Aspettai una chiamata di Lex, poi un suo messaggio, poi
una mail… le ore passavano lente e da lui nessun segno di vita.
Alle otto di sera mi sentivo presa in giro e la certezza del rifiuto
cresceva sempre più nella mia mente. La notte non dormii e piansi di
rabbia e di delusione: erano tutte bugie quelle che mi aveva detto,
capii che aveva agito così solo per evitare che facessi inutili
scenate davanti all’autista.
4
Lunedì
mattina arrivai in ufficio prestissimo, così da essere sicura di non
trovarlo, ma lo feci inutilmente. A metà pomeriggio Marie andò ad
informarsi, Lex aveva telefonato per dire che si sarebbe assentato un
paio di giorni.
Vigliacco
e bugiardo, neanche una chiamata per darmi almeno la scusa più
banale, sarebbe stata meglio di questo silenzio. Mi convinsi che
quello che mi aveva detto quella sera era stato un modo per evitare
le mie scenate e i miei pianti. Amareggiata e abbattuta passai
l’intera giornata pensando che non potevo stare nella stessa
azienda con uno che sapeva il mio segreto e che mi aveva scaricato.
Scrissi una lettera di dimissioni e la portai all’ufficio
personale. Rachel, la responsabile, mi guardò perplessa. –Mi
dispiace che te ne vai, è forse successo qualcosa d'altro? Ne vuoi parlare?
–No,
nulla... è solo che vorrei fare altre esperienze lavorative – mi
scusai.
Rachel
disse, –Mr Douglas al momento non c’è, ma ti firmerò io le
dimissioni. Finisci la settimana quindi?
–Preferirei
finire venerdì a pranzo, ho un appuntamento – dissi.
–Va
bene, hai delle ferie in sospeso, quindi nessun problema. Hai già
avvisato il tuo ufficio?
–No,
glielo dico appena scendo – risposi dispiaciuta a Rachel.
Questa
era la cosa che più mi spezzava il cuore. Dopo un anno di lavoro,
fianco a fianco con Adam e gli altri due ragazzi dell’ufficio,
eravamo diventati una bella squadra affiatata. Per non parlare di
Marie che aveva cominciato a maledire Lex ed era scoppiata in
lacrime.
Adam
restò malissimo, mi chiese se la colpa fosse di Douglas, ma io negai
categoricamente.
Mercoledì
mattina Lex rientrò in ufficio ma io feci di tutto per evitarlo, lui
probabilmente era preso dal lavoro arretrato e stava fisso nel suo
ufficio, quindi non fu difficile. Arrivò una sua chiamata, ma quando
vidi il numero sul display dell’ufficio lasciai partire la
segreteria telefonica, mentre sul mio cellulare avevo messo il suo
numero nella lista degli indesiderati.
Non
lo vidi fino a venerdì, quando cominciai il mio giro di saluti.
Lasciai per ultimo il suo piano, abbracciai Tory e le augurai buona
fortuna. In quel momento lui uscì e rimase sorpreso. –Buona
fortuna? Perchè? Dove vai Tory?
–Veramente
sono io che me ne vado – gli dissi guardandolo fisso negli occhi.
–
Come
te ne vai? E dove vai?
–Ho
dato le mie dimissioni lunedì e dove me ne vado sono cavoli miei.
–Io
non ho accettato nessuna dimissione.
–Infatti
non dovevi accettarle, solo prenderne atto, sai ci sono dei diritti
che tutelano i lavoratori – ribattei, Lex mi guardò torvo.
–Senti
mi dispiace di non averti chiamato, ok? Sono successe delle cose
che… – mi sussurò all’orecchio. Ma io lo fermai alzando la
mano.
–Non
devi darmi spiegazioni – dissi fredda.
In
quel momento Tory balzò in piedi e urlò per attirare l’attenzione
di Lex. –Mr Douglas! Mi ha chiamato il centralino, sta salendo Mr.
August Banks in persona! È qui e vuole parlare con lei!
Lex
restò basito.
–Che
cazzo è successo per scomodare il grande capo in persona? Senza
preavviso poi!
Rivolto
a me disse a bassa voce, quasi supplicando – dobbiamo rimandare la
conversazione, ti devo spiegare, ti prego, non scappare.
Disse
a Tory di far correre all’ingresso il responsabile del commerciale
e del creativo. Poi si diresse a sua volta verso il pianerottolo. Io
ero dietro di lui perchè volevo gustarmi la scena. Lex non si
accorse neanche della mia presenza, tanto era spiazzato da quella
visita improvvisa, ma riprese subito il controllo della situazione.
Arrivarono i due capo reparto e lui disse loro cosa dovevano fare e
dire. Poi uno di loro mi guardò e io alzai le spalle.
Quando
August Banks, la sua segretaria personale e una guardia del corpo
uscirono dall’ascensore, furono investiti da saluti e
ringraziamenti. August Banks era un uomo che per carisma, fascino e
stazza riempiva ogni stanza in cui entrava. Aveva cinquantacinque
anni, era alto, capelli scuri e occhi azzurri, aveva fondato la
Holding Banks all’età di trentacinque anni. Attraverso questa
società finanziaria, con sede a Chicago, gestiva centinaia di
società tra cui quella amministrata da Lex Douglas.
Banks
non disse nulla, aveva un’aria seria e composta, fu Minnie, la sua
segretaria, a ringraziare a sua volta e a rispondere con qualche
parola di rito.
Io
ero rimasta un po' distante dal gruppo, per guardarmi la scena di
quegli uomini che si prostravano davanti a lui. Ma quando mi feci
avanti, Banks mi vide, mi fece un gran sorriso, allungò le braccia
ed io corsi ad abbracciarlo.
–Papà,
come sono contenta di vederti!
–Piccola
mia, come stai? Come sei diventata bella, lasciati guardare!– disse
scostandomi un attimo.
–Papà,
sono sempre la stessa– e ritornò ad abbracciarmi.
Guardai
di sottecchi Lex che aveva perso la parola e il colore. Anche gli
altri erano rimasti basiti.
Poi
salutai Minnie con un forte abbraccio e un bacio. – Ciao Minnie,
come sono contenta di vederti!
–Anche
io, tesoro. – Minnie si rivolse a Lex, – le spiace se usiamo il
suo ufficio? Non vorremmo stare in corridoio.
–Assolutamente
no – disse lui.
Così
presi mio papà sotto braccio e lo condussi nell’ufficio. Lex ci
seguì indeciso, non sapeva se volevamo restare soli o no.
–Venga
Douglas dobbiamo parlare di alcune cose. – Disse con voce dura mio
padre.
Minnie
ed io ci accomodammo sulle sedie davanti alla scrivania e mio padre
prese il posto di Lex senza aspettare inviti. Lui restò in piedi,
mentre io gongolavo.
–Posso
offrirvi qualcosa da bere? Un aperitivo? Un caffè?
–Del
vino bianco, se è fresco.
–Io
un bicchiere d’acqua per favore – disse Minnie.
Lui
prese le ordinazioni dal mobile bar e le servì loro, a me portò del
succo. Lex si versò qualcosa di più forte. Mio padre notò che non
mi aveva chiesto nulla e questo era un errore che non avrebbe dovuto
fare.
–Allora
Lex, come vanno le cose in azienda? Il rapporto di questo mese non è
stato tra i più positivi... posso sapere se c’è qualche problema?
“Forse
dovrebbe smetterla di correre dietro alle impiegate e pensare di più
al lavoro”,
volevo rispondere. Ma guardai Lex con aria innocente.
–Non
è successo nulla, le previsioni per il prossimo mese sono molto
migliori, abbiamo in ballo anche dei progetti che però porteranno
frutti a lungo termine. Quindi stiamo più investendo sul futuro in
questo periodo.
Poi
una telefonata sul cellulare di mio padre interruppe la
conversazione. Lui si alzò e si spostò lontano dalla scrivania e
Minnie lo seguì, da brava segretaria non si poteva perdere una
parola.
Lex
mi fu addosso. – Che cosa gli hai detto di noi?
Sorrisi
per la sua paura. – Nulla... assolutamente nulla, non sa niente di
noi, è solo venuto per pranzare e passare un week-end con me. Visto
che c’era...probabilmente ha deciso di fare anche un controllo
sulla sua società.
Sembrò
rilassarsi. – Perché ti sei licenziata?
–Perché
non voglio più vederti – dissi a denti stretti.
–Da
adesso sei riassunta.
–Solo
perché sono la figlia del capo eh?
–No,
perché lo hai fatto per un motivo assurdo e senza senso. Tuo padre
lo sa?
–No,
se lo sapesse vorrebbe sapere tutti i particolari ed io verrei
prelevata e riportata nella mia gabbia dorata.
–
Ed
io finirei sul marciapiede – convenne lui.
–Quindi
vediamo di tenere nascosta la cosa, ok?– dissi.
–D’accordo.
Mi hai fatto un bello scherzo.
–Ti
meritavi di peggio.
–Aspetta,
sono dovuto partire per un problema di famiglia.
Non
lo lasciai finire. –Oh scusa e i telefoni non esistono?
–Non
ho potuto…
–Bene
Douglas, noi dobbiamo andare a pranzo si unisca a noi – disse mio
padre guardandoci incuriosito, aveva passato il telefono a Minnie e
si era avvicinato a noi.
Merda!
Il suo sguardo indagatore... se Lex veniva a pranzo avrebbe avuto il
tempo di studiarci.
–No!
– Dissi prima che lui potesse rispondere. –Ti prego papà... così
lo fai diventare un pranzo di lavoro, io pensavo di poter parlare un
po’ con te.
–Avremo
un sacco di tempo nel week-end, bambina.
–Mi
unisco a voi volentieri – disse Lex con un sorriso smagliante.
Io
gli lanciai un’occhiataccia. Minnie era ancora impegnata al
telefono e richiamò mio padre, avevano bisogno ancora di lui.
–Sei
impazzito? Mio padre ci scoprirà, mi scopre sempre, non riesco a
tenergli nascosto niente!– Dissi velocemente a Lex quando mio padre
si fu allontanato a sufficienza per non sentirci.
–
Non
ti preoccupare, comportati normalmente. Non ti guarderò neanche di
sfuggita.
E
così, durante il pranzo, Lex diede spettacolo delle sue facoltà
mentali e delle sue capacità oratorie, era molto bravo a far pesare
sempre la bilancia dalla sua parte, anche con mio padre, che era un
osso duro. Era capace di convincere le persone, ma questa sua
capacità ormai la conoscevo molto bene.
–Stiamo
per acquistare un macchinario che stampa immagini sui cover dei
notebook, dei tablet e lettori e-book. Potremo diversificare i
nostri prodotti rendendoli più appetibili per i giovani e le donne.
–Sembrerebbe
un grande investimento – disse mio padre.
–Sì,
ma secondo le nostre stime assorbiremo i costi nel giro di cinque
anni. Chi non vorrebbe avere dei prodotti personalizzati? Magari con
una foto dal forte valore affettivo... oppure l’immagine di un
cantante o semplicemente del proprio colore preferito... per esempio,
tu... Leila... che cosa sceglieresti? – mi disse malizioso.
–Probabilmente
un quadro. Magari il bacio di Giuda. – Lo rimbeccai maligna.
–Oh,
Leila, che brutto gusto. Anche a me piacerebbe avere dei prodotti
personalizzati, mi sembra un’ottima idea – disse Minnie.
Poi,
come previsto, continuarono a parlare solo di lavoro.
–Lex
stasera ci sarà una cena di beneficenza, vorrei che partecipasse
anche lei, così continueremo a discutere dei nuovi progetti –
disse mio padre.
–Ma...
papà, dovevamo passare il week-end insieme... – dissi ormai
esasperata.
–Bambina,
avremo
tutto il tempo. – Mi rassicurò.
Diedi
a Lex un calcio sotto il tavolo mentre diceva che sarebbe venuto
volentieri. Io sbuffai e Minnie mi guardò malissimo – Leila da
quando ti comporti così? Eri più educata prima.
–Scusate
– dissi rassegnata.
Quella
sera mi preparai meglio del solito perché la cena di beneficenza era
molto importante ed era uno degli eventi mondani più attesi del
mese. Ci sarebbero stati attori, stilisti, imprenditori famosi e
giornalisti.
Indossai
un abito verde acido di seta, con una profonda scollatura e una
fascia sotto il seno e un bellissimo fiore tempestato di diamanti che
faceva risaltare il tutto. La gonna lunga fino ai piedi aveva diversi
strati di chiffon molto vaporosi.
Persy
mi lasciò i capelli sciolti e mi fece dei boccoli ben definiti sulle
punte. Al collo indossai una semplice collana di diamanti e
degli orecchini abbinati.
Persy
mi guardò ammirato. – Davvero una principessa.
–Spero
di venire risparmiata per l’asta... almeno per stasera.
–Dubito
mia cara, sarai una delle prede più ambite.
“Che
tristezza”
mi dissi, perlomeno era tutto a fin di bene.
La
limousine di mio padre arrivò in orario, c’erano già tutti e Lex
mi aiutò a salire. Non disse niente, ma continuava a fissarmi.
La
cena fu squisita e anche la compagnia, mio padre cercava sempre di
parlare di lavoro mentre io cercavo di portare la conversazione su
altri argomenti, ma era una lotta dura. Lex sembrava divertito dalla
mia caparbietà e certo non mi dava una mano, era completamente a
disposizione di mio padre e la cosa mi fece abbastanza irritare.
Arrivò
il momento della temuta asta, non era la prima a cui partecipavo e ogni
volta era una prova di resistenza. Quella sera poi avevo visto, tra
gli invitati, due uomini che avevano sempre cercato di comprarmi, ma
da cui mio padre mi aveva sempre salvata.
Prima
di alzarmi dissi –Papà cerca di non distrarti, l’ultima volta mi
hai fatto quasi prendere un colpo.
–Bambina,
anche se dovesse capitare di essere comprata da qualcun altro... non
è la fine del mondo, dovrai abituarti agli uomini prima o poi. Non
puoi continuare a vivere con un gay per il resto della tua vita.
Arrossii
violentemente e guardai Lex di sfuggita prima di avviarmi sul palco.
In
piedi, insieme a tutte le altre ragazze, ero quella che aveva la
faccia più imbronciata. Cercai di fare uno sforzo e curiosai tra il
pubblico. Gli uomini cominciarono ad avvicinarsi. Anche Lex si alzò
per unirsi a loro.
–Lex,
–gli disse mio padre prima che lasciasse il tavolo, – di solito
mia figlia raggiunge i trecentomila dollari.– Lui ebbe un leggero
cedimento. – Le spiace partecipare all’asta a nome mio? La compri
a qualsiasi cifra. Poi, se vorrà, potrà tenersi il premio – e lo
guardò sogghignando.
Lex
capì che, nonostante si fosse comportato in modo impeccabile,
quell’uomo riusciva a vedere oltre. Lo ammirò ancora di più
mentre si avvicinava al palco.
Lex
fece durare la mia asta solo qualche minuto, puntando subito una
cifra astronomica e mi comprò per trecentoventimila dollari. Mi
sentii in colpa, perché immaginavo che per lui non fosse una cifra
da poco, ma quando mi disse che erano soldi di mio padre allora mi
rilassai.
–Grazie
allora per aver fatto così in fretta, l’idea di fare da merce non
mi piace proprio.
–Lo
avevo notato. Vieni, andiamo a fare un giro fuori, mi hanno detto che
il giardino di questo hotel è stupendo.
–Veramente
sono stata comprata da mio padre – pensai di puntualizzare.
–Veramente
lui ha ceduto il premio a me.
–Allora
sa…– dissi preoccupata.
–Credo
che sospetti qualcosa – disse languidamente, mentre mi spingeva
verso una portafinestra che portava all'esterno.
–Stai
giocando con il fuoco, Lex – gli dissi guardandolo negli occhi.
L’aria
calda di luglio rese la passeggiata molto piacevole, la vista su
Manhattan era stupenda e romantica, ci sedemmo su una panchina per
ammirare la città da quella posizione privilegiata.
–Credo
di doverti una spiegazione... – disse Lex. – Mia nonna è mancata
all’improvviso ed io sono dovuto partire per Toronto domenica
mattina, quasi subito dopo averti lasciato a casa. Ho messo un cambio
in valigia e mi sono dimenticato cellulare e portatile a casa. Me ne
sono accorto solo in aeroporto, ma ormai era troppo tardi. Mia nonna
abitava in campagna, quindi non avevo né internet né altro. Inoltre
dovevo sistemare tutto prima di ripartire e non ho avuto molto tempo
per rintracciarti, sono riuscito a contattare l’ufficio lunedì per
una breve telefonata e non mi sembrava il caso di chiedere al
centralino di parlare con te. Quindi, mi dispiace, ma gli eventi
hanno preso il sopravvento.
–Mi
dispiace per tua nonna – gli dissi sincera, una parte di me lo
aveva già perdonato.
–Grazie.
– Restammo in silenzio ad ammirare il panorama poi riprese. –
Devo tornare in Canada durante queste vacanze, devo prendere accordi
con il fattore che si occupa dei campi e della fattoria, che ne dici
di venire con me?
–Io?
–Si,
mi sembra che ci sia qualcosa che mi devo prendere.– Così dicendo
mi passò un braccio intorno alle spalle, la sua mano calda mi prese
il mento sollevando la bocca verso la sua e mi baciò con passione,
stringendomi lui. – Sei bellissima stasera, non so come ho fatto a
resistere senza toccarti... – le sue mani mi accarezzavano la
schiena e le spalle, mentre il suo bacio si faceva sempre più
focoso.
–I
tuoi capelli sono stupendi, tu sei così dolce e baci proprio bene
sai per essere…
–Ti
prego non lo dire.
–Non
ti devi vergognare. Penso che sia una cosa meravigliosa...e mi fa
impazzire ancora di più. Non vedo l’ora di essere in Canada con
te.
–Non
ho detto che verrò!
–Io
penso che lo farai. Partiamo la prima domenica di agosto.– Dava
sempre tutto per scontato pensai.
–Potrei
avere altri impegni per queste vacanze.– Effettivamente avevo
prenotato un viaggio ai Caraibi con Persy perché mio padre e Minnie
dovevano andare in Europa per lavoro.
–Disdetta
tutto! – Mi ordinò, scendendo con le sue labbra calde e sensuali
sul collo.
–Speriamo
che mio padre non lo venga a sapere.
–Vuoi
tenerglielo nascosto?
–Certo
che si!
–Hai
paura di lui? – chiese stupito.
Tutti
lo temevano, anche io e Minnie quando era davvero arrabbiato.
–Non
sempre, ma tu sì che dovresti averne.
–Perché?
È un uomo potente che ammiro molto ed ha una cosa che io voglio più
dei suoi soldi.– Detto questo mi prese le labbra e non le lasciò
più fino a che non iniziò la musica e tornammo in sala per il primo
ballo della serata.
La
sera prima della partenza per Toronto, non avevo ancora detto a Persy
che sarei partita con Lex e non con lui. Preparai la valigia mettendo
dei vestiti comodi e adatti ad una vacanza in campagna. La mattina
della partenza uscii prestissimo da casa senza salutarlo. Gli lasciai
un biglietto con scritto che lo avrei chiamato io e di partire pure
per i Caraibi senza di me.
Lex
mi aspettava alle cinque sotto casa e partimmo per l’aeroporto.
Durante il volo spensi il telefono, dopo quasi due ore e venti
chiamate perse, mi decisi ad affrontare Persy.
–Ciao,
sto bene, sono in Canada. Ci vediamo tra due settimane – dissi
tutto d’un fiato, approfittando del fatto che Lex si era
allontanato per noleggiare un'auto.
–COSA
?!? – mi urlò lui nell’orecchio. – Sei partita con lui per il
Canada e non me lo hai detto? – Non capii se era più irritato per
la mia sicurezza o per aver perso il gossip. – E i Caraibi? –
Avevo già spiegato a Percy della nonna di Lex e lui non ci aveva
messo molto a capire con chi ero.
–Parti
da solo o con Roby. Puoi coprirmi con mio padre, vero?
–Assolutamente
no!
–Allora
gli racconto di quando hai fatto entrare uno sconosciuto a casa mia
per correre dal tuo ragazzo! – Lo so ero proprio stronza!
–Assolutamente
sì, devi essere proprio innamorata per preferire una fattoria in
mezzo al nulla al mare dei Caraibi!
–Forse
sì, o forse è solo una pazzia.
–Goditela
tutta, ci vediamo tra un paio di settimane!
Riattaccai
mentre Lex guidava la nostra BMW presa a noleggio. Percorremmo le
pulitissime ed ordinate strade fuori Toronto. La fattoria distava
circa cento chilometri dalla città; il paesaggio era spettacolare,
immensi campi coltivati si alternavano a stupende e verdeggianti
foreste di abeti e larici.
Lex
mi raccontò alcune sue avventure d’infanzia, quando si divertiva a
esplorare i dintorni della fattoria con il cane del nonno e del suo
primo amore, una ragazza della sua età che abitava nella fattoria
vicina.
–Mi
dovrei preoccupare?– chiesi divertita ma non troppo.
–E’
felicemente sposata con tre figli, non c’è pericolo, l’ho
rivista il giorno del funerale e mi dispiace per lei ma era un po’
in sovrappeso di circa quaranta chili!
–Sei
crudele, è l’unica cosa che hai notato?
–Bè
difficile ignorarla…
–Uomini,
sempre a criticare –la difesi per solidarietà femminile.– Certe
volte sembri proprio un maschilista.
–Perché?
Una donna dovrebbe pensare al suo aspetto sempre, indipendentemente
dall’età e dalla sua condizione sociale, avere dei figli non vuol
dire doversi lasciare andare completamente.
–Beh
forse le donne con figli hanno altre cose a cui pensare e il loro
aspetto fisico non è la loro priorità!
–E’
l’errore che molte donne fanno, poi si lamentano se i mariti le
tradiscono.
Cercai
di replicare irritata da quella affermazione, ma lui mi interruppe.
–Siamo arrivati!
Guardai
fuori dal finestrino e vidi una piccola ma adorabile casa bianca con
il tetto rosso disposta su due piani, con un portico enorme sul
davanti, pieno di vasi traboccanti di fiori.
–Ho
chiesto ad Annie, la donna che aiutava mia nonna con i lavori
domestici, di prepararci qualcosa da mangiare, hai fame?
–Tantissima
– dissi dimenticandomi del discorso che stavamo facendo.
Annie
era presa in cucina, era una donna di circa sessant’anni, bassa e
magra, aveva i capelli corti e un aspetto simpatico. Quando ci sentì
entrare ci venne incontro, ci salutò cordialmente e ci chiese come
era andato il viaggio. Disse che aveva preparato la camera degli
ospiti e che aveva comprato qualche provvista.
La
ringraziai e presi il suo posto in cucina, mentre Lex portava dentro
i bagagli. Quando lei salutò e se ne andò io e Lex restammo soli.
Pranzammo e mi disse quello che prevedeva il nostro programma. Nel
pomeriggio mi avrebbe fatto fare un giro nei dintorni della fattoria
ed il giorno dopo saremmo andati nella vicina cittadina di Arthur,
per ritirare alcuni documenti in banca e dal notaio, poi avremmo
cenato in un ristorantino locale.
–Non
verranno i tuoi genitori? – gli chiesi.
–No,
sono partiti per Miami... e poi mia nonna ha lasciato la fattoria e i
terreni a me.
–Come
mai?
–Forse
sperava che un giorno sarei venuto a viverci.
Non
potei fare a meno di ridere. –Non ti ci vedo proprio a fare il
contadino.
–Perché?
Non mi reputi in grado?
–Non
è quello, io personalmente non resisterei a vivere in questa
fattoria, lontano dalle comodità e dalla città.
–Forse
hai ragione, è una vita completamente diversa, ma per me che ci sono
cresciuto è la vita migliore che esista, è come un sogno.
Quella
sera, a casa dopo cena, Lex si offrì di prepararmi un bagno.
–Io
mi farò una doccia nel bagno al piano terra.
Accettai
volentieri sperando di riuscire a rilassarmi, sapevo che si stava
avvicinando il momento che entrambi aspettavamo con impazienza ed ero
molto nervosa.
Quando
uscii dal bagno ed andai in camera, Lex aveva spento le luci e acceso
alcune candele, la musica era bassa ed aiutava a creare un’atmosfera
romantica. Lui era seduto sul letto con i capelli ancora bagnati,
indossava dei pantaloni blu della tuta ed era a torso nudo. Quando mi
avvicinai si alzò e mi venne incontro porgendomi un bicchiere di
champagne.
–Lo
so che non bevi, ma qualche sorso ti aiuterà a rilassarti.
–Grazie,
forse stasera posso fare un’eccezione – dissi sorridendo e
sorseggiando un po' di vino che mi scese nello stomaco infuocandomi.
–Leila,
– disse accarezzandomi i capelli, – voglio che tu sappia che se
dovessi avere qualsiasi ripensamento puoi fermarmi in qualsiasi
momento, ok? – Io feci un cenno di assenso con la testa. Prese il
mio bicchiere e lo appoggiò sul comodino. – Vieni, siediti vicino
a me.
Mi
invitò a sedermi vicino a lui, mi cinse la vita in un abbraccio
forte e rassicurante e cominciò a baciarmi i capelli, seguendo la
linea del mio profilo giunse alle labbra e mi baciò prendendomi il
viso tra le mani.
–Tesoro,
sei così bella, non sai quanto ti desidero. – Allungai la mano
verso il suo petto e accarezzai timorosa i peli ricci e folti che
coprivano un torace muscoloso e solido. Il suo corpo, così
intimamente vicino al mio, mi donava un senso di protezione e mi
aggrappai a lui.
–Sdraiati
amore... – mi sussurrò nell’orecchio, io obbedii mentre lui
cominciava a baciarmi sul collo, regalandomi sensazioni meravigliose.
Aprì il mio accappatoio scoprendomi i seni, accarezzò i capezzoli
con le labbra fino a che non divennero turgidi e pronti per la sua
bocca. Indugiò sui miei seni torturandomi con la lingua e i denti,
fino a che non gemetti, inarcandomi verso di lui. Sentivo il suo
bisogno di possedermi, la sua erezione calda e dura premeva contro la
mia gamba, ma sapevo che per nulla al mondo avrebbe affrettato quello
che stava facendo, mentre io ero sempre più impaziente. Segnò il
percorso dai miei seni alla mia intimità con dei baci lievi e
delicati, mentre si spostava in mezzo alle mie gambe e si toglieva
con un solo gesto i pantaloni.
–Rilassati
e pensa solo a godere, non trattenere nulla, neanche un piccolo
gemito, voglio sentire tutto di te, ogni spasmo, ogni contrazione,
ogni respiro e godere di tutto.
–Mmmm…–
riuscii a dire, mentre cercavo di non pensare all’imbarazzo che
provavo a vedere i suoi occhi che mi bramavano così intensamente.
Quando le sue dita accarezzarono il profilo della mia fessura fui
scossa da brividi e mi irrigidii, ma lui non si fermò e con pazienza
mi accarezzò e leccò, fino a che non fui pronta per lui. Il suo
dito mi penetrò piano e continuò a massaggiarmi fino a che non
persi la testa, ora ero pronta anche mentalmente.
–Ti
prego... – gli dissi con una voce che non riconobbi neanche come
mia.
Risalì
velocemente sul mio corpo, sovrastandomi e cercando la mia bocca.
Cominciò a spingere piano, mi prese saldamente per le spalle per
evitare che indietreggiassi, – adesso guardami amore, voglio godere
questo momento e imprimerlo nella mia mente per sempre.
Io
aprii gli occhi in preda all’estasi e urlai quando lui affondò
deciso dentro di me. Rimase immobile cercando i miei occhi per
verificare che tutto andasse bene e quando mi fui abituata alla sua
erezione, cominciò a muoversi piano, avanti e indietro, mentre i
miei spasmi ad ogni affondo si facevano sempre più forti. Mi
aggrappai a lui con tutta la forza che potevo, andandogli incontro ad
ogni spinta. Più mi riempiva più sentivo il bisogno di lui,
l’orgasmo cresceva sempre di più dentro di me fino ad esplodere
con un gemito che mi fece tremare tutto il corpo. Lex restò qualche
minuto dentro di me per lasciare che i miei fremiti si calmassero e
per lasciarmi godere appieno di tutta la sua erezione. Poi cominciò
a muoversi nuovamente dentro di me, sempre più veloce e prima di
raggiungere l’orgasmo uscì in tempo perché il suo liquido caldo
finisse sulla mia pancia.
Mi
lamentai, dispiaciuta per l’improvvisa interruzione di quell’intimo
contatto.
–Scusa,
ero talmente preso da te che non ho messo il preservativo. – Disse
baciandomi il collo e il mento. Si girò sulla schiena obbligandomi a
seguirlo, mi strinse contro il suo petto e sentii i battiti del suo
cuore accelerati.
–Sporco
anche te… – dissi.
–Non
importa, stai bene? Ti fa male da qualche parte?
–No,
sto benissimo, grazie.
Mi
accarezzò i capelli fino a che non mi addormentai. Ero stanca ma
felice, non avrebbe potuto essere più bello.
La
mattina mi svegliai quando il sole stava per sorgere, Lex era accanto
a me e i nostri corpi erano intrecciati come quando ci eravamo
addormentati: non avrei mai pensato che dormire abbracciata all’uomo
con cui si è fatto l’amore, fosse così appagante e mi avrebbe
fatto sentire così completa.
–A
cosa pensi? – mi sussurrò in un orecchio.
–Al
fatto che mi sento così completa... come mai mi era capitato in
tutta la mia vita.
–Anche
io e non ho bisogno di altro. – Mi mordicchiò il lobo, l’orecchio
e poi mi fece ancora eccitare e facemmo di nuovo l’amore insieme.
Fu ancora meglio della prima volta.
–Hai
intenzione di stare a letto tutto il giorno? – gli chiesi tra la
speranza e il timore, sentendomi un po' indolenzita per tutto quel
movimento.
–Potrebbe
essere un’idea, ti prenderei in ogni modo e ad ogni ora e tu
godresti fino a non capire più niente... – disse baciandomi un
seno. – Ma dobbiamo alzarci, le ragazze ci aspettano.
–Le…
ragazze? – Chiesi titubante.
–Certo,
te le voglio presentare, saranno felici di incontrarti!
Mi
alzai dubbiosa e andai in bagno a lavarmi e a vestirmi. Per la
campagna avevo portato soprattutto jeans e magliette, niente tacchi,
ma solo scarpe da ginnastica e scarponcini. Mi legai i capelli con
una coda alta e scesi in cucina. Lex si era messo dei jeans scoloriti
e una maglietta nera molto attillata, aveva le spalle ampie e le
braccia muscolose, mi sentii invasa da un senso di possesso nei suoi
confronti.
–Uova
e bacon? – Chiese mentre mi sedevo al tavolo.
–Sì,
ho una fame!
Lex
mi guardò sorridendo, mentre mi porgeva il piatto colmo di cibo.
–Sai
cucinare? – gli chiesi stupita.
–Diciamo
che me la cavo.
–Da
quello che vedo sei più bravo di me…
–Forza,
siamo già in ritardo!
Uscimmo
quando il sole era già alto nel cielo; con l’auto ci dirigemmo
verso una stalla non lontana dalla casa. Lex parcheggiò vicino a due
furgoncini.
–Vieni
– disse Lex prendendomi la mano e accompagnandomi attraverso il
portone di un rosso fuoco. – Ecco qui le mie ragazze... – disse
Lex sorridente, mostrandomi più di cento mucche bianche e nere che
muggivano senza tregua.
–P–piacere!
– dissi sorridendo a mia volta.
–Questo
fa parte dell’eredità di mia nonna, vieni, ti presento gli uomini
che si occupano di loro. Samuel! – chiamò a voce alta.
Un
uomo di media corporatura, di circa cinquant’anni e con i capelli
brizzolati, ci venne incontro, porgendo la mano a Lex e poi a me,
mentre si presentava.
–Lex,
finalmente... pensavo che avessi intenzione di dormire tutto il
giorno! Ti aspettavo tre ore fa, ma adesso capisco cosa ti ha
trattenuto a letto! – disse guardandomi maliziosamente. – Annie
mi aveva detto che eri venuto con una donna, ma non aveva detto che
era così bella.
–Smettila
Samuel o la farai arrossire, come vanno qui le cose?
–Bene,
con il nuovo foraggio la produzione sembra migliorata di qualità,
adesso Speaken vuole il nostro latte per il suo formaggio.
–Che
ti avevo detto, anche le ragazze hanno bisogno di una dieta
equilibrata. Vieni Leila, ti faccio vedere la stalla e poi aiuteremo
anche noi.
–Anche
io? – chiesi allibita.
–Certo,
non penserai di avere vitto e alloggio gratis, vero? – disse
dandomi un pizzicotto sul sedere. – Te li devi guadagnare!
Nonostante
le perplessità iniziali, aiutare alle stalle fu divertente e con Lex
al mio fianco anche sexy, soprattutto nella pausa dopo il pranzo,
quando facemmo l’amore nel fienile, sopra la paglia pulita. Lui era
uno spettacolo per gli occhi quando lavorava a torso nudo, con le
goccioline di sudore che facevano risaltare ancora di più i muscoli
tesi.
–Attenta
Leila, se continui a fissarmi così non potrò più resistere e
dovrai subirne le conseguenze! – mi disse malizioso con un sorriso
affascinante che mi fece perdere il controllo, così lo abbracciai di
slancio e senza che me ne rendessi conto era già sopra di me e io
ero pronta per lui, per fortuna eravamo soli.
Ogni
notte facevamo l’amore in modi sempre diversi e anche io imparai a
conoscere il suo corpo come lui conosceva il mio, avevo scoperto che
dare piacere a lui era la cosa più bella che le mie mani e la mia
bocca fossero in grado di fare. Lex era paziente e mi guidava ad ogni
mia scoperta. Una notte, dopo aver fatto l’amore per la seconda
volta, mi lasciai sfuggire le uniche parole che avrebbero potuto
distruggere il nostro rapporto.
–Ti
amo, Lex... – gli dissi mentre lo stringevo forte, ma aggiunsi in
fretta: – Forse penserai che è troppo presto, ma ti posso giurare
che non ho mai provato niente di così bello con nessun altro, con te
mi sento bene, sono così felice che mi scoppia il cuore. Ma non te
l’ho detto perché pretendo lo stesso sentimento da te, ho solo
detto quello che provo e non voglio tenerlo dentro.
–Oh
Leila, penso che tu sia la donna più facile da amare che abbia mai
conosciuto. Non sembri neanche vera! Vieni qui e baciami prima di
sparire! – disse sogghignando.
–Non
ho intenzione di andare da nessuna parte.
–Te
lo impedirei, se fosse!
5
Quando
Lex mi riportò a casa, dopo la nostra vacanza, mi salutò con un
bacio lungo e sensuale, regalandomi ancora una volta emozioni
indescrivibili. Avevo passato la più bella vacanza della mia vita e
avrei voluto che non finisse mai.
–E’
difficile separarmi da te, ma devo farlo, ti amo Leila.
–Anche
io ti amo Lex, resta qui con me... – lo implorai, visto che l’idea
di separarmi da lui era terribile.
–Domani
sera forse, ma oggi devo tornare a casa, devo disfare i bagagli e
controllare le e-mail dell’ufficio. Aspetta una mia chiamata,
domani, – disse strizzandomi l’occhio e baciandomi un'ultima
volta prima di andarsene.
Così
restai da sola, a godermi la solitudine che mi sembrò insopportabile
senza di lui, anche perché Percy non era ancora tornato dai Caraibi,
sarebbe rientrato solo il giorno dopo.
Quando
Lex ritornò a casa, ricevette una visita che cambiò le nostre vite,
ma io lo seppi solo due settimane dopo.
Il
giorno dopo, in ufficio, aspettai impaziente una chiamata di Lex, mi
obbligai ad aspettare tranquilla visto che probabilmente aveva molto
lavoro da fare. Marie aveva preso una settimana di ferie in più,
quindi non sarebbe rientrata che tra sette giorni, non vedevo l’ora
di vederla per raccontarle della mia fantastica vacanza. C'eravamo
sentite per telefono, ma non le avevo detto molto, a parte che ero
talmente felice da poter toccare il cielo con un dito.
Dopo
le cinque, quando tutti i miei colleghi erano già andati via, salii
nel suo ufficio, non volevo più aspettare, avevo bisogno di vederlo.
–Ciao!
– dissi sorridente, dirigendomi verso la scrivania dove era seduto.
–Leila,
dovevi aspettare una mia telefonata, non saresti dovuta venire, sono
molto occupato ora – mi disse con un tono che mi raggelò. Tutto mi
sarei aspettata tranne un’accoglienza del genere.
–Mi
dispiace… non volevo disturbarti… – cercai di dire, ma la voce
mi morì in gola.
–Ieri
sera te lo avevo detto che ti avrei chiamato io, non riesci ad
aspettare neanche qualche ora? Stai attenta che non diventi una
dipendenza, Leila, perché per me non lo è.
Guardai
i suoi occhi che mi fissavano pieni di disprezzo, dove era l’uomo
che la sera prima mi aveva lasciato con lo sguardo pieno di
adorazione e di amore? Arretrai senza dire una parola e me ne andai
di corsa. Non poteva essere vero, non poteva aver cambiato idea in
una sola notte... e tutto l’amore che mi aveva dato? Era già
sparito?
Per
fortuna tornò Percy e anche se passai i giorni successivi in preda
ad una disperazione silenziosa e senza riuscire a capire quello che
poteva essere successo, avevo comunque una spalla su cui piangere. A
lui avevo raccontato a grandi linee quello che era successo, ma
neanche lui riuscì a dare una spiegazione logica e accettabile a
quel cambiamento improvviso.
La
sera del terzo giorno, Lex si presentò a casa mia senza preavviso.
Percy lo guardò con aria truce quando lui chiese di poter parlare
con me da solo, ma uscì dal soggiorno, lasciandoci.
–Ti
devo una spiegazione, – disse Lex – mi sono accorto che sei
troppo legata a me e... mi dispiace, ma io non provo gli stessi
sentimenti per te. – Era come se mi avesse accoltellato
direttamente al cuore.
–Non
capisco, mi hai detto che mi amavi! – dissi scioccata.
–Mi
dispiace, ho sbagliato, non avrei dovuto dirtelo.
Il
primo sentimento che provai fu, per fortuna, la rabbia e l’ipotesi
peggiore che avevo formulato in quei tre giorni si rilevò alla fine
la più vera.
–Hai
ottenuto quello che volevi e ora non ti interesso più! Dimmi la
verità almeno! penso di averne diritto! – gli urlai distrutta dal
dolore.
–Potrebbe
essere così – rispose con voce impassibile.
E
quella fu la risposta, di cui mi dovetti accontentare perché poi se
ne andò senza dire altro. Percy uscì dalla sua camera e mi circondò
in un abbraccio, mentre io piangevo tutte le lacrime di questo mondo.
Nelle
due settimane successive vissi come un automa: Percy mi portava al
lavoro e mi veniva a prendere in auto, Marie rispondeva alle mie
telefonate e mi copriva quando lo sconforto aveva la meglio sulla mia
forza di volontà. Mangiavo poco e dormivo ancora meno; alla fine di
quelle settimane, le più brutte della mia vita, dopo la morte di mia
madre, incontrai Lex nel corridoio. Per farlo passare mi appiattii
contro la parete, avrei voluto essere trasparente, quando alzai gli
occhi e incontrai i suoi, quello che vidi mi sembrò compassione, ma
non disse nulla e mi superò. Mi si rivoltò lo stomaco.
Il
giorno dopo mi mandò un messaggio:
“Leila,
ti ho vista ieri e quello che ho visto non mi è piaciuto, ti devo
parlare. Posso passare da te stasera? Lex”
“Vedermi
per dirmi cosa? Penso che l’altra volta tu sia stato più che
chiaro. Non c’è altro da aggiungere, a meno che tu non voglia
ferirmi ancora di più. L.”
“Non
so se quello che ti racconterò ti ferirà di più, ma devo comunque
dirtelo. Ti prego, solo pochi minuti. Lex”
“Considerando
la tua persistenza non credo di aver scelta, ma promettimi che dopo
mi lascerai in pace per sempre.”
“Se
dopo me lo chiederai ancora, farò quello che vuoi.”
Quella
sera pregai Percy di uscire, quando gli dissi che era perché
aspettavo Lex, mi disse che non era molto d’accordo che lo
incontrassi ancora, ma ci avrebbe lasciati
soli.
Quando
arrivò, Lex restò per un attimo a guardarmi, con la stessa
espressione di compassione che aveva avuto il giorno prima in
ufficio.
–Puoi
smetterla di guardarmi come se fossi un animale morente, per favore?
– gli dissi irritata.
–Stai
bene Leila? Sei dimagrita molto.
–Anche
se non stessi bene non ti dovrebbe interessare, visto che quello che
volevi da me te lo sei già preso.
Lex
sospirò e poi disse – Mi dispiace, non pensavo che ti riducessi in
questo stato.
–E
come credi che la prendessi, Lex? Quando ti ho detto che ti amavo ero
sincera e a differenza di te, per me era un sentimento importante e
profondo... e non te l’ho detto con leggerezza. Ma cerchiamo di non
perdere altro tempo, dimmi perché sei venuto e poi vattene. – Mi
sedetti sul divano, lontana da lui e lui mi imitò, sembrava
imbarazzato e nervoso.
–Leila,
quando sono tornato a casa, subito dopo il nostro viaggio in Canada,
tuo padre è venuto a farmi visita. – Prima di continuare mi guardò
attentamente per valutare la mia espressione.
–Mio
padre? – Chiesi senza capire.
Lui
annuì, poi continuò. – Mi ha detto che sapeva della nostra
vacanza in Canada e voleva parlare con me del nostro rapporto. Mi ha
detto che se continuavo a vederti lui mi avrebbe rovinato la carriera
e ti avrebbe allontanato per sempre dalla sua vita. No, aspetta, non
dire nulla, fammi finire! Quella notte ho pensato a te, solo a te...
e non al mio futuro, so che sei molto legata a tuo padre e non volevo
farti soffrire obbligandoti a scegliere tra lui e me... così ho
scelto io, allontanandoti da me. Ma non sopporto di vederti soffrire
così, pensavo di aver preso la decisione migliore per tutti e due,
invece mi sono dovuto ricredere. Tu sei uno straccio ed io sto
perdendo la testa senza di te. – Fece una pausa avvicinandosi. –
Ascolta... quello che ti voglio dire è che... se tuo padre mi
rovinerà la carriera, non avrò la possibilità di avere una vita
agiata, troverò un altro posto... ma non potrò offrirti quello che
hai adesso.
–Non
mi importa dei soldi, anche io lavoro, tutto quello che ho... sono
solo accessori... e posso farne benissimo a meno. Ma la tua carriera?
Non posso credere che mio padre ti abbia minacciato in questo modo.
–La
mia carriera passa in secondo piano rispetto alla nostra felicità,
ma... tu sei disposta a troncare i rapporti con tuo padre per amore
mio?
–Non
capisco... perché devo decidere tra uno dei due?
–Tuo
padre vuole per te il meglio e probabilmente ritiene che io non lo
sia.
–Ma
tu sei il meglio per me, io ti amo, ti amo così tanto che queste
settimane sono state un incubo, non trovavo la luce, non riuscivo più
a vivere! – gli dissi buttandomi tra le sue braccia e stringendolo
disperata. –Non mi lasciare...mai più, se non vuoi vedermi morire.
–Oh
amore, mi dispiace, non pensavo che avresti sofferto così tanto... –
Disse stringendomi a sua volta.
–Non
posso credere che mio padre ti abbia detto una cosa del genere...non
è da lui, ci deve essere una spiegazione!
–E
infatti una spiegazione c’è! – disse mio padre entrando in quel
momento e facendoci sussultare.
–Papà!
– dissi spaventata. – E’ vero quello che ha detto Lex? Sei
andato da lui per ricattarlo?
–E’
tutto vero, ma c’è una ragione per cui l’ho fatto.
–Sentiamola
papà... e spero che sia più che accettabile, perché per colpa tua
ho sofferto come non riuscirei mai a spiegarti! – Gli dissi alzando
la voce. Mi chiesi come aveva potuto fare una cosa del genere ed
essere così calmo.
–Lo
so piccola mia e mi dispiace, Percy mi ha raccontato tutto... anche
io ero molto preoccupato per te; se non fosse stato così necessario
non lo avrei mai fatto... ma dovevo essere sicuro che lui fosse
disposto a restare con te anche senza i tuoi soldi.
–Immagino
che la mia parola non le bastava, ha dovuto metterci alla prova per
forza? – chiese Lex anche lui arrabbiato e disgustato.
–Douglas,
le chiedo una spiegazione... prima che partiste per il Canada ho
visto lei e la sua ex fidanzata che facevate una cenetta molto intima
al Nobu. Io stavo cenando con dei soci in affari e vi ho visti
...mentre vi baciavate.
–Papà!
Sei così subdolo da inventarti anche questo? – Chiesi io sempre
più confusa.
–Non
è una bugia –disse Lex rabbuiandosi.
Mi
voltai verso di lui, allontanandomi da entrambi. Gli uomini più
importanti della mia vita mi avevano tradito, mi sentii svuotata e mi
dovetti sedere per non cadere.
–Leila,
mi dispiace, ho fatto un errore quella sera... io e Paris siamo stati
molto legati in passato e lei mi ha chiesto di uscire per una cena...
non ho potuto dirle no. Poi mi sono fatto prendere la mano e ci siamo
baciati, ma ho capito subito che non provavo più niente per lei e
che l’unica donna con cui volevo stare eri tu. Ti prego, non dare a
quel bacio più importanza di quanto non ne abbia in realtà.
Presi
la testa tra le mani e mi tappai le orecchie: – siete dei
bugiardi... e manipolatori, non voglio più ascoltarvi, andatevene,
non voglio più avere a che fare con nessuno dei due. ANDATEVENE! –
Urlai loro in mezzo alle lacrime.
Quando
Percy rientrò in casa, mi trovò in camera mia, sotto le lenzuola,
in preda ad una crisi isterica. Lo costrinsi a parlarmi del ruolo che
lui aveva avuto in mezzo a tutto quel casino e quando confessò di
aver sempre saputo dell’inganno di mio padre e che era stato lui ad
avvisarlo che quella sera Lex sarebbe venuto da me, gli dissi che non
volevo più parlare neanche con lui e gli dissi di lasciare le chiavi
di casa e di andarsene.
Chiusi
la porta alle sue spalle, spensi il telefono e mi preparai a cadere
di nuovo nell’oscurità. Marie venne a casa mia, ma io non le
aprii. Volevo stare da sola e cercare di capire come uscire da quel
tunnel. Il giorno dopo Minnie suonò alla porta e fui costretta ad
aprirle perché non voleva desistere e il suono del campanello mi
stava facendo venire il mal di testa.
–Hai
finito di autocommiserarti? – Mi chiese dura mentre entrava in
casa.
–Non
ho ancora deciso. – Risposi altrettanto dura.
–Giù
in macchina ci sono tre uomini... che vogliono chiederti scusa... e
che vogliono chiederti un’altra occasione.
–Non
so se la meritano.
–Sono
d’accordo con te. Io li farei soffrire ancora un po’. Solo per
precisazione, io non ho avuto nulla a che fare con questa storia, tuo
padre mi ha lasciata all’oscuro di tutto perché sapeva che mi
sarei opposta.
–Lo
so Minnie, tu non avresti permesso che mi ferisse così. Stanno
soffrendo molto?
–Parecchio,
soprattutto Lex, non riesce a perdonarsi per aver baciato quella
donna. Ma è un uomo... – Commentò senza finire la frase alzando
le spalle.
–Tu
lo perdoneresti?
–Forse...
ma non subito, è giusto che soffra ancora un po’ e anche tuo
padre.
–Perché
non li mandi via e ce ne andiamo da qualche parte? Chiamo anche
Marie, ieri non le ho neanche risposto al citofono.
–Ottima
idea! Ho proprio voglia di andare in discoteca.
–Discoteca?
–Certo...
dove volevi portarmi? Al circolo della terza età? Se dobbiamo
peccare, facciamolo per bene!
Due
ore dopo eravamo nella discoteca più famosa di tutta New York.
Minnie aveva detto di non preoccuparsi per l’ingresso perché mio
padre ne era appena diventato il proprietario, tramite una delle sue
compagnie.
–Metteremo
tutte le consumazioni sul suo conto!
E
quell'idea mi diede molta soddisfazione. Dopo una decina di drink a
testa e dopo aver ballato con la maggior parte degli uomini presenti,
tornammo a casa.
Il
mattino dopo sapevo esattamente cosa fare. Chiamai Percy e gli diedi
appuntamento per pranzo, in un ristorante vicino a casa.
Quando
mi vide entrare nel locale, si avvicinò a me con uno sguardo da cane
bastonato, ma io non gli parlai, fino a che non fummo seduti al
tavolo, davanti a un piatto di lasagne fumanti.
–Percy,
– gli dissi – ti perdono per aver fatto la spia con mio padre,
ma... sono cresciuta e non ho più bisogno che tu mi accudisca. Non
prenderla come una ripicca, ma ho capito che preferisco vivere da
sola, soprattutto per accrescere la mia autostima. Mi dispiace.
–Spero
che resteremo amici, nonostante tutto – disse lui dispiaciuto.
–Sì,
quindi vedi di non cambiare quartiere quando andrai a vivere con il
tuo Roby... perché avrò bisogno di qualcuno che mi pettini!
Ci
separammo dopo un lungo abbraccio.
Parlare
con mio padre fu più difficile. Dopo essermi informata sui suoi
spostamenti, Minnie mi disse che non voleva andarsene da New York
finché non lo perdonavo, così lo raggiunsi nel suo albergo.
–
Ti
rendi conto di quanto ho sofferto per causa tua? Non voglio che tu
interferisca ancora con la mia vita, devi avere più fiducia in me,
non mi sono buttata nelle braccia del primo che capitava!
–Hai
ragione bambina, mi dispiace, la tua vita riguarda solo te. – Dissi
visibilmente dispiaciuto.
–
Ho
intenzione di perdonarti solo ad una condizione.
–Qualunque
cosa per te.
–Sposa
Minnie... penso che ormai siete troppo vecchi per essere amanti,
rendila una donna onesta, se lo merita... per averti sopportato tutti
questi anni!
–Leila!
Come fai a saperlo?
–Sono
giovane, ma non sono cieca. E sono felice per entrambi, avete la mia
approvazione.
Mio
padre mi guardò con occhi pieni di amore e mi abbracciò forte.
–Sei
diventata una donna forte come tua madre... cosa farai con Lex?
–Non
lo so ancora... – risposi sinceramente.
Aspettai
un'intera settimana prima di andare a parlare con lui. Quando il
venerdì sera mi affacciai nel suo ufficio, lui restò sorpreso ma
nello stesso tempo felice di vedermi. Si alzò dalla scrivania e mi
venne incontro. La voglia di buttarmi tra le sue braccia era troppo
forte, ma mi sforzai di resistere.
–Lex,
posso chiederti perché hai baciato la tua ex? Dovevamo partire per
le vacanze, avevamo un impegno serio, perché lo hai fatto?
–Per
abitudine... per provare qualcosa a me stesso...per capire se lei
poteva avere ancora una parte importante della mia vita oppure no.
–Cosa
farai Lex? Ogni volta che conoscerai una donna interessante vorrai
avere una prova baciandola?
–No,
è capitato una volta e non succederà più... perché la donna che
voglio...sei tu...e solo tu...ti amo e non commetterò un altro
errore, ho troppa paura di perderti.
–Forse
è già successo – gli dissi seria.
Lui
non rispose e mi guardò disperato. – Non mi hai perdonato, vero?
Uscii
dall'ufficio senza rispondergli.
Aspettai
dieci giorni, contandoli sulla punta delle dita ogni mattina. Quando
lo incontravo nel corridoio facevo finta di non vederlo, lo ignoravo
se mi chiamava e non rispondevo alle sue mail, lui insistette ancora
qualche giorno, ma vista la mia indifferenza lasciò perdere.
L'undicesimo giorno indossai il vestito bianco con i fiorellini
rossi, lasciai i capelli sciolti e lo aspettai nell'atrio del
palazzo. Quando entrò dalle porte girevoli mi lanciò un'occhiata
depressa, ma quando vide che io stavo aspettando lui, si avvicinò
con passo incerto. Io lo guardai sorridendo.
–Buongiorno!
– dissi.
–Buongiorno,
stai aspettando qualcuno? – disse cauto. I suoi occhi furono nei
miei e per un attimo restai a guardarlo ipnotizzata, mentre le
persone ci passavano accanto senza vederci.
–Sì,
stavo aspettando qualcuno che salisse le scale con me.
–Te
l'ho già detto che con quel vestito ti seguirei fino all'inferno? –
disse sorridendo, finalmente più rilassato.
Ma
non arrivammo neanche al sesto piano che lui mi aveva già catturato
le labbra e io gli avevo donato il mio cuore.
Nessun commento:
Posta un commento