giovedì 28 novembre 2013

Alice Vezzani - TUTTO COMINCIO' QUEL MATTINO... RACCONTO GRATUITO!


Questo è un breve racconto che ha vinto il secondo premio al concorso letterario "Vento d'estate" indetto dalla Triskell Edizioni. Lo metto sul mio blog come regalo gratuito a tutti i miei lettori, spero che vi faccia piacere.

Il breve racconto è opera dell'immaginazione dell'autrice, cose, 
fatti e persone sono frutto della sua immaginazione.

Buona lettura!
Alice


SINOSSI:
Lex Douglas è il capo del mio capo, arrogante e presuntuoso, ma bello e affascinante e soprattutto bravo nel suo lavoro. Da quando quel mattino mi ha inviato un mazzo di rose rosse con un invito per una cenetta intima, ed io ho rifiutato, mi sta assillando con i suoi regali, sperando in tutti i modi di farmi cedere alle sue avance. Riuscirò a resistere a tutta questa pressione? E quando saprà chi sono veramente mi lascerà finalmente in pace?




IL RACCONTO:

TUTTO COMINCIO’ QUEL MATTINO...
di Alice Vezzani

1

Quel mattino, in ufficio, un fattorino mi recapitò un mazzo di rose rosse da parte del Chief Executive Officer della società dove lavoravo, la Banks Electronics inc., di fatto il capo del mio capo. Alzai gli occhi al cielo. Era il mio turno adesso? Da due anni a questa parte, da quando la sua fidanzata lo aveva lasciato, stava uscendo con molte delle impiegate del grattacielo dove si trovavano i nostri uffici di New York; bastava che respirassero e fossero libere da altre relazioni.
Voci di corridoio davano per certo che le sue attenzioni erano limitate e non duravano più di una o due settimane. Dopo alcune serate passate in ristoranti a cinque stelle e qualche notte di sesso sfrenato, le prescelte si definivano fortunate ed elogiavano il suo corpo e la sua abilità a letto. Non mi ero mai chiesta con che criterio scegliesse le sue “vittime”, che poi, alla fine, tanto “vittime” non erano…
L’invito, su carta pregiata, era sempre accompagnato da un mazzo di rose rosse e questa settimana era toccato a me. Marie, la mia amica e vicina di scrivania, mi guardò curiosa.
Sono di chi immagino io, Leila?– chiese tra il preoccupato e il divertito.
Lei era fortunata, era sposata e quindi immune dalle attenzioni di quel pervertito.
Non voglio neanche leggere il biglietto, vado subito a restituire le rose e l’invito – dissi sdegnata.
Dana Speed, che lavorava al commerciale, passando dal nostro ufficio vide il mazzo di fiori e disse civettuola:
Oh, come sei fortunata... questa settimana tocca a te! Non vedo l’ora che venga il mio turno!
La guardai incredula, poi mi venne un’idea. – Tieni Dana, prendile tu, non penso che per lui faccia tanta differenza, esci pure al mio posto. Secondo me la scelta è casuale, tipo tiro alle freccette. Ti prego non fare complimenti, io non sono interessata. Facciamo in questo modo, gli mando una mail e gli dico che io declino il suo invito ma che tu sei felicissima di uscire con lui.
Lei non stava più nella pelle – Davvero? Sei sicura? Non vuoi quel bell’uomo tutto per te per qualche sera? Guarda che Natale non arriva tutti i giorni!
Assolutamente sicura – le dissi sorridendo, pensando che se avesse avuto un po’ di cervello avrebbe capito il perché.
Dana si allontanò con le rose, gongolando.
Marie mi disse – Sai, non credo che sia stata una scelta casuale. Ti ricordi la settimana scorsa... quando hai avuto dei problemi con la fotocopiatrice in corridoio?
Sì, come no, quella maledetta si voleva mangiare la mia lettera!
Quando sono venuta a cercarti, per vedere come te la cavavi, ho visto che c'era Douglas fermo davanti all'ascensore che stava assistendo alla scena molto interessato. Ti stava osservando divertito, ma anche con una certa espressione...
Te lo dico io... sarà stato in cerca di una preda, ma io non voglio essere la prossima! Lo sai che le storie di una notte non mi interessano.
Così scrissi al capo del mio capo, Lex Douglas:
Buongiorno Mr. Douglas, ho ricevuto il suo invito e le rose, ma mi trovo impossibilitata a venire incontro alla sua gentile richiesta. Ho quindi provveduto a consegnare il tutto alla mia collega, Dana Speed che è stata ben contenta di accettarle al mio posto.
Cordiali saluti.
Leila Grey

Non avendo ricevuto nessuna risposta, archiviai la pratica e continuai a lavorare fino a mezzogiorno, ritenendo chiusa la faccenda.
Dopo qualche ora, un altro fattorino arrivò con un mazzo ancora più grande di rose rosse.
Ancora? Forse ha sbagliato persona, è sicuro che sono per me? – chiesi all’uomo che stava disgustosamente masticando un chewing-gum a bocca aperta.
Sì, legga il biglietto, è lei Leila Grey? Firmi qui – mi disse, scocciato per aver messo in dubbio le sue capacità.
Marie mi guardava divertita. – Leggi il biglietto! – mi esortò curiosa. Lessi a voce alta:

Mia cara Leila,
sbarazzarsi di un regalo per darlo ad un’altra persona, non è una cosa molto corretta, l’invito era unicamente per te, inoltre non ho bisogno di aiuto per rimorchiare. Rinnovo la mia richiesta, per una cena per questo sabato con molto più ardore.
Lex”

Certo che è proprio cocciuto o non vuole capire…questa volta vado a restituirgliele di persona! – Mi alzai e afferrai il mazzo di rose.
Per mia fortuna, molti dei miei colleghi erano già in pausa pranzo e nel resto dell’ufficio le scrivanie erano quasi tutte vuote. Tenni comunque le rose basse, in modo che passassero il più possibile inosservate.
Quando arrivai al piano superiore andai velocemente al suo ufficio, salutai Tory, la sua segretaria, chiedendole se il capo poteva ricevermi per qualche minuto. Lei vide le rose e mi disse di aspettare, anche lei era salva, era fidanzata ufficialmente da anni.
Entrò nel suo ufficio per uscirne qualche minuto dopo, mi disse di accomodarmi e mi guardò con aria complice. Io le sorrisi.
Varcai la porta e mi diressi spedita verso di lui. Era la prima volta che entravo nel suo ufficio, era grande e ben illuminato, Mr. Douglas era seduto dietro una enorme scrivania di mogano, quando mi vide entrare si alzò per venirmi incontro. Aveva i capelli neri leggermente mossi, occhi ancora più scuri se possibile, alto e con un fisico perfetto, leggermente abbronzato, decisamente bello nel suo completo elegante e costoso. Certo come dare torto alle donne che gli cadevano ai piedi non appena ricevevano le rose rosse?
Leila, che piacere, non ti aspettavo così presto – mi disse con un sorriso mozzafiato. Poi vide le rose, – qualcosa non va con le rose? –
Sì, a parte che hanno le spine – dissi a bassa voce.
Cosa?– chiese lui avvicinandosi di più.
Sono venuta a restituirle, – le appoggiai alla sua scrivania, – sono lusingata, ma come le ho scritto non posso accettare, né le rose né l’invito a cena. Grazie e buon lavoro.
Ti vedi con qualcuno ?– disse lui.
Presuntuoso, non ti è venuto in mente che semplicemente non sono interessata?” pensai, ma non potevo dirlo a voce alta. – No.
Allora perché non vuoi venire a cena con me? Ti porterò in uno dei migliori ristoranti della città, vuoi perderti un’occasione del genere? Inoltre potrai godere della mia compagnia, magari anche per un dopo cena… – disse facendomi l’occhiolino.
Mi accigliai e dovetti mordermi le labbra per non rispondergli a tono... era pur sempre il capo del mio capo, – non sono interessata, grazie comunque. – Risposi scandendo le parole e usando il tono più serio possibile. Sperai di essere stata chiara. Mi girai e uscii dall’ufficio a testa alta, gioendo per la sua faccia inebetita, anche se bellissima, dovetti convenire.

Durante la pausa, io e Marie eravamo sedute al tavolino di un bar, di fronte alla sede dell’ufficio, mentre pranzavamo le raccontai quello che Douglas mi aveva detto.
È arrogante e presuntuoso, mi ha praticamente detto che i ristoranti dove mi porterebbe lui non me li potrei mai permettere. Le voci su di lui secondo me sono vere, da quando la sua ex-fidanzata lo ha lasciato due anni fa, deve essere impazzito. Per fortuna che il suo lavoro non ha subìto ripercussioni, perché altrimenti saremmo tutti a casa. – Marie era d'accodo con me.
Dopo qualche giorno, arrivarono circa cinquanta rose rosse con lo stesso fattorino annoiato. Guardai Marie allibita. – Ma è proprio ottuso!

Il biglietto diceva :
Le parole “non mi interessa” non rientrano nel mio vocabolario, se il sesso e una cena in un ristorante costoso non sono quello che cerchi, magari potremmo parlare di una promozione, cosa ne dici?;)”

Non aveva neanche firmato, il codardo. Rossa dalla rabbia, mi alzai furente. Marie mi disse di stare calma. Non avevo afferrato il problema mi fece notare ironicamente, – sai, mi viene il dubbio che stia giocando con te, probabilmente si sta divertendo a stuzzicarti.
Adesso però mi sono stancata! – Presi le rose che ingombravano tutta la mia scrivania e questa volta non mi sarei di certo trattenuta.
Sapevo che quel mazzo enorme non sarei riuscita a nasconderlo mentre percorrevo il corridoio, sapevo di avere il viso in fiamme mentre chiamavo l’ascensore, sperando che arrivasse il più in fretta possibile. Quando finalmente si fermò tirai un sospiro di sollievo, ma quando si aprirono le porte, mi trovai davanti Douglas, da solo.
Ah, ecco, – dissi, – stavo venendo proprio da lei! Come le ho detto non mi interessa, se ne faccia una ragione! – Gli spinsi le rose tra le mani. Lui non le afferrò e quando le lasciai andare caddero a terra. Ci guardammo, io con aria di sfida, lui era più divertito che arrabbiato. Le porte si stavano richiudendo, quindi ritrassi le mani, ma non fui abbastanza veloce perché lui mi afferrò un polso e mi trascinò all’interno dell’ascensore come se fossi una piuma e schiacciò il pulsante del suo piano.
Mi lasci andare, immediatamente! – gli dissi arrabbiata.
Voglio solo parlarti nel mio ufficio, lontano da occhi indiscreti – disse sottovoce. Era terribilmente vicino, mi allontanai istintivamente.
Io però non ci voglio venire, perché non ho più niente da dirle. Questo è un rapimento, è molestia sessuale, è mobbing! – dissi irritata. Cercai di liberarmi il polso ma lui lo teneva ben saldo. Dosai le sue forze dando degli strattoni.
Così ti fai solo male, non riuscirai a liberarti, voglio solo parlarti. Sei incredibilmente testarda. – Disse sempre più divertito dai miei vani tentativi.
Senti chi parla… – gli dissi guardandolo con aria assassina. Sapevo che dovevo essere ridicola e che gli sembravo innocua, lui era diversi centimetri più alto di me, nonostante i miei tacchi ed era ben piazzato.
Lui disse ridendo, – sì, così fai proprio paura.
Mi sentivo in pericolo: mai, in vita mia, nessuno si era permesso di trattarmi così, come un oggetto, progettai un piano per cercare di liberarmi. Appena le porte si aprirono lui scese scavalcando con agilità le rose, mi stava trascinando con sè ma afferrai il maniglione all’interno dell’ascensore e lo costrinsi a tornare sui suoi passi. La pessima scena che stavamo facendo davanti ai colleghi mi era più che chiara, così pensai fosse meglio non urlare per non attirare ulteriormente l’attenzione, per ora.
Con la mano libera riuscì a farmi mollare la presa al maniglione e mi trascinò fuori quasi di peso, cercai di restare calma.
Tory ci stava guardando con aria sconcertata e due occhi sbarrati, non capiva se stavamo scherzando o se quello che stava succedendo era reale. “Nemmeno io lo so”, avrei voluto dirle.
Tory, non mi passi telefonate...e chiami qualcuno per pulire l’ascensore.
Ora! Si era fermato un secondo per parlare con lei, io mi girai di scatto e alzai il ginocchio mirandogli l’inguine. Lui fu lesto a parare il colpo ma il mio obbiettivo, oltre colpirlo, era liberarmi e così fu. L’ascensore aveva ancora le porte aperte, mi precipitai dentro con il fiato corto schiacciando un bottone qualsiasi. Le porte però non si chiusero abbastanza velocemente, lui riuscì ad entrare nell’ascensore per riportarmi fuori.
Ma questa volta ero davvero furiosa e cominciai ad urlare.
Mi ritrovai con la sua lingua in bocca ed il mio urlo soffocato, mi sollevò senza sforzo e mi trascinò di peso nel suo ufficio.
Chiuse la porta con la chiave, io mi divincolai dandogli un calcio negli stinchi. Finalmente mi lasciò andare con un gemito di dolore.
Corsi dietro la scrivania e afferrai il suo cellulare che era appoggiato in un angolo, iniziai a digitare un numero di telefono.
Mi pulii la bocca con il dorso della mano e lo guardai rabbiosa.
Cosa stai facendo?– chiese lui apparentemente calmo.
Chiamo la polizia per fare una denuncia.
Lui rise ma la sua risata era più nervosa. – Aspetta, io volevo solo parlarti, ma tu hai reso tutto abbastanza incasinato.
Avevo il fiato corto, i capelli prima raccolti ora scendevano in tutta la loro lunghezza sulla schiena.
Parliamo, poi fai la telefonata, se vuoi, – disse cercando di calmarmi, anche lui stava prendendo le misure. Per fortuna tra di noi c’era l’enorme scrivania, quindi mi sentii abbastanza al sicuro. Lui si sedette cautamente su una poltroncina di fronte e mi indicò la sua poltrona dalla parte opposta della scrivania.
Preferisco stare in piedi, tanto non penso che sarà una conversazione lunga – dissi seccata.
Devo dire che mi hai sorpreso, sembri così gracile ma… perché porti sempre i capelli raccolti? Sono molto belli, sembrano anche molto morbidi.– Continuò a fissarmi pensieroso, si era accomodato sulla poltroncina con le gambe accavallate e le mani incrociate vicino alla bocca.
Io stavo riprendendo fiato, ma cosa centravano i miei capelli e adesso cosa potevo fare? Non potevo certo chiamare la polizia, mio padre sarebbe venuto a saperlo subito e io non lo volevo.
Voglio la chiave dell’ufficio, o faccio la telefonata – lo minacciai.
Ok, la metterò sulla scrivania, ma voglio sapere perché non sei interessata ad uscire con me. Non mi sembra che io sia un cattivo partito, sono modestamente un bell’uomo e sono gentile con le donne. Quindi perché?
Ero stanca e volevo uscire di lì al più presto. –Perché io ho dei principi molto alti, sono cresciuta in una famiglia tradizionalista. Non concepisco il sesso senza amore.
Tutto qui?– chiese lui.
Non era ancora sufficiente? Certo c’era dell’altro ma questa era una delle ragioni principali. – Esatto, ora per favore si alzi e si allontani dalla scrivania.
Avevo ancora il telefono in mano con il dito sul pulsante.
Lui fece come avevo detto, le mani in tasca e un’espressione indecifrabile. Presi la chiave dell’ufficio e senza dargli le spalle aprii la porta.
Quindi non concepisci il sesso prima del matrimonio?
Lo guardai, ma che domande erano? Così gli suggerii sarcastica, – forse dovrebbe mettere questa domanda sul questionario per le assunzioni. Anzi, già che c’è, aggiunga la domanda: andreste a letto con il capo? Ah, un’altra cosa, io non potrei fare sesso con un uomo che si è scopato metà delle mie colleghe, mi farebbe abbastanza schifo!
Il suo telefono suonò, guardai il display, apparve il nome di una donna – E’ sicuramente la sua prossima scopata, meglio che risponda al volo prima che lei cambi idea.– Schiacciai il tasto per accettare la chiamata e glielo lanciai. Lui colto alla sprovvista fece una presa da record, io sorrisi e corsi fuori.
Trovai Tory con altri tre colleghi, tutti abbastanza preoccupati. –Stai bene, Leila?
Sì, nessun problema, anche se forse domani mi licenzierà. – Dissi cercando di darmi una sistemata ai capelli.
Non sapevo cosa fare... – disse Tory dispiaciuta.
Un altro collega mi disse – Vieni con me Leila, scendiamo insieme, così sei sicura che arrivi al tuo posto senza intoppi.
Anche se pensavo di averlo messo definitivamente al tappeto, accettai.
Le voci in ufficio si diffondevano alla velocità di un click quindi non fu necessario raccontare tutto a Marie. Dopo una sosta in bagno tornai alla mia scrivania e lei mi accolse con un'espressione allibita.
Ci sono tutti i termini per una denuncia... – mi disse – e scommetto che trovi anche qualche collega disposto a testimoniare, a parte me. Sono due anni che fa il bello e il brutto tempo come un bambino piccolo, sarebbe ora che crescesse. Se fossi stata la proprietà lo avrei già licenziato.
Il problema è che è bravo nel suo lavoro – replicai.
Poi iniziò la processione nel nostro ufficio di colleghi che venivano a congratularsi e a porgere solidarietà. Ma la cosa era abbastanza scocciante e non le diedi molto peso, volevo dimenticarmi tutto.
Adam, il mio diretto superiore, mi disse in un orecchio che era fiero di me per non aver ceduto e per avergli dato filo da torcere. Invitò me e Marie a festeggiare con altri tre colleghi al solito pub, dopo l’ufficio. Accettammo volentieri.

Era venerdì sera e il locale era pieno di impiegati rilassati che prendevano l’aperitivo. C’eravamo seduti ad un tavolo e stavamo ridendo per quello che era successo, i miei colleghi mi stavano raccontando le reazioni che mi ero persa all’interno dei vari uffici. Io stavo bevendo una birra piccola ma la lasciai a metà, considerandomi già un po’ brilla. I ragazzi dell’ufficio erano proprio divertenti. Si unì a noi anche un uomo che lavorava in un'altra società, che aveva gli uffici nel nostro stesso palazzo. Aveva più o meno la mia età e quando gli raccontammo l’accaduto, lui mi guardò ammirato. Ci raccontò dei mazzi di rose che erano arrivati anche nel suo ufficio, la gelosia tra le sue colleghe e l’irritazione degli uomini.
Poi Adam sollevò il boccale di birra e disse: – alla nostra Leila, che ha saputo tener testa al più grande Don Giovanni del secolo!
Ed io aggiunsi, ridendo – al suo prossimo buco! – e tutti sollevarono il bicchiere e risero facendo un gran frastuono.
Posso sapere cosa si festeggia? – una voce, che conoscevo bene, mi fece andare di traverso la birra. Qualcuno la sputò sul tavolo e altri tossirono come me. “Cavolo, speriamo che non abbia sentito!” Io ad occhi bassi e con un sogghigno guardai Marie, ma ormai ero più che brilla, l’alcool non lo reggevo per niente. Ripresi fiato per non scoppiare a ridere, ero l’unica che poteva parlare, ormai non avevo nulla da perdere.
Quindi? – chiese insistente Lex avvicinando uno sgabello al mio.
Alzai lo sguardo e vidi la partita di golf sul mega schermo davanti a noi –ACE!– dissi puntando il bicchiere verso lo schermo e tutti alzarono lo sguardo. Io mi trattenevo a stento dal ridere.
Al prossimo Ace! – dissi alzando il bicchiere di nuovo e tutti risero ancora più di prima, io non riuscii più a bere perché cominciai a ridere senza riuscire a smettere. Scaricai la tensione di tutta quella giornata assurda, che si stava concludendo in maniera ancora più assurda, con il mio carnefice seduto accanto a me nel bar. Avevo ancora i capelli sciolti, non ero riuscita a legarli in maniera decente, così potei coprirmi la faccia che, probabilmente, era del colore delle rose che avevo respinto.
Avevo un gran caldo e dovevo andare al bagno per cercare di riprendermi, così feci segno a Marie di accompagnarmi. Quando feci per alzarmi, Lex si alzò con me e mi aiutò a spostare lo sgabello. Non potevo guardarlo, gli sarei scoppiata a ridere in faccia, così tenni gli occhi bassi. Sentii il suo sguardo su di me mentre mi giravo. Davamo le spalle agli altri che improvvisamente erano diventati esperti di hole, mazze ecc… Mi prese una ciocca di capelli e la annusò. Io alzai lo sguardo, in quel momento avrei voluto ucciderlo e lanciargli una gelida occhiata di avvertimento, invece mi persi nello scuro dei suoi occhi, più del tempo necessario. Lui mi guardò sorridendo tranquillamente e poi lasciò andare i capelli.
Presi la borsa e volai in bagno seguita da Marie che fu l’unica testimone della scena.
In bagno mi disse – Certo che è uno stalker, non riesco a capire... cosa è venuto a fare qui?
Forse voleva essere sicuro che non lo denunciassi ed è venuto a sondare il terreno… Comunque non mi va di tornare di là con lui. Ci serve una via di fuga. Non vorrei che ci seguisse. – Dissi in un ultimo lampo di lucidità.
A questo punto è proprio necessario andarsene... – disse pensierosa Marie.
Entrarono in bagno due giovani donne che ridevano e parlavano di un belloccio seduto sugli sgabelli, con un completo mozzafiato e che forse si chiamava Lex, dicevano che avrebbero dato qualsiasi cosa per poter parlare con lui. Guardai Marie, avevo trovato una soluzione. –Ragazze scusate… – poche parole e la cosa era fatta. Mentre loro distraevano Lex, io e Marie saremmo scappate fuori dal locale.
Le ragazze, tutte eccitate per il giochino che avevo loro proposto, si prepararono e uscirono.
Noi sbirciammo dalla porta del bagno e quando loro ci coprirono alla vista, corremmo in strada. Era metà giugno e il clima era molto piacevole. Avevo una gran voglia di fare due passi, ma la ragione prevalse e fermammo subito un taxi. Sul sedile ci guardammo e scoppiammo a ridere. Mandammo un messaggio ad Adam scusandoci per la fuga, avrebbe capito sicuramente.
Lui rispose subito dopo, dicendo che non c’era problema, ma che ora non sapeva più chi fosse il demonio… naturalmente scherzava. Scrisse che Douglas era rimasto abbastanza male, quando aveva scoperto la nostra fuga.
Ormai noi eravamo al sicuro nel taxi e fra poco sarei stata a casa dentro una bella vasca da bagno. Non riuscivo a smettere di ridere. Ormai la sbornia allegra aveva preso il sopravvento. Suonò il mio telefono e risposi senza guardare chi fosse.
Sìì?– dissi tra le risa. Avevo le lacrime agli occhi ed ero piegata in due. Il taxista probabilmente pensava che avevo bevuto dieci birre invece che mezza.
Immagino che sia stata una fuga... – Oddio! Feci segno a Marie, ancora lui…
Le passai il telefono, anche se lei mi faceva segno di no. Ma io continuavo a ridere sempre più forte.
Lei cercò di mantenere la calma e rispondere nel modo più professionale possibile.
Pronto, sono Marie... sì… no... Leila?... Non penso che riuscirà a parlare fino a domani mattina... sì, è lei che sta ridendo... non regge l’alcool e… sì anche un mezzo bicchiere...e siamo fortunati che è allegra...sì certo l’accompagno fino a casa... arrivederci. – Riattaccò perplessa. – Questa è bella... è proprio bella... – disse guardandomi mentre ridevo senza riuscire a fermarmi.

A casa pagai il taxi anche per la tratta successiva e salutai Marie che insisteva per accompagnarmi di sopra.
Non ti preoccupare, dirò a Persy di scendere a raccogliermi…– aspettò sul taxi finché Persy non scese e solo dopo che lui le fece un cenno con la mano, disse al taxista di partire.
Persy mi portò in braccio fino al divano. Io cercai di fare la seria ma poi scoppiai a ridere ancora, fino alle lacrime…finché non mi addormentai.
Verso le dieci Persy mi prese e mi portò a letto. – Oh Persy, devo raccontarti cosa è successo oggi, è stato troppo divertente.
Meglio che me lo dici domani, adesso dormi.
Persy era un ragazzo molto carino, biondo, occhi azzurri, un bel corpo muscoloso ben proporzionato... e molto gay. Era il mio coinquilino, amica, tutor, guardia del corpo, cuoco, a volte anche estetista e coiffeur. Non avrei potuto trovare di meglio, considerando che non avevo avuto scelta.

2

Il mattino successivo avevo mal di testa, feci colazione e presi un’aspirina. Persy era di cattivo umore perché il suo nuovo ragazzo non lo chiamava da due giorni. Cercai di tranquillizzarlo, ma quando era depresso non poteva che uscirne da solo. Io presi l’mp4 e me ne andai a fare un lungo bagno. Gli dissi che volevo farmi una maschera al viso e gli chiesi se poteva venire ad aiutarmi per applicarla. Era una cosa che adorava fare e pensavo che lo avrebbe aiutato a tirarsi su di morale. Dopo una buona mezz’ora, persa nella musica e nell’idromassaggio, avvolsi i capelli in un asciugamano gigante, mi infilai la biancheria intima e un kimono rosso con fiori gialli che mi arrivava sopra il ginocchio.
Lo chiamai e mentre mi spalmava la crema sul viso, gli raccontai quello che era successo in ufficio il giorno prima. Lui fu di poche parole e quando ebbe finito se ne andò. Io accesi lo stereo, alzai il volume e mi sdraiai sul divanetto della camera, pronta a passare i prossimi venti minuti con due fette di cetriolo sugli occhi e la faccia mummificata.
La casa era grande per due persone, mio padre aveva acquistato tutto l’ultimo piano di una vecchia ma elegante palazzina a Manhattan e lo aveva fatto ristrutturare. Un anno prima, quando gli avevo detto che volevo farcela nel mondo del lavoro da sola, non era stato contento, ma mi aveva dato tutto il sostegno economico necessario, quell’appartamento con tutte le comodità possibili e Persy. Il mio coinquilino era stato scelto dopo un attento studio sulla compatibilità tra i nostri caratteri e mille altre qualità, che facevano di lui l’uomo perfetto per occuparsi di me. Mio padre non condivideva la mia voglia di realizzarmi lontano da lui, ma mi voleva al sicuro.
La musica mi dava una carica impressionante, mi piaceva ascoltarla alta da spaccare i timpani. Per fortuna l’appartamento era stato isolato acusticamente, visto che il mio papà conosceva i miei gusti musicali, avendoli sopportati per anni con le sue orecchie.

Sentii Persy rientrare in camera, stavo cantando a squarciagola e con le gambe accavallate lanciavo calci in aria a ritmo di musica, così che la vestaglia mi si era arrotolata intorno alla vita. Gli indicai il bagno. Avevo preparato la ciotola per l’acqua e del cotone vicino al lavandino. –Per favore usa l’acqua calda altrimenti, questo cemento non viene più via!– gli gridai. E continuai a dimenarmi. Ormai lui era abituato e dopo quello che mi era successo ieri avevo bisogno di sfogarmi.
Quando si sedette vicino a me sul divano mi spostai per fargli più posto, la musica era cambiata e avevo smesso di prendere a calci l’aria. Ora muovevo il bacino a ritmo, cercando di colpire il suo. Ma lui non fece e non disse nulla. Era proprio di pessimo umore… cercai il telecomando dello stereo e abbassai un po’ la musica.
Eh dai Persy, non fare così. Vedrai che prima o poi chiama, magari è stato preso con il suo lavoro. Mi è sembrato un bravo ragazzo, non deprimerti così, siete solo all’inizio del vostro rapporto, non soffocarlo. Ti spiace cominciare a togliere la maschera? Comincia a bruciare.
Lui cominciò a passarmi il cotone sulla faccia, delicatamente, lo risciacquò e riprese a pulire.
Se tutti gli uomini fossero gentili come te... sarebbe tutto più facile. Peccato che ormai ho associato la gentilezza di un uomo, al fatto che sia omosessuale. Etero gentili io non ne conosco. Dopo l’esperienza di ieri poi... la categoria uomini etero è scesa di diverse unità nella mia lista degli animali più intelligenti. – Gli presi la mano. – Se tu non fossi gay, ti sposerei al volo. Se ci ripenso mi arrabbio ancora. Che arrogante! Come si permette di pensare che ogni donna abbia un prezzo?! Sai cosa ha detto l’impiegato dell’altra società? Alcune voci sono arrivate al loro piano, anche loro sanno che il nostro capo ne cambia una alla settimana. Capisci? Con la media di una ogni settimana, da quando ha lasciato la sua ex, due anni fa, ha scopato con ...– calcolo mentale – circa cento donne. Lasciamo in sospeso la settimana di Pasqua e quella di Natale, magari ha avuto qualche illuminazione divina. Ma come si fa a fare sesso senza sentimento. Ah, che stupida è un uomo... al posto del cervello ha il pene. Mi chiedo come fa ad essere così bravo nel suo lavoro. Forse ha un pene intelligente! – Risi da sola. – Comunque, tutte quelle donne che ci sono state... Io non potrei mai avere rapporti con uno senza provare per lui qualcosa. È sbagliato, è assurdo, solo per un piacere che dura dieci minuti.– Allungai la mano e cercai a tastoni sul comodino la bottiglietta di succo alla pesca; Persy mi aiutò a portarmi la cannuccia alla bocca. Mi trovai ad appoggiare le mie labbra alle sue dita. Aveva cambiato profumo? Era buono.
Sai quel ragazzo che si è unito a noi? È carino, chissà se è impegnato... non ricordo il suo nome, se Lex non fosse piombato nel bar avrei approfondito l’amicizia. Chissà poi perché è venuto. Quando gli guardo negli occhi non riesco mai a leggerlo fino in fondo. È inquietante e da come si è comportato fino adesso, sembra anche ossessivo. Ho paura di trovarmelo sotto casa da un momento all’altro. Hai finito? – chiesi.
Sì, la signorina è servita – disse la voce di un uomo che non era Persy e che mi fece accapponare la pelle.
Urlai saltando in piedi sul divanetto ancora prima di aver tolto i cetrioli dagli occhi. Lex era lì, in piedi davanti a me, nella mia camera, che mi guardava con aria divertita. Cercai di allontanarmi il più possibile da lui ma misi un piede in fallo, se non mi avesse afferrata al volo sarei caduta miseramente a terra. Invece gli cascai addosso e lui cadde a terra disteso con un tonfo. Non atterrai sul morbido perché il suo corpo era muscoloso, ma almeno attutì la caduta. Ero a tre centimetri dai suoi occhi. Sì...era proprio dannatamente bello...
Ripresi il controllo e urlai. –Persy!!! Persy!! – Poi mi alzai di corsa e saltai sul letto. Presi dal comodino la prima cosa che trovai. –Persyyyyyy!
Lui si alzò e fece per avvicinarsi. Ma io lo minacciai con… mi guardai la mano … con una spazzola di legno. Meglio di niente!
Non ti avvicinare!... Cosa hai fatto a Persy?!
Se intendi un ragazzo biondo, l’ho trovato sulla porta e dopo avermi travolto mi ha urlato, mentre scendeva le scale di corsa, che tu eri in camera tua e la maschera doveva essere tolta subito perché erano passati i venti minuti, lui doveva correre da Roby che lo aveva chiamato.
Che puttana! – lo maledissi acida mentre concepivo il fatto che eravamo soli in casa. E io ero...abbassai la spazzola per risistemare la cintura del kimono che si era allentata, mentre i capelli erano ormai sparsi ovunque. Lui arrossì ed ebbe la compiacenza di voltarsi dall’altra parte, mentre cercavo di riprendere un aspetto dignitoso. Oddio non volevo neanche pensare a cosa aveva visto e a cosa aveva sentito.” Cazzo Persy, questa te la faccio pagare!
Cosa vuoi?– gli dissi cercando di stare calma. Se era venuto con cattive intenzioni avrebbe potuto aggredirmi in qualsiasi momento, ma non lo aveva fatto.
Sono venuto solo a scusarmi. – Disse lui sempre girato dall’altra parte.
Ah, è così che ti scusi? Facendoti passare per qualcuno altro? Ingannandomi? Ascoltando conversazioni private? Mi vengono seri dubbi sulla tua educazione.
Se vuoi ti aspetto in soggiorno... quando ti sarai rivestita.– Sembrava a disagio.
Certo, vattene in soggiorno.
Lo raggiunsi poco dopo, avevo messo dei pantaloni comodi con una maglietta e avevo lasciato i capelli sciolti. Lui era sul divano di pelle lilla con una rivista in mano. Indossava jeans neri e una polo giallo ocra che metteva in risalto l’abbronzatura. Vederlo seduto nel mio soggiorno mi fece una strana impressione.
Allora? – esordii sedendomi su una poltrona lontano da lui.
Hai una bella casa – commentò.
Già!– continuai anche se non ero obbligata, – un regalo di mio padre.
Ti ho portato del vino.
Grazie, lo regalerò a qualcuno a Natale.
Lui mi guardò alzando le sopracciglia.
Io non bevo e neanche Persy, – gli spiegai.
Allora potresti offrirlo a me, l’ho messo in frigorifero.
Ora dovevo pure versagli da bere. Mi alzai solo perché mi sentivo un po’ in colpa, per quello che avevo detto di lui nel mio monologo di prima e a parte la fama di Casanova e il suo comportamento invadente, alla fine si stava comportando bene. Ripensai al tocco delicato che aveva usato per togliermi la maschera e a quando le mie labbra avevano toccato le sue dita... e mi persi con la testa nel frigorifero. –L’hai trovato?– chiese lui.
Sì, eccolo!
Mentre tornavo con un calice di vino per lui e il succo per me mi disse: – Solo per la cronaca, non mi sono scopato cento donne in questi ultimi due anni. Posso dirti che sono uscito con circa quindici donne e che con alcune è durata anche qualche mese, non una settimana. Le voci che girano sono arrivate ad un livello incontrollabile, forse dovrò far abbassare un po’ i toni ai pettegoli. Mi preoccupa quello che verrà fuori dalla tua scenata di ieri pomeriggio...
Io sputai il succo dicendo ad alta voce incredula – MIA SCENATA? MIA? Ma ti sei fatto un esame di coscienza? Sei stato tu a trascinarmi nel tuo ufficio!
Io volevo solo parlarti, sei stata tu ad opporti come se ti stessi portando sul patibolo. Volevo solo capire il tuo rifiuto.
Scusa se ho leso la tua sensibilità di macho rifiutandoti, non è stato sufficiente “non mi interessi”? Sei così presuntuoso da pensare che ogni donna debba cadere ai tuoi piedi?
Ogni donna forse no, ma le donne che mi interessano, spero che lo facciano... – disse con un sorriso affascinante.
Risi per la sua stupida innocenza. – Quindi è il primo rifiuto che hai?– poi pensai alla sua ex che lo aveva mollato di punto in bianco e mi pentii della domanda.
Lui rispose tranquillo, – più o meno...
Sto aspettando le tue scuse! – Da quando gli davo del tu? Ah sì, da quando era entrato nella mia camera e mi aveva toccata, mentre ero mezza nuda e inerme.
Ed io le tue – disse lui.
Dovrei scusarmi per cosa? – chiesi irritata.
Vuoi l’elenco ? Dunque: arrogante, ossessivo, mi hai accusato di avere…
Ok, ok, diciamo che ci siamo comportati male tutti e due. Mettiamoci una pietra sopra e dimentichiamo tutta questa storia – dissi, non vedevo l’ora che se ne andasse, mi sentivo a disagio. Ma aggiunsi – se ti trovo un’altra volta qui intorno a casa mia, ti denuncio e ti posso assicurare che alla fine non avrai più un lavoro, una casa e una reputazione. Sono stata chiara?– Non aspettai una risposta e mi alzai, – bene, allora ciao.
Lui rimase tranquillamente seduto a sorseggiare il vino e a guardarmi. –Sai che sei proprio carina con i capelli sciolti? Perché li tieni sempre legati?
Forse non sono stata chiara, ti voglio fuori di qui, adesso e per sempre – ribadii.
E come facciamo con il nostro appuntamento?
Noi non abbiamo nessun appuntamento e non lo avremo mai – dissi scocciata. –Ma tu i rifiuti proprio non li gestisci, vero?
No Leila, altrimenti non sarei così bravo nel mio lavoro – disse sorridendo di nuovo.
Già, peccato che nella vita privata sei un disastro. – Questa mi era scappata!
Sei sempre così diretta? Dici sempre quello che pensi?
Solo sotto stress, so di avere la lingua molto tagliente – risposi un po’ pentita.
Ed ora sei sotto stress?
Sì, mi sento osservata e valutata e questo non mi piace, soprattutto a casa mia.
Lui fece un sorriso rassicurante.
Sei intelligente, si vede che lavori per me... – poi si alzò e mi si avvicinò. Io indietreggiai, ma lui mi prese la mano, se la portò alle labbra e la baciò, sempre guardandomi negli occhi.
Allora io vado, ma non credere che mi arrenda tanto facilmente, prima o poi mi dirai di sì – poi uscì dalla porta e io caddi sul divano, esausta, come se avessi lavorato per ventiquattrore di fila.
Mi annusai la mano che mi aveva baciato. Era impregnata del suo profumo. Restai così per non so quanto tempo ripensando alla sua mano calda e forte e alle sue labbra morbide e sensuali che si erano appoggiate sopra, facendomi rabbrividire.
Quando Persy rientrò, ero ancora seduta sul divano a baciarmi la mano. Rinvenni appena vidi che stava ridendo e mi chiedeva cosa era successo.
Gli saltai addosso dicendo che aveva fatto un bel casino a far entrare un tipo che neanche conosceva, che mi aveva vista mezza nuda in camera mia e che mi aveva tolto la maschera e aveva ascoltato le mie intime confessioni. – Ti ho maledetto non sai quante volte, oltre alla paura che avevo che fosse venuto per violentarmi.
Oh mio Dio, come sei tragica e poi se uno così ti violenta devi solo ringraziare il cielo, – poi vista la mia faccia aggiunse subito – Mi dispiace, stavo scherzando, lo so benissimo cosa pensi di lui, mi dispiace davvero, non pensavo che fosse Lex in persona. – Poi portò la conversazione su di lui e Roby ed io lo perdonai all’istante.



3


Quella sera partecipammo all’inaugurazione di un nuovo locale e la domenica andammo a fare shopping in giro per i negozi del centro, ormai l'estate era arrivata e la temperatura era davvero piacevole, era il periodo dell'anno che mi piaceva di più e tutto il malumore se ne andò come per incanto, soprattutto perché girare per negozi era l’occupazione preferita da me e da Persy.
Finimmo la giornata con una cena al Nobu, uno dei miglior ristoranti di New York, poi dritti a casa a disfare le borse con il bottino di giornata . Persy mi aveva fatto comprare un paio di abiti aderenti di Gucci: uno era corto, in stile orientale, bianco con dei fiorellini rossi; l’altro era azzurro con collo a barchetta, lungo fin sotto il ginocchio ma con uno spacco laterale fino a mezza coscia. Le scarpe da abbinare erano di Jimmy Choo con tacco e zeppa altissimi.
Mi disse che se avevo uno spasimante al lavoro dovevo farlo impazzire.
Io risi. – Quello è già pazzo di suo, tu stai giocando con la mia pelle! – ma era un gioco divertente.
Prendilo come se fosse un flirt estivo. Goditelo e poi tronca a settembre.

Lunedì decisi di indossare il vestito bianco, che era quello che mi piaceva di più, con sandali rossi a tacco alto e borsa coordinata. Persy mi fece uno chignon morbido e complicato. Io non ero molto convinta del mio aspetto quando mi guardai allo specchio.
Ma Persy mi disse: – ma se sei uno schianto!
Appunto, che messaggio gli mando? Ti ho rifiutato e adesso mi diverto a fartela vedere tanto non mi avrai mai. Oppure ti ho rifiutato ma ti invito a riprovarci magari ti va meglio.
Lascia che sia lui a raccogliere il messaggio che vuole e poi si vedrà…

Andai in ufficio sperando di non incontrarlo per tutta la giornata, ma quando arrivai lui era nell’atrio, io cercai di non salutarlo passando velocemente in mezzo allo sciame di persone che entrava.
Leila,– mi chiamò – quasi non ti riconoscevo. Stai salendo? Vengo anche io.
Le chiamo l’ascensore Mr Douglas ma io vado a piedi, un po’ di moto al mattino fa bene.
Ottima idea, vengo anche io.
Pessima idea” pensai. Presi le scale quasi di corsa e lui stava qualche gradino dietro: sentivo i suoi occhi puntati sul mio fondo schiena.
Come è andato il week-end? – mi chiese ad un tratto.
Bene – dissi breve, non potevo concentrarmi sul suo sguardo, salire le scale con il tacco dodici e parlare con lui tutto insieme!
Al decimo piano cominciai a rallentare. E all’undicesimo inciampai e quasi caddi, ma Lex mi prese al volo. Mi cinse la vita con un braccio e mi strinse a lui, così i nostri corpi caldi si ritrovarono uniti. Mi mancò il fiato. Gli afferrai il braccio che mi cingeva e sentii i suoi muscoli tesi. Anche il suo respiro stava aumentando e mi sembrò di sentire qualcosa di duro contro la mia coscia. Il suo viso era vicino al mio, mi accarezzò i capelli e mi baciò dietro l’orecchio.
Sei bellissima stamattina. Ti sei vestita così per farmi impazzire vero?
Sei già pazzo, non c’è pericolo che tu possa peggiorare.
Sorrise e sorrisi anche io.
Mi riportò in posizione eretta e mi lasciò andare lentamente. Eravamo alla stessa altezza grazie ai tacchi che indossavo. –Vuoi continuare a fare le scale come una bambina capricciosa o prendiamo l’ascensore come due adulti? – mi chiese.
Rimasi sorpresa e offesa, lui riprese:
Senti... mi piace giocare con te, ma è lunedì mattina e ho un’azienda da mandare avanti, quindi non posso stare dietro ai tuoi giochetti.
E chi ti ha detto di seguirmi? Prendi l’ascensore e non mi rompere! – mi girai e ripresi a salire le scale. Solo nove piani, pregai le mie gambe di sorreggermi fino alla fine, lo sport non era mai stato la mia passione.
Con questo vestito ti seguirei fino all’inferno!– Lo sentii dire tra i denti mentre riprendeva a salire senza sforzo.

Finalmente arrivammo al ventesimo piano: avevo il fiato corto e appoggiai la fronte alla porta per riprendere fiato. Lui appoggiò il braccio piegato sopra la mia testa e mi sussurrò:
Certo che sei testarda! – Lui non aveva il fiato corto e non era sudato quanto me. – Prima di provocarmi dovresti allenarti di più... – poi, dolcemente, disse – ce la fai o ti devo portare in braccio?
Fui una molla, aprii la porta velocemente e mi fiondai alla mia postazione rossa di rabbia, offesa e stanca morta. Marie quando mi vide disse: – hai scalato l’Everest questa mattina? Come sei sudata.
Ho fatto le scale.
Cosa? Venti piani a piedi? L’hai fatto per evitare chi so io? – disse ridendo.
Esatto, ma non è servito a nulla, mi ha tallonato per venti piani – risposi esausta.
Ahah, avrei voluto vedere la scena!
Credimi, io non ci trovo nulla da ridere... inoltre mi sono presa della bambina capricciosa e della testarda.
Fu una giornata veloce e tutto sommato tranquilla dopo quell’episodio, non lo vidi né a pranzo né durante tutto il pomeriggio. Avevo evitato di uscire dal mio ufficio, Marie si era offerta di andare a fare le fotocopie e prendere the e caffè.
Tutti i capo settore avevano in programma una riunione straordinaria alle cinque, quindi il nostro superiore ci disse che, se volevamo, potevamo andare a casa.
La cosa ci piacque molto, così io e Marie decidemmo di andare a fare un giro ai grandi magazzini, era il compleanno di una sua amica e le comprò un regalo, io ne approfittai per comprare della nuova biancheria intima di pizzo nero. Alla cassa mi guardò incuriosita, prima ancora che parlasse io alzai la mano per fermarla. Non era certo per lui che la compravo!
Il giorno dopo Adam chiamò in riunione il nostro reparto per aggiornarci sull'incontro che si era svolto il giorno prima. Mr. Douglas aveva detto che giravano voci sul suo conto che non erano veritiere, tali voci dicevano che aveva avuto relazioni intime con più di cento impiegate del palazzo e, visto che non era assolutamente vero, voleva che queste lingue fossero messe subito a tacere. Arrabbiato aveva tuonato: “che queste cento donne si facessero avanti!”
Voleva ripristinare la sua immagine all’interno dell’azienda, era doveroso da parte sua come amministratore delegato. Se fosse giunta voce alla proprietà di queste sue scappatelle, poche o tante che fossero, la sua posizione sarebbe stata a rischio.

Martedì ricevetti un mazzo di fiori di campo che finì sulla scrivania di Adam e il biglietto che lo accompagnava direttamente nel cestino, senza averlo neanche aperto. Il mio capo non commentò ma accettò con ironia, ringraziandomi per i fiori. Era egoistico da parte mia, ma volevo dividere con qualcuno quel peso.
Mercoledì altri fiori, calle, che finirono sulla scrivania di Marie che le adorava. Biglietto cestinato.
Ma non leggi i biglietti?
Non voglio sapere cosa c’è scritto, non mi interessa.
Giovedì avevo preso coraggio e avevo indossato l’abito azzurro con lo spacco a metà coscia e Persy mi aveva obbligato a tenere i capelli sciolti, diceva che con quel tipo di abito non era necessario legarli. Neanche a farlo apposta, Lex era all'ingresso ad aspettarmi.
Entrai nell’atrio del palazzo e dopo averlo visto con la coda dell’occhio andai velocemente verso gli ascensori.
Ciao Leila! – disse una voce accanto a me. Era Antony, un collega del reparto tecnico.
Ciao Antony! Come va? E' da un po’ che non ci incrociamo!– lo salutai.
Wow... ho fatto fatica a riconoscerti, con i capelli sciolti sei molto carina.
Grazie – dissi arrossendo.
Convengo con te ...– disse Lex che si era messo alle mie spalle, in attesa dell’ascensore.
Ci girammo entrambi e lo salutammo.
Poi cercai di ignorarlo, ma sentivo la sua presenza autoritaria dietro di me.
Era l’ora di punta e gli ascensori erano strapieni. Ringraziai i dieci centimetri di tacco per avere qualche boccata di aria in più. Entrai nell’ascensore ancora vuoto e mi misi nell’angolo, Lex mi si piantò davanti a qualche centimetro, senza toccarmi, mentre nel resto dell’ascensore erano talmente appiccicati che se uno fosse svenuto sarebbe rimasto in piedi ugualmente. Pensai che lo avesse fatto apposta. Gliene fui grata, finché non si chinò su di me e mi chiese all’orecchio se avevo ricevuto i fiori e se mi erano piaciuti.
Gli sussurrai che i fiori non mi piacevano, ma lo ringraziavo lo stesso.
Eravamo già al decimo piano e lo spazio libero sull’ascensore era aumentato, ma lui non si spostò di un centimetro.
Mi guardò sospettoso. –Come mai non ti piacciono i fiori?
Lo guardai persa. – Mi ricordano la morte di mia mamma, erano arrivati talmente tanti fiori che la casa si era riempita di un odore quasi nauseante che era rimasto per giorni. Da quel momento odio tutti i fiori recisi.
Mi dispiace, non lo sapevo!
Non potevi saperlo... – dissi a occhi bassi. Il ricordo di quei giorni era ancora vivo nella mia mente e il dolore era sempre in agguato. Lui ebbe il buon senso di non parlare più e di lasciarmi più spazio.
Grazie mamma”, pensai.

Quel giorno arrivò, al posto dei fiori, una scatola di cioccolatini senza biglietto. Li aprii e li portai in sala caffè. Mi scrisse una mail che doveva sostituire il biglietto:
Mi dispiace per i fiori, spero che i cioccolatini siano più di tuo gradimento. Stamattina eri decisamente sexy con quel vestito e i capelli sciolti. Esci con me sabato sera!
Lex.
P.S. ho visto che i biglietti non li leggi quindi sono passato alle mail!;)”

Alzai gli occhi al cielo. Certo che non mollava mai, ma quanto tempo era intenzionato ad andare avanti? Decisi di rispondere, visto che ignorarlo non era servito.
I cioccolatini sono piaciuti molto a tutto l’ufficio, visto che li ho messi nella sala caffè. Ringraziano tutti con calore e aspettano la prossima scatola.
Questo vestito farebbe sexy anche mia nonna.
La mia risposta è no al 200%.
Ti conviene concentrarti sul lavoro e non pensare allo spacco delle tue impiegate.
Leila”

Arrivò un'altra mail dopo poco ma decisi di cestinarla senza leggerla, cliccai il tasto per mettere il suo indirizzo di posta elettronica nella casella Spam. Sorrisi per la mia furbizia.

Giovedì passò senza novità ma venerdì un tecnico informatico venne nel mio ufficio e mi disse che il mio pc aveva dei problemi con la posta e doveva sistemarlo. Io guardai Marie e sorrisi, gli dissi che il mio pc funzionava benissimo e anche la casella anti-spam. Quindi lo invitai ad andare ad occuparsi di altro. Dopo poco mi arrivò un messaggio da posta sconosciuta.
Ciao, allora mi hai messo nella cartelletta SPAM? Brava, bella pensata.
Stai giocando con me? Ti vesti così sexy, ti lasci i capelli sciolti e poi mi snobbi? Mi stai stuzzicando?
Lex”
Risposi: “E chi ti dice che i vestiti e i capelli sono per te?”
Aggiornai Marie e le dissi che era un arrogante allo stato puro. Ero stanca, volevo che mi lasciasse in pace, volevo continuare a lavorare e non vederlo più. Marie emise un suono di sorpresa guardando verso la porta del nostro ufficio, girai la sedia nella direzione in cui stava guardando e mi ritrovai Lex vicinissimo.
Mi sollevò il mento e mi accarezzò con un dito il contorno delle labbra. Appoggiò delicatamente ma con decisione le sue labbra alle mie e in un attimo la sua lingua era dentro la mia bocca. La mia lingua rispose subito a quel contatto arrotolandosi alla sua. “Traditrice!” pensai, mentre restavo incollata alla sedia senza muovermi. Tutto il mio cervello era concentrato in quel bacio, appassionato e sexy come lui. Sarei rimasta a baciarlo per sempre... ma non lo avrei mai ammesso con nessuno.
Poi si staccò, ansimavamo entrambi, rimase a un centimetro dalla mia bocca.
Dimmi Leila, a chi devo credere? Alle tue risposte taglienti... o al tuo corpo? Mi stai facendo diventare matto.
Rimasi in attesa di un altro bacio, ma lui si allontanò e uscì velocemente come era venuto.
Guardai Marie basita. – Ha ragione, stai giocando con lui, anche se forse non te ne rendi conto.
Ma è lui che mi sta addosso come un falco! Io voglio solo essere lasciata in pace.
Vestendoti così dopo che lo hai rifiutato?!
Persy ti ammazzo!” Pensai.

La settimana successiva fu un via vai di regali, di tutti i tipi: peluche, gioielli, borse, libri... e così via. I meno costosi li regalavo, quelli più impegnativi li restituivo. Alla fine della settimana ero sfinita. Ero visibilmente stressata e non riuscivo più a concentrarmi sul lavoro. Odiavo il fattorino ogni volta che lo vedevo sbucare dal corridoio e lui odiava me per il lavoro extra che gli stavo dando. La notte non riuscivo a dormire, ogni volta che mi addormentavo sognavo lui e il suo bacio, così passavo il resto della notte agitata e sconvolta; al mattino mi svegliavo con un leggero mal di testa, costante e deleterio che mi perseguitava per tutta la giornata.
Alla terza settimana di assedio ero uno straccio, cercavo di evitarlo a tutti i costi, avevo chiesto ad una collega di avvisarmi se veniva al mio piano, così che potessi nascondermi. Ormai tutti erano al corrente di quello che stava succedendo e la cosa aumentava il mio disagio. La situazione, ormai, era arrivata a livelli insostenibili e anche se per lui era un gioco per me stava diventando un incubo. Marie non riusciva a capire perché scappavo, lui era evidentemente preso da me, inoltre, anche se era assillante, non si poteva dire che mi fosse indifferente. Io ne ero perfettamente consapevole, ma non mi fidavo di lui... e ora neanche del mio corpo quando ero in sua presenza.
Quel venerdì, dopo essermi nascosta in ogni angolo dell’ufficio, ero in bagno ad aspettare che Lex ritornasse al piano superiore. Mi guardai allo specchio. Avevo le occhiaie per le notti agitate, i capelli legati in una stretta coda e un tubino lilla e argento che sembrava starmi più largo di qualche settimana prima. Non potevo continuare così, ancora una settimana e avrei dovuto chiedere aiuto a papà e le conseguenze non sarebbero state piacevoli... oppure dovevo cambiare posto di lavoro. E quella mi sembrò l’unica strada possibile. Mi abbassai a rinfrescarmi la fronte sul lavandino quando vidi i suoi piedi sotto il mio braccio. Mi alzai di scatto e mi girai.
Q-questo è il bagno delle donne!– dissi.
Sì, lo so. Ma visto che sono tre settimane che mi eviti come la peste ho pensato di venirti a cercare.– Sembrava scocciato. – Mi sei mancata sai? – disse con voce più dolce.
A me no!
Proseguì come se nulla fosse. –Senti, facciamo un patto, esci con me sabato sera e se poi mi dici che non vuoi più vedermi... allora rispetterò la tua decisione e ti lascerò in pace per sempre.
Ci pensai su. –Poi mi lasci in pace per sempre? Davvero?– non potevo crederci.
Lui annuì.
Solo una cena? – chiesi. – Niente dopo cena?
Solo una cena!– rispose senza lasciar trasparire nessuna emozione. – Ma il posto lo decido io.
Va bene allora, ma vedi di rispettare l’accordo.
Lui sorrise, mi prese tra le braccia, mi baciò con trasporto ed io venni catapultata nel suo universo, nella sua bocca... e tra le sue braccia mi lasciai andare, aggrappandomi a lui. Maledetto corpo traditore.
Come sempre il tuo corpo dice una cosa e la tua mente un’altra. Ti ho baciato per suggellare il patto, nient’altro... – disse indifferente, mi lasciò andare ed io restai pietrificata per quello che i suoi baci mi stavano facendo, ero spaventata per le emozioni che stavo provando.

Quella sera Marie venne a casa mia per cena. Parlai con lei e Persy dell’accaduto, senza menzionare il bacio. Alla fine avevo dovuto cedere per potermi liberare di lui. – Sei sicura che vuoi che rinunci a te? Non vuoi rivederlo più? – chiese Marie.
Sì, sono sicura, non voglio avere legami adesso e poi con uno così. Mi sento soffocare da lui, se è così insistente adesso... figurati in un rapporto di coppia quanto potrà essere ossessivo, geloso e dominante. “Devi fare sempre quello che dico io!”– Dissi cercando di imitarne la voce.
I miei amici fecero una risata. –Questo non puoi saperlo se non lo conosci bene. Comunque... se hai deciso che non ti interessa…però quando ti ha baciato in ufficio non mi sembravi tanto disinteressata...– disse Marie.
Cosa? Cosa? Quando ti ha baciato? Perché non me lo hai detto? – chiese Persy curioso.
Non mi sembrava una cosa importante da raccontare – mi giustificai.
Marie fece la spia, – dovevi vedere che bacio appassionato, forse mio marito mi ha baciato così... si e no dieci volte in tutta la nostra storia!
E tu Leila cosa hai fatto?
Ho subito!– dissi pronta.
Lei è rimasta come un baccalà ma ti posso assicurare che la sua lingua ha ricambiato, quindi non può dire che gli è indifferente come sostiene. – Disse Marie.
Continuarono a parlare di me e dei miei sentimenti come se non fossi presente e alla fine mi dissero.
Abbiamo convenuto che tu sei attratta da lui ma che non ti fidi. Quindi sabato vai, ti diverti e cerchi di capire che sentimenti provi... poi la fiducia se la dovrà conquistare. Se tutte le voci in ufficio erano bugie, direi che alla fine non è poi così sciupafemmine come pensavi, no?

Sabato sera Persy mi vestì come se fossi una bambola, visto che io non ero per nulla motivata a prepararmi in modo attraente, se fosse stato per me mi sarei messa una muta da sub per uscire. Tirò fuori un abito da sera color lilla, lungo fino ai piedi e molto semplice, ma che avvolgeva la mia figura snella, accollato sul davanti e leggermente scollato sulla schiena, mi lasciò i capelli sciolti. Scarpa bianca con tacco vertiginoso e borsa coordinata. Per finire, mi mise un cerchietto di diamanti in testa.
Sei una visione angelica... se non fosse per quello sguardo da patibolo, ti prego, fai almeno un sorriso..
Non ti preoccupare, quando arriva metterò la maschera di arlecchino...–dissi ironica.
Alle otto in punto suonò il citofono ed io scesi, mi aspettava davanti ad una grossa BMW con l’autista.
Ciao, come mai l’autista?– dissi infilandomi nell’abitacolo.
Ciao – rispose facendola diventare la parola più sexy del mondo. –Visto che probabilmente avrò solo stasera voglio concentrarmi solo su di te.
Indossava un completo grigio scuro molto elegante e la camicia bianca con magnifici gemelli argentati, gli dava un aria molto affascinante. Tentò di baciarmi ma io mi girai e lui ebbe solo la mia guancia. Cominciamo bene pensai.

Invece la serata si rilevò illuminante, non fece più tentativi di toccarmi, parlammo di molte cose, risi molto e mi raccontò qualche episodio della sua infanzia. Scoprii che sua madre era nata in Canada, in un paesino vicino a Toronto, in aperta campagna. Si era sposata con un banchiere di New York e si era trasferita nella Grande Mela. Lui era un newyorkese a tutti gli effetti, nato e cresciuto a Manhattan, ma ogni estate veniva spedito in Canada dai nonni materni. Passava le vacanze in mezzo a mucche e polli, correndo nei campi e guidando il trattore già da giovanissimo. Risi perché non riuscivo ad immaginarmelo a giocare tutto sporco per i campi.
Adesso che i pettegolezzi in ufficio erano calati e le cento donne erano scomparse misteriosamente, potevo farmi un’idea di lui senza pregiudizi alcuni e quello che vedevo non era male.”Attenta!” mi dissi, era pur sempre un uomo affascinante e un seduttore nato!
Gli chiesi dei suoi genitori e mi rispose che adesso erano in pensione ed erano andati a vivere a Toronto.
Mi chiese dei miei ed io rimasi sul vago, gli raccontai della morte di mia madre e del vuoto incolmabile che aveva lasciato nella mia vita. Mi chiese di Persy e io gli dissi che era un buon amico e che era molto gay.
Sì, questo lo avevo capito. Come l’hai conosciuto?
Si è trattato di una serie di circostanze – dissi restando sul vago.
Visto che non potevo parlare né della mia famiglia né di Persy, mi lanciai in una lista di luoghi dove ero stata. Per il lavoro di mio padre, dissi, anche se in realtà, viaggiare era stato solo un piacere per noi dopo la morte di mia madre. La casa dove vivevamo era diventata terribilmente vuota senza di lei, così, per qualche mese, io e mio padre viaggiammo in Europa, Russia, Australia, Giappone. Fu un’esperienza incredibile, ma quando tornammo la nostalgia di lei si fece sentire ancora di più. Fu allora che dissi a mio padre che volevo andare a vivere da sola e costruirmi un futuro lavorando presso qualche azienda.
Alla fine della serata mi riaccompagnò a casa e mi scortò fino al portone.
Ciao allora, ci vediamo lunedì in ufficio – gli dissi. Ero dispiaciuta che la serata fosse già finita.
Spero che tu ti sia divertita – disse accarezzandomi il braccio nudo e regalandomi un brivido di piacere.
Sì, grazie, è stata una serata inaspettata.
Ci vediamo venerdì prossimo?
Ecco… non so…
Almeno siamo migliorati, visto che siamo partiti da un no al 200% – disse continuando ad accarezzarmi il braccio e chinandosi verso la mia bocca. Io alzai il viso e rimasi in attesa del suo bacio che arrivò puntuale e dolce. Quando le nostre lingue si incrociarono, gli misi le braccia intorno al collo e mi appoggiai a lui. Le sue labbra erano morbide, il suo profumo intenso e mi lasciai esplorare, anche se il suo tocco non fu mai invadente.
Si staccò riluttante accarezzandomi i capelli. –E’ meglio che vada adesso, se no mi viene voglia di trascinarti sul letto più vicino... quindi ci vediamo venerdì?
Venerdì io e Persy siamo stati invitati ad un’inaugurazione, una mostra fotografica del suo amico Roby.
Capisco, quindi sabato?
Sabato c’è una festa in un locale … E io ho promesso a Persy…
Esci sempre con lui? Comincio ad essere geloso… – disse sorridendo, mentre io arrossivo.
Se vuoi puoi venire anche tu sabato…
Non è il caso, preferisco fare qualcosa di più intimo…
Io guardai in basso e non riuscii a dire nulla, così ci mettemmo d’accordo per il sabato successivo.

Aspettai quel sabato come se fosse il giorno della prima comunione, ero nervosa, agitata: nello stesso modo in cui desideravo che arrivasse così speravo che quella sera non venisse mai. Ero attratta da lui ma allo stesso tempo ne avevo paura.
La cena fu una replica della precedente, lui era affabile, un ottimo oratore, attento alle mie esigenze ma mai troppo ossessivo. Scoprimmo che ci piaceva la stessa musica e anche gli stessi pittori. Dopo cena l’autista ci condusse al giardino botanico nella zona del Bronx.
Ma non è chiuso a quest’ora? – Chiesi mentre l’auto si fermava davanti all’ingresso, era passata ormai la mezzanotte.
Sì, ma conosco il gestore del giardino e visto che mi doveva un favore, mi ha concesso qualche ora. Vieni! – mi prese la mano e uscimmo dall’auto.
Con le chiavi aprì il portone d’ingresso ed entrammo nell’atrio principale, le luci erano spente, a parte alcune luci di emergenza e un brivido di paura mi percorse la schiena, ma non dissi nulla. Lex mi condusse attraverso la hall, poi nel giardino fino alle serre.
Vedrai, di notte il posto è ancora più suggestivo– mi disse baciandomi la mano e guardandomi negli occhi sorridendo sornione.
Entrati nel padiglione tropicale l’atmosfera cambiò radicalmente e grazie alla complicità della luna sembrava di essere davvero in mezzo alla giungla amazzonica. Ammirammo le bellezze della natura e per la maggior parte del tempo restammo in silenzio, per non rovinare la meravigliosa atmosfera che si era instaurata tra di noi.
Proseguendo il percorso, arrivammo al padiglione centrale, dove c’era un tavolino apparecchiato con due bicchieri e una bottiglia di champagne immersa nel ghiaccio. Ci sedemmo su un divanetto in pelle e Lex versò ad entrambi il vino.
E’ champagne analcolico, assaggia, mi hanno assicurato che è buono.
Analcolico? – chiesi incuriosita. L’atmosfera era talmente romantica che quando cominciò a baciarmi mi sembrò la cosa più normale del mondo. Le sue mani erano sui miei seni e le sue labbra ovunque sulla parte di corpo scoperto dal vestito.
Non potevo oppormi e neanche lo volevo. Mi sentivo così bene con lui, era tutto così perfetto, in quel momento ebbi la precisa consapevolezza di volerlo, dentro di me, volevo che fosse lui a liberarmi dalla mia pesante situazione.
Facciamolo... – gli sussurrai.
Lui mi guardò negli occhi sorridendo. – Hai detto la parola preferita da ogni uomo.
Mi ritrovai, senza neanche accorgermi, sdraiata e lui era sopra di me. Mentre mi baciava, senza lasciarmi prendere fiato, infilò la mano sotto il vestito. Io avevo realizzato in quel momento quello che stava per succedere, quando le sue mani mi stavano abbassando gli slip e le sue dita mi massaggiavano esperte il clitoride: stavo per perdere la verginità!
Mi irrigidii per la tensione, non sentivo più le sue mani, i suoi baci e le sue carezze. Tutti i miei sensi erano concentrati in mezzo alle mie gambe, nell’attesa dell’inevitabile dolore che tra poco avrebbe posto fine al mio imbarazzante stato di vergine nella mia ventisettesima estate.
Lui se ne accorse e mi disse– Non ti preoccupare, non essere così rigida, fidati di me, ti piacerà... – e continuò a baciarmi dolcemente.
Poi mi aprì leggermente le gambe e con un dito cominciò a seguire i profili delle mie labbra intime per poi entrare con dei cerchi delicati verso l’interno.
Sei bellissima – disse con voce roca.
Poi sentii spingere dentro di me, trattenni il fiato e chiusi gli occhi, mi penetrò sempre più in profondità, poi all’improvviso si fermò. Si sollevò mettendo il suo viso sopra il mio e mi ordinò: – Apri gli occhi!
Lo feci, i suoi erano piantati dentro i miei che mi ispezionavano cercando di leggermi dentro. – Perché non mi hai detto che sei vergine?
Non ti preoccupare, continua, va bene così, sono consapevole e consenziente.
Tu non ti rendi conto, non va bene per me. Vuoi perdere la verginità in questo posto? Dopo aver aspettato tanto dovresti chiedere qualcosa di più romantico, diverso…cazzo, perché non me lo hai detto?
Non pensavo facesse tanta differenza.
Scherzi? Ti stai dando a me per la tua prima volta e io non mi sento abbastanza all’altezza della situazione stasera. Ti meriteresti molto di più.
Ti prego non farti tante paranoie, facciamolo e basta – lo pregai.
No, mi dispiace– scivolò ai miei piedi e rimise a posto gli slip con un sospiro. Mi baciò attraverso le mutandine e inalò il mio odore. Rimase con la fronte appoggiata alla mia pancia dieci secondi respirando profondamente e poi mi rimise a posto il vestito.
Mi sentii rifiutata, delusa... e avevo una gran voglia di piangere.
Vieni, ti riporto a casa. – Mi tese la mano, ma io non la presi, mi alzai da sola e mi avviai di corsa all’uscita. Arrivata al portone lui mi prese per un braccio, costringendomi a girarmi, tentò di baciarmi ma io voltai la testa dall’altra parte.
Ascolta, non è un rifiuto, non puoi capire quanto mi senta onorato e fortunato. La donna che da un mese mi affascina vuole me per la sua prima volta. Credimi, una sveltina su quel divano non renderebbe giustizia a quel tesoro così prezioso che hai in mezzo alle gambe. Se vorrai concederti a me, ti assicuro che preparerò uno scenario completamente diverso, da fare invidia a tutte le prime volte del mondo.– Mi prese il viso tra le mani e continuò. – Esci con me stasera e passa tutta la notte con me. – Lo guardai con le lacrime agli occhi, incapace di parlare e feci cenno di sì con la testa. Lui mi baciò e mi asciugò le lacrime.
In macchina mi tenne stretta a lui e mi baciò senza sosta sul viso e tra i capelli, sussurrandomi parole dolci all’orecchio. Mi accompagnò fino alla porta di casa e disse che avrebbe chiamato verso mezzogiorno per dirmi l’ora in cui sarebbe passato. Mi diede il bacio della buona notte e se ne andò.
Quando entrai in casa, Persy mi stava aspettando sveglio, voleva sapere come era andata e io risposi che era stato tutto molto romantico e che ci saremmo rivisti.
Quindi non avete consumato?
No, – risposi – ho preferito aspettare– mentii. Lui non sapeva che ero ancora vergine.
Andai a letto e mi addormentai all'istante, quando mi svegliai era già mezzogiorno. Aspettai una chiamata di Lex, poi un suo messaggio, poi una mail… le ore passavano lente e da lui nessun segno di vita. Alle otto di sera mi sentivo presa in giro e la certezza del rifiuto cresceva sempre più nella mia mente. La notte non dormii e piansi di rabbia e di delusione: erano tutte bugie quelle che mi aveva detto, capii che aveva agito così solo per evitare che facessi inutili scenate davanti all’autista.

4



Lunedì mattina arrivai in ufficio prestissimo, così da essere sicura di non trovarlo, ma lo feci inutilmente. A metà pomeriggio Marie andò ad informarsi, Lex aveva telefonato per dire che si sarebbe assentato un paio di giorni.
Vigliacco e bugiardo, neanche una chiamata per darmi almeno la scusa più banale, sarebbe stata meglio di questo silenzio. Mi convinsi che quello che mi aveva detto quella sera era stato un modo per evitare le mie scenate e i miei pianti. Amareggiata e abbattuta passai l’intera giornata pensando che non potevo stare nella stessa azienda con uno che sapeva il mio segreto e che mi aveva scaricato. Scrissi una lettera di dimissioni e la portai all’ufficio personale. Rachel, la responsabile, mi guardò perplessa. –Mi dispiace che te ne vai, è forse successo qualcosa d'altro? Ne vuoi parlare?
No, nulla... è solo che vorrei fare altre esperienze lavorative – mi scusai.
Rachel disse, –Mr Douglas al momento non c’è, ma ti firmerò io le dimissioni. Finisci la settimana quindi?
Preferirei finire venerdì a pranzo, ho un appuntamento – dissi.
Va bene, hai delle ferie in sospeso, quindi nessun problema. Hai già avvisato il tuo ufficio?
No, glielo dico appena scendo – risposi dispiaciuta a Rachel.
Questa era la cosa che più mi spezzava il cuore. Dopo un anno di lavoro, fianco a fianco con Adam e gli altri due ragazzi dell’ufficio, eravamo diventati una bella squadra affiatata. Per non parlare di Marie che aveva cominciato a maledire Lex ed era scoppiata in lacrime.
Adam restò malissimo, mi chiese se la colpa fosse di Douglas, ma io negai categoricamente.
Mercoledì mattina Lex rientrò in ufficio ma io feci di tutto per evitarlo, lui probabilmente era preso dal lavoro arretrato e stava fisso nel suo ufficio, quindi non fu difficile. Arrivò una sua chiamata, ma quando vidi il numero sul display dell’ufficio lasciai partire la segreteria telefonica, mentre sul mio cellulare avevo messo il suo numero nella lista degli indesiderati.

Non lo vidi fino a venerdì, quando cominciai il mio giro di saluti. Lasciai per ultimo il suo piano, abbracciai Tory e le augurai buona fortuna. In quel momento lui uscì e rimase sorpreso. –Buona fortuna? Perchè? Dove vai Tory?
Veramente sono io che me ne vado – gli dissi guardandolo fisso negli occhi.
Come te ne vai? E dove vai?
Ho dato le mie dimissioni lunedì e dove me ne vado sono cavoli miei.
Io non ho accettato nessuna dimissione.
Infatti non dovevi accettarle, solo prenderne atto, sai ci sono dei diritti che tutelano i lavoratori – ribattei, Lex mi guardò torvo.
Senti mi dispiace di non averti chiamato, ok? Sono successe delle cose che… – mi sussurò all’orecchio. Ma io lo fermai alzando la mano.
Non devi darmi spiegazioni – dissi fredda.
In quel momento Tory balzò in piedi e urlò per attirare l’attenzione di Lex. –Mr Douglas! Mi ha chiamato il centralino, sta salendo Mr. August Banks in persona! È qui e vuole parlare con lei!
Lex restò basito.
Che cazzo è successo per scomodare il grande capo in persona? Senza preavviso poi!
Rivolto a me disse a bassa voce, quasi supplicando – dobbiamo rimandare la conversazione, ti devo spiegare, ti prego, non scappare.
Disse a Tory di far correre all’ingresso il responsabile del commerciale e del creativo. Poi si diresse a sua volta verso il pianerottolo. Io ero dietro di lui perchè volevo gustarmi la scena. Lex non si accorse neanche della mia presenza, tanto era spiazzato da quella visita improvvisa, ma riprese subito il controllo della situazione. Arrivarono i due capo reparto e lui disse loro cosa dovevano fare e dire. Poi uno di loro mi guardò e io alzai le spalle.
Quando August Banks, la sua segretaria personale e una guardia del corpo uscirono dall’ascensore, furono investiti da saluti e ringraziamenti. August Banks era un uomo che per carisma, fascino e stazza riempiva ogni stanza in cui entrava. Aveva cinquantacinque anni, era alto, capelli scuri e occhi azzurri, aveva fondato la Holding Banks all’età di trentacinque anni. Attraverso questa società finanziaria, con sede a Chicago, gestiva centinaia di società tra cui quella amministrata da Lex Douglas.
Banks non disse nulla, aveva un’aria seria e composta, fu Minnie, la sua segretaria, a ringraziare a sua volta e a rispondere con qualche parola di rito.
Io ero rimasta un po' distante dal gruppo, per guardarmi la scena di quegli uomini che si prostravano davanti a lui. Ma quando mi feci avanti, Banks mi vide, mi fece un gran sorriso, allungò le braccia ed io corsi ad abbracciarlo.
Papà, come sono contenta di vederti!
Piccola mia, come stai? Come sei diventata bella, lasciati guardare!– disse scostandomi un attimo.
Papà, sono sempre la stessa– e ritornò ad abbracciarmi.
Guardai di sottecchi Lex che aveva perso la parola e il colore. Anche gli altri erano rimasti basiti.
Poi salutai Minnie con un forte abbraccio e un bacio. – Ciao Minnie, come sono contenta di vederti!
Anche io, tesoro. – Minnie si rivolse a Lex, – le spiace se usiamo il suo ufficio? Non vorremmo stare in corridoio.
Assolutamente no – disse lui.
Così presi mio papà sotto braccio e lo condussi nell’ufficio. Lex ci seguì indeciso, non sapeva se volevamo restare soli o no.
Venga Douglas dobbiamo parlare di alcune cose. – Disse con voce dura mio padre.

Minnie ed io ci accomodammo sulle sedie davanti alla scrivania e mio padre prese il posto di Lex senza aspettare inviti. Lui restò in piedi, mentre io gongolavo.
Posso offrirvi qualcosa da bere? Un aperitivo? Un caffè?
Del vino bianco, se è fresco.
Io un bicchiere d’acqua per favore – disse Minnie.
Lui prese le ordinazioni dal mobile bar e le servì loro, a me portò del succo. Lex si versò qualcosa di più forte. Mio padre notò che non mi aveva chiesto nulla e questo era un errore che non avrebbe dovuto fare.

Allora Lex, come vanno le cose in azienda? Il rapporto di questo mese non è stato tra i più positivi... posso sapere se c’è qualche problema?
Forse dovrebbe smetterla di correre dietro alle impiegate e pensare di più al lavoro”, volevo rispondere. Ma guardai Lex con aria innocente.
Non è successo nulla, le previsioni per il prossimo mese sono molto migliori, abbiamo in ballo anche dei progetti che però porteranno frutti a lungo termine. Quindi stiamo più investendo sul futuro in questo periodo.
Poi una telefonata sul cellulare di mio padre interruppe la conversazione. Lui si alzò e si spostò lontano dalla scrivania e Minnie lo seguì, da brava segretaria non si poteva perdere una parola.

Lex mi fu addosso. – Che cosa gli hai detto di noi?
Sorrisi per la sua paura. – Nulla... assolutamente nulla, non sa niente di noi, è solo venuto per pranzare e passare un week-end con me. Visto che c’era...probabilmente ha deciso di fare anche un controllo sulla sua società.
Sembrò rilassarsi. – Perché ti sei licenziata?
Perché non voglio più vederti – dissi a denti stretti.
Da adesso sei riassunta.
Solo perché sono la figlia del capo eh?
No, perché lo hai fatto per un motivo assurdo e senza senso. Tuo padre lo sa?
No, se lo sapesse vorrebbe sapere tutti i particolari ed io verrei prelevata e riportata nella mia gabbia dorata.
Ed io finirei sul marciapiede – convenne lui.
Quindi vediamo di tenere nascosta la cosa, ok?– dissi.
D’accordo. Mi hai fatto un bello scherzo.
Ti meritavi di peggio.
Aspetta, sono dovuto partire per un problema di famiglia.
Non lo lasciai finire. –Oh scusa e i telefoni non esistono?
Non ho potuto…

Bene Douglas, noi dobbiamo andare a pranzo si unisca a noi – disse mio padre guardandoci incuriosito, aveva passato il telefono a Minnie e si era avvicinato a noi.
Merda! Il suo sguardo indagatore... se Lex veniva a pranzo avrebbe avuto il tempo di studiarci.
No! – Dissi prima che lui potesse rispondere. –Ti prego papà... così lo fai diventare un pranzo di lavoro, io pensavo di poter parlare un po’ con te.
Avremo un sacco di tempo nel week-end, bambina.
Mi unisco a voi volentieri – disse Lex con un sorriso smagliante.
Io gli lanciai un’occhiataccia. Minnie era ancora impegnata al telefono e richiamò mio padre, avevano bisogno ancora di lui.
Sei impazzito? Mio padre ci scoprirà, mi scopre sempre, non riesco a tenergli nascosto niente!– Dissi velocemente a Lex quando mio padre si fu allontanato a sufficienza per non sentirci.
Non ti preoccupare, comportati normalmente. Non ti guarderò neanche di sfuggita.

E così, durante il pranzo, Lex diede spettacolo delle sue facoltà mentali e delle sue capacità oratorie, era molto bravo a far pesare sempre la bilancia dalla sua parte, anche con mio padre, che era un osso duro. Era capace di convincere le persone, ma questa sua capacità ormai la conoscevo molto bene.
Stiamo per acquistare un macchinario che stampa immagini sui cover dei notebook, dei tablet e lettori e-book. Potremo diversificare i nostri prodotti rendendoli più appetibili per i giovani e le donne.
Sembrerebbe un grande investimento – disse mio padre.
Sì, ma secondo le nostre stime assorbiremo i costi nel giro di cinque anni. Chi non vorrebbe avere dei prodotti personalizzati? Magari con una foto dal forte valore affettivo... oppure l’immagine di un cantante o semplicemente del proprio colore preferito... per esempio, tu... Leila... che cosa sceglieresti? – mi disse malizioso.
Probabilmente un quadro. Magari il bacio di Giuda. – Lo rimbeccai maligna.
Oh, Leila, che brutto gusto. Anche a me piacerebbe avere dei prodotti personalizzati, mi sembra un’ottima idea – disse Minnie.
Poi, come previsto, continuarono a parlare solo di lavoro.
Lex stasera ci sarà una cena di beneficenza, vorrei che partecipasse anche lei, così continueremo a discutere dei nuovi progetti – disse mio padre.
Ma... papà, dovevamo passare il week-end insieme... – dissi ormai esasperata.
Bambina, avremo tutto il tempo. – Mi rassicurò.
Diedi a Lex un calcio sotto il tavolo mentre diceva che sarebbe venuto volentieri. Io sbuffai e Minnie mi guardò malissimo – Leila da quando ti comporti così? Eri più educata prima.
Scusate – dissi rassegnata.

Quella sera mi preparai meglio del solito perché la cena di beneficenza era molto importante ed era uno degli eventi mondani più attesi del mese. Ci sarebbero stati attori, stilisti, imprenditori famosi e giornalisti.
Indossai un abito verde acido di seta, con una profonda scollatura e una fascia sotto il seno e un bellissimo fiore tempestato di diamanti che faceva risaltare il tutto. La gonna lunga fino ai piedi aveva diversi strati di chiffon molto vaporosi.
Persy mi lasciò i capelli sciolti e mi fece dei boccoli ben definiti sulle punte. Al collo indossai una semplice collana di diamanti e degli orecchini abbinati.
Persy mi guardò ammirato. – Davvero una principessa.
Spero di venire risparmiata per l’asta... almeno per stasera.
Dubito mia cara, sarai una delle prede più ambite.
Che tristezza” mi dissi, perlomeno era tutto a fin di bene.
La limousine di mio padre arrivò in orario, c’erano già tutti e Lex mi aiutò a salire. Non disse niente, ma continuava a fissarmi.
La cena fu squisita e anche la compagnia, mio padre cercava sempre di parlare di lavoro mentre io cercavo di portare la conversazione su altri argomenti, ma era una lotta dura. Lex sembrava divertito dalla mia caparbietà e certo non mi dava una mano, era completamente a disposizione di mio padre e la cosa mi fece abbastanza irritare.
Arrivò il momento della temuta asta, non era la prima a cui partecipavo e ogni volta era una prova di resistenza. Quella sera poi avevo visto, tra gli invitati, due uomini che avevano sempre cercato di comprarmi, ma da cui mio padre mi aveva sempre salvata.
Prima di alzarmi dissi –Papà cerca di non distrarti, l’ultima volta mi hai fatto quasi prendere un colpo.
Bambina, anche se dovesse capitare di essere comprata da qualcun altro... non è la fine del mondo, dovrai abituarti agli uomini prima o poi. Non puoi continuare a vivere con un gay per il resto della tua vita.
Arrossii violentemente e guardai Lex di sfuggita prima di avviarmi sul palco.
In piedi, insieme a tutte le altre ragazze, ero quella che aveva la faccia più imbronciata. Cercai di fare uno sforzo e curiosai tra il pubblico. Gli uomini cominciarono ad avvicinarsi. Anche Lex si alzò per unirsi a loro.

Lex, –gli disse mio padre prima che lasciasse il tavolo, – di solito mia figlia raggiunge i trecentomila dollari.– Lui ebbe un leggero cedimento. – Le spiace partecipare all’asta a nome mio? La compri a qualsiasi cifra. Poi, se vorrà, potrà tenersi il premio – e lo guardò sogghignando.
Lex capì che, nonostante si fosse comportato in modo impeccabile, quell’uomo riusciva a vedere oltre. Lo ammirò ancora di più mentre si avvicinava al palco.
Lex fece durare la mia asta solo qualche minuto, puntando subito una cifra astronomica e mi comprò per trecentoventimila dollari. Mi sentii in colpa, perché immaginavo che per lui non fosse una cifra da poco, ma quando mi disse che erano soldi di mio padre allora mi rilassai.
Grazie allora per aver fatto così in fretta, l’idea di fare da merce non mi piace proprio.
Lo avevo notato. Vieni, andiamo a fare un giro fuori, mi hanno detto che il giardino di questo hotel è stupendo.
Veramente sono stata comprata da mio padre – pensai di puntualizzare.
Veramente lui ha ceduto il premio a me.
Allora sa…– dissi preoccupata.
Credo che sospetti qualcosa – disse languidamente, mentre mi spingeva verso una portafinestra che portava all'esterno.
Stai giocando con il fuoco, Lex – gli dissi guardandolo negli occhi.
L’aria calda di luglio rese la passeggiata molto piacevole, la vista su Manhattan era stupenda e romantica, ci sedemmo su una panchina per ammirare la città da quella posizione privilegiata.
Credo di doverti una spiegazione... – disse Lex. – Mia nonna è mancata all’improvviso ed io sono dovuto partire per Toronto domenica mattina, quasi subito dopo averti lasciato a casa. Ho messo un cambio in valigia e mi sono dimenticato cellulare e portatile a casa. Me ne sono accorto solo in aeroporto, ma ormai era troppo tardi. Mia nonna abitava in campagna, quindi non avevo né internet né altro. Inoltre dovevo sistemare tutto prima di ripartire e non ho avuto molto tempo per rintracciarti, sono riuscito a contattare l’ufficio lunedì per una breve telefonata e non mi sembrava il caso di chiedere al centralino di parlare con te. Quindi, mi dispiace, ma gli eventi hanno preso il sopravvento.
Mi dispiace per tua nonna – gli dissi sincera, una parte di me lo aveva già perdonato.
Grazie. – Restammo in silenzio ad ammirare il panorama poi riprese. – Devo tornare in Canada durante queste vacanze, devo prendere accordi con il fattore che si occupa dei campi e della fattoria, che ne dici di venire con me?
Io?
Si, mi sembra che ci sia qualcosa che mi devo prendere.– Così dicendo mi passò un braccio intorno alle spalle, la sua mano calda mi prese il mento sollevando la bocca verso la sua e mi baciò con passione, stringendomi lui. – Sei bellissima stasera, non so come ho fatto a resistere senza toccarti... – le sue mani mi accarezzavano la schiena e le spalle, mentre il suo bacio si faceva sempre più focoso.
I tuoi capelli sono stupendi, tu sei così dolce e baci proprio bene sai per essere…
Ti prego non lo dire.
Non ti devi vergognare. Penso che sia una cosa meravigliosa...e mi fa impazzire ancora di più. Non vedo l’ora di essere in Canada con te.
Non ho detto che verrò!
Io penso che lo farai. Partiamo la prima domenica di agosto.– Dava sempre tutto per scontato pensai.
Potrei avere altri impegni per queste vacanze.– Effettivamente avevo prenotato un viaggio ai Caraibi con Persy perché mio padre e Minnie dovevano andare in Europa per lavoro.
Disdetta tutto! – Mi ordinò, scendendo con le sue labbra calde e sensuali sul collo.
Speriamo che mio padre non lo venga a sapere.
Vuoi tenerglielo nascosto?
Certo che si!
Hai paura di lui? – chiese stupito.
Tutti lo temevano, anche io e Minnie quando era davvero arrabbiato.
Non sempre, ma tu sì che dovresti averne.
Perché? È un uomo potente che ammiro molto ed ha una cosa che io voglio più dei suoi soldi.– Detto questo mi prese le labbra e non le lasciò più fino a che non iniziò la musica e tornammo in sala per il primo ballo della serata.

La sera prima della partenza per Toronto, non avevo ancora detto a Persy che sarei partita con Lex e non con lui. Preparai la valigia mettendo dei vestiti comodi e adatti ad una vacanza in campagna. La mattina della partenza uscii prestissimo da casa senza salutarlo. Gli lasciai un biglietto con scritto che lo avrei chiamato io e di partire pure per i Caraibi senza di me.
Lex mi aspettava alle cinque sotto casa e partimmo per l’aeroporto. Durante il volo spensi il telefono, dopo quasi due ore e venti chiamate perse, mi decisi ad affrontare Persy.
Ciao, sto bene, sono in Canada. Ci vediamo tra due settimane – dissi tutto d’un fiato, approfittando del fatto che Lex si era allontanato per noleggiare un'auto.
COSA ?!? – mi urlò lui nell’orecchio. – Sei partita con lui per il Canada e non me lo hai detto? – Non capii se era più irritato per la mia sicurezza o per aver perso il gossip. – E i Caraibi? – Avevo già spiegato a Percy della nonna di Lex e lui non ci aveva messo molto a capire con chi ero.
Parti da solo o con Roby. Puoi coprirmi con mio padre, vero?
Assolutamente no!
Allora gli racconto di quando hai fatto entrare uno sconosciuto a casa mia per correre dal tuo ragazzo! – Lo so ero proprio stronza!
Assolutamente sì, devi essere proprio innamorata per preferire una fattoria in mezzo al nulla al mare dei Caraibi!
Forse sì, o forse è solo una pazzia.
Goditela tutta, ci vediamo tra un paio di settimane!
Riattaccai mentre Lex guidava la nostra BMW presa a noleggio. Percorremmo le pulitissime ed ordinate strade fuori Toronto. La fattoria distava circa cento chilometri dalla città; il paesaggio era spettacolare, immensi campi coltivati si alternavano a stupende e verdeggianti foreste di abeti e larici.
Lex mi raccontò alcune sue avventure d’infanzia, quando si divertiva a esplorare i dintorni della fattoria con il cane del nonno e del suo primo amore, una ragazza della sua età che abitava nella fattoria vicina.
Mi dovrei preoccupare?– chiesi divertita ma non troppo.
E’ felicemente sposata con tre figli, non c’è pericolo, l’ho rivista il giorno del funerale e mi dispiace per lei ma era un po’ in sovrappeso di circa quaranta chili!
Sei crudele, è l’unica cosa che hai notato?
Bè difficile ignorarla…
Uomini, sempre a criticare –la difesi per solidarietà femminile.– Certe volte sembri proprio un maschilista.
Perché? Una donna dovrebbe pensare al suo aspetto sempre, indipendentemente dall’età e dalla sua condizione sociale, avere dei figli non vuol dire doversi lasciare andare completamente.
Beh forse le donne con figli hanno altre cose a cui pensare e il loro aspetto fisico non è la loro priorità!
E’ l’errore che molte donne fanno, poi si lamentano se i mariti le tradiscono.
Cercai di replicare irritata da quella affermazione, ma lui mi interruppe. –Siamo arrivati!
Guardai fuori dal finestrino e vidi una piccola ma adorabile casa bianca con il tetto rosso disposta su due piani, con un portico enorme sul davanti, pieno di vasi traboccanti di fiori.
Ho chiesto ad Annie, la donna che aiutava mia nonna con i lavori domestici, di prepararci qualcosa da mangiare, hai fame?
Tantissima – dissi dimenticandomi del discorso che stavamo facendo.
Annie era presa in cucina, era una donna di circa sessant’anni, bassa e magra, aveva i capelli corti e un aspetto simpatico. Quando ci sentì entrare ci venne incontro, ci salutò cordialmente e ci chiese come era andato il viaggio. Disse che aveva preparato la camera degli ospiti e che aveva comprato qualche provvista.
La ringraziai e presi il suo posto in cucina, mentre Lex portava dentro i bagagli. Quando lei salutò e se ne andò io e Lex restammo soli. Pranzammo e mi disse quello che prevedeva il nostro programma. Nel pomeriggio mi avrebbe fatto fare un giro nei dintorni della fattoria ed il giorno dopo saremmo andati nella vicina cittadina di Arthur, per ritirare alcuni documenti in banca e dal notaio, poi avremmo cenato in un ristorantino locale.
Non verranno i tuoi genitori? – gli chiesi.
No, sono partiti per Miami... e poi mia nonna ha lasciato la fattoria e i terreni a me.
Come mai?
Forse sperava che un giorno sarei venuto a viverci.
Non potei fare a meno di ridere. –Non ti ci vedo proprio a fare il contadino.
Perché? Non mi reputi in grado?
Non è quello, io personalmente non resisterei a vivere in questa fattoria, lontano dalle comodità e dalla città.
Forse hai ragione, è una vita completamente diversa, ma per me che ci sono cresciuto è la vita migliore che esista, è come un sogno.
Quella sera, a casa dopo cena, Lex si offrì di prepararmi un bagno.
Io mi farò una doccia nel bagno al piano terra.
Accettai volentieri sperando di riuscire a rilassarmi, sapevo che si stava avvicinando il momento che entrambi aspettavamo con impazienza ed ero molto nervosa.
Quando uscii dal bagno ed andai in camera, Lex aveva spento le luci e acceso alcune candele, la musica era bassa ed aiutava a creare un’atmosfera romantica. Lui era seduto sul letto con i capelli ancora bagnati, indossava dei pantaloni blu della tuta ed era a torso nudo. Quando mi avvicinai si alzò e mi venne incontro porgendomi un bicchiere di champagne.
Lo so che non bevi, ma qualche sorso ti aiuterà a rilassarti.
Grazie, forse stasera posso fare un’eccezione – dissi sorridendo e sorseggiando un po' di vino che mi scese nello stomaco infuocandomi.
Leila, – disse accarezzandomi i capelli, – voglio che tu sappia che se dovessi avere qualsiasi ripensamento puoi fermarmi in qualsiasi momento, ok? – Io feci un cenno di assenso con la testa. Prese il mio bicchiere e lo appoggiò sul comodino. – Vieni, siediti vicino a me.
Mi invitò a sedermi vicino a lui, mi cinse la vita in un abbraccio forte e rassicurante e cominciò a baciarmi i capelli, seguendo la linea del mio profilo giunse alle labbra e mi baciò prendendomi il viso tra le mani.
Tesoro, sei così bella, non sai quanto ti desidero. – Allungai la mano verso il suo petto e accarezzai timorosa i peli ricci e folti che coprivano un torace muscoloso e solido. Il suo corpo, così intimamente vicino al mio, mi donava un senso di protezione e mi aggrappai a lui.
Sdraiati amore... – mi sussurrò nell’orecchio, io obbedii mentre lui cominciava a baciarmi sul collo, regalandomi sensazioni meravigliose. Aprì il mio accappatoio scoprendomi i seni, accarezzò i capezzoli con le labbra fino a che non divennero turgidi e pronti per la sua bocca. Indugiò sui miei seni torturandomi con la lingua e i denti, fino a che non gemetti, inarcandomi verso di lui. Sentivo il suo bisogno di possedermi, la sua erezione calda e dura premeva contro la mia gamba, ma sapevo che per nulla al mondo avrebbe affrettato quello che stava facendo, mentre io ero sempre più impaziente. Segnò il percorso dai miei seni alla mia intimità con dei baci lievi e delicati, mentre si spostava in mezzo alle mie gambe e si toglieva con un solo gesto i pantaloni.
Rilassati e pensa solo a godere, non trattenere nulla, neanche un piccolo gemito, voglio sentire tutto di te, ogni spasmo, ogni contrazione, ogni respiro e godere di tutto.
Mmmm…– riuscii a dire, mentre cercavo di non pensare all’imbarazzo che provavo a vedere i suoi occhi che mi bramavano così intensamente. Quando le sue dita accarezzarono il profilo della mia fessura fui scossa da brividi e mi irrigidii, ma lui non si fermò e con pazienza mi accarezzò e leccò, fino a che non fui pronta per lui. Il suo dito mi penetrò piano e continuò a massaggiarmi fino a che non persi la testa, ora ero pronta anche mentalmente.
Ti prego... – gli dissi con una voce che non riconobbi neanche come mia.
Risalì velocemente sul mio corpo, sovrastandomi e cercando la mia bocca. Cominciò a spingere piano, mi prese saldamente per le spalle per evitare che indietreggiassi, – adesso guardami amore, voglio godere questo momento e imprimerlo nella mia mente per sempre.
Io aprii gli occhi in preda all’estasi e urlai quando lui affondò deciso dentro di me. Rimase immobile cercando i miei occhi per verificare che tutto andasse bene e quando mi fui abituata alla sua erezione, cominciò a muoversi piano, avanti e indietro, mentre i miei spasmi ad ogni affondo si facevano sempre più forti. Mi aggrappai a lui con tutta la forza che potevo, andandogli incontro ad ogni spinta. Più mi riempiva più sentivo il bisogno di lui, l’orgasmo cresceva sempre di più dentro di me fino ad esplodere con un gemito che mi fece tremare tutto il corpo. Lex restò qualche minuto dentro di me per lasciare che i miei fremiti si calmassero e per lasciarmi godere appieno di tutta la sua erezione. Poi cominciò a muoversi nuovamente dentro di me, sempre più veloce e prima di raggiungere l’orgasmo uscì in tempo perché il suo liquido caldo finisse sulla mia pancia.
Mi lamentai, dispiaciuta per l’improvvisa interruzione di quell’intimo contatto.
Scusa, ero talmente preso da te che non ho messo il preservativo. – Disse baciandomi il collo e il mento. Si girò sulla schiena obbligandomi a seguirlo, mi strinse contro il suo petto e sentii i battiti del suo cuore accelerati.
Sporco anche te… – dissi.
Non importa, stai bene? Ti fa male da qualche parte?
No, sto benissimo, grazie.
Mi accarezzò i capelli fino a che non mi addormentai. Ero stanca ma felice, non avrebbe potuto essere più bello.
La mattina mi svegliai quando il sole stava per sorgere, Lex era accanto a me e i nostri corpi erano intrecciati come quando ci eravamo addormentati: non avrei mai pensato che dormire abbracciata all’uomo con cui si è fatto l’amore, fosse così appagante e mi avrebbe fatto sentire così completa.
A cosa pensi? – mi sussurrò in un orecchio.
Al fatto che mi sento così completa... come mai mi era capitato in tutta la mia vita.
Anche io e non ho bisogno di altro. – Mi mordicchiò il lobo, l’orecchio e poi mi fece ancora eccitare e facemmo di nuovo l’amore insieme. Fu ancora meglio della prima volta.
Hai intenzione di stare a letto tutto il giorno? – gli chiesi tra la speranza e il timore, sentendomi un po' indolenzita per tutto quel movimento.
Potrebbe essere un’idea, ti prenderei in ogni modo e ad ogni ora e tu godresti fino a non capire più niente... – disse baciandomi un seno. – Ma dobbiamo alzarci, le ragazze ci aspettano.
Le… ragazze? – Chiesi titubante.
Certo, te le voglio presentare, saranno felici di incontrarti!
Mi alzai dubbiosa e andai in bagno a lavarmi e a vestirmi. Per la campagna avevo portato soprattutto jeans e magliette, niente tacchi, ma solo scarpe da ginnastica e scarponcini. Mi legai i capelli con una coda alta e scesi in cucina. Lex si era messo dei jeans scoloriti e una maglietta nera molto attillata, aveva le spalle ampie e le braccia muscolose, mi sentii invasa da un senso di possesso nei suoi confronti.
Uova e bacon? – Chiese mentre mi sedevo al tavolo.
Sì, ho una fame!
Lex mi guardò sorridendo, mentre mi porgeva il piatto colmo di cibo.
Sai cucinare? – gli chiesi stupita.
Diciamo che me la cavo.
Da quello che vedo sei più bravo di me…
Forza, siamo già in ritardo!
Uscimmo quando il sole era già alto nel cielo; con l’auto ci dirigemmo verso una stalla non lontana dalla casa. Lex parcheggiò vicino a due furgoncini.
Vieni – disse Lex prendendomi la mano e accompagnandomi attraverso il portone di un rosso fuoco. – Ecco qui le mie ragazze... – disse Lex sorridente, mostrandomi più di cento mucche bianche e nere che muggivano senza tregua.
P–piacere! – dissi sorridendo a mia volta.
Questo fa parte dell’eredità di mia nonna, vieni, ti presento gli uomini che si occupano di loro. Samuel! – chiamò a voce alta.
Un uomo di media corporatura, di circa cinquant’anni e con i capelli brizzolati, ci venne incontro, porgendo la mano a Lex e poi a me, mentre si presentava.
Lex, finalmente... pensavo che avessi intenzione di dormire tutto il giorno! Ti aspettavo tre ore fa, ma adesso capisco cosa ti ha trattenuto a letto! – disse guardandomi maliziosamente. – Annie mi aveva detto che eri venuto con una donna, ma non aveva detto che era così bella.
Smettila Samuel o la farai arrossire, come vanno qui le cose?
Bene, con il nuovo foraggio la produzione sembra migliorata di qualità, adesso Speaken vuole il nostro latte per il suo formaggio.
Che ti avevo detto, anche le ragazze hanno bisogno di una dieta equilibrata. Vieni Leila, ti faccio vedere la stalla e poi aiuteremo anche noi.
Anche io? – chiesi allibita.
Certo, non penserai di avere vitto e alloggio gratis, vero? – disse dandomi un pizzicotto sul sedere. – Te li devi guadagnare!
Nonostante le perplessità iniziali, aiutare alle stalle fu divertente e con Lex al mio fianco anche sexy, soprattutto nella pausa dopo il pranzo, quando facemmo l’amore nel fienile, sopra la paglia pulita. Lui era uno spettacolo per gli occhi quando lavorava a torso nudo, con le goccioline di sudore che facevano risaltare ancora di più i muscoli tesi.
Attenta Leila, se continui a fissarmi così non potrò più resistere e dovrai subirne le conseguenze! – mi disse malizioso con un sorriso affascinante che mi fece perdere il controllo, così lo abbracciai di slancio e senza che me ne rendessi conto era già sopra di me e io ero pronta per lui, per fortuna eravamo soli.
Ogni notte facevamo l’amore in modi sempre diversi e anche io imparai a conoscere il suo corpo come lui conosceva il mio, avevo scoperto che dare piacere a lui era la cosa più bella che le mie mani e la mia bocca fossero in grado di fare. Lex era paziente e mi guidava ad ogni mia scoperta. Una notte, dopo aver fatto l’amore per la seconda volta, mi lasciai sfuggire le uniche parole che avrebbero potuto distruggere il nostro rapporto.
Ti amo, Lex... – gli dissi mentre lo stringevo forte, ma aggiunsi in fretta: – Forse penserai che è troppo presto, ma ti posso giurare che non ho mai provato niente di così bello con nessun altro, con te mi sento bene, sono così felice che mi scoppia il cuore. Ma non te l’ho detto perché pretendo lo stesso sentimento da te, ho solo detto quello che provo e non voglio tenerlo dentro.
Oh Leila, penso che tu sia la donna più facile da amare che abbia mai conosciuto. Non sembri neanche vera! Vieni qui e baciami prima di sparire! – disse sogghignando.
Non ho intenzione di andare da nessuna parte.
Te lo impedirei, se fosse!

5

Quando Lex mi riportò a casa, dopo la nostra vacanza, mi salutò con un bacio lungo e sensuale, regalandomi ancora una volta emozioni indescrivibili. Avevo passato la più bella vacanza della mia vita e avrei voluto che non finisse mai.
E’ difficile separarmi da te, ma devo farlo, ti amo Leila.
Anche io ti amo Lex, resta qui con me... – lo implorai, visto che l’idea di separarmi da lui era terribile.
Domani sera forse, ma oggi devo tornare a casa, devo disfare i bagagli e controllare le e-mail dell’ufficio. Aspetta una mia chiamata, domani, – disse strizzandomi l’occhio e baciandomi un'ultima volta prima di andarsene.
Così restai da sola, a godermi la solitudine che mi sembrò insopportabile senza di lui, anche perché Percy non era ancora tornato dai Caraibi, sarebbe rientrato solo il giorno dopo.
Quando Lex ritornò a casa, ricevette una visita che cambiò le nostre vite, ma io lo seppi solo due settimane dopo.

Il giorno dopo, in ufficio, aspettai impaziente una chiamata di Lex, mi obbligai ad aspettare tranquilla visto che probabilmente aveva molto lavoro da fare. Marie aveva preso una settimana di ferie in più, quindi non sarebbe rientrata che tra sette giorni, non vedevo l’ora di vederla per raccontarle della mia fantastica vacanza. C'eravamo sentite per telefono, ma non le avevo detto molto, a parte che ero talmente felice da poter toccare il cielo con un dito.
Dopo le cinque, quando tutti i miei colleghi erano già andati via, salii nel suo ufficio, non volevo più aspettare, avevo bisogno di vederlo.
Ciao! – dissi sorridente, dirigendomi verso la scrivania dove era seduto.
Leila, dovevi aspettare una mia telefonata, non saresti dovuta venire, sono molto occupato ora – mi disse con un tono che mi raggelò. Tutto mi sarei aspettata tranne un’accoglienza del genere.
Mi dispiace… non volevo disturbarti… – cercai di dire, ma la voce mi morì in gola.
Ieri sera te lo avevo detto che ti avrei chiamato io, non riesci ad aspettare neanche qualche ora? Stai attenta che non diventi una dipendenza, Leila, perché per me non lo è.
Guardai i suoi occhi che mi fissavano pieni di disprezzo, dove era l’uomo che la sera prima mi aveva lasciato con lo sguardo pieno di adorazione e di amore? Arretrai senza dire una parola e me ne andai di corsa. Non poteva essere vero, non poteva aver cambiato idea in una sola notte... e tutto l’amore che mi aveva dato? Era già sparito?
Per fortuna tornò Percy e anche se passai i giorni successivi in preda ad una disperazione silenziosa e senza riuscire a capire quello che poteva essere successo, avevo comunque una spalla su cui piangere. A lui avevo raccontato a grandi linee quello che era successo, ma neanche lui riuscì a dare una spiegazione logica e accettabile a quel cambiamento improvviso.
La sera del terzo giorno, Lex si presentò a casa mia senza preavviso. Percy lo guardò con aria truce quando lui chiese di poter parlare con me da solo, ma uscì dal soggiorno, lasciandoci.
Ti devo una spiegazione, – disse Lex – mi sono accorto che sei troppo legata a me e... mi dispiace, ma io non provo gli stessi sentimenti per te. – Era come se mi avesse accoltellato direttamente al cuore.
Non capisco, mi hai detto che mi amavi! – dissi scioccata.
Mi dispiace, ho sbagliato, non avrei dovuto dirtelo.
Il primo sentimento che provai fu, per fortuna, la rabbia e l’ipotesi peggiore che avevo formulato in quei tre giorni si rilevò alla fine la più vera.
Hai ottenuto quello che volevi e ora non ti interesso più! Dimmi la verità almeno! penso di averne diritto! – gli urlai distrutta dal dolore.
Potrebbe essere così – rispose con voce impassibile.
E quella fu la risposta, di cui mi dovetti accontentare perché poi se ne andò senza dire altro. Percy uscì dalla sua camera e mi circondò in un abbraccio, mentre io piangevo tutte le lacrime di questo mondo.
Nelle due settimane successive vissi come un automa: Percy mi portava al lavoro e mi veniva a prendere in auto, Marie rispondeva alle mie telefonate e mi copriva quando lo sconforto aveva la meglio sulla mia forza di volontà. Mangiavo poco e dormivo ancora meno; alla fine di quelle settimane, le più brutte della mia vita, dopo la morte di mia madre, incontrai Lex nel corridoio. Per farlo passare mi appiattii contro la parete, avrei voluto essere trasparente, quando alzai gli occhi e incontrai i suoi, quello che vidi mi sembrò compassione, ma non disse nulla e mi superò. Mi si rivoltò lo stomaco.
Il giorno dopo mi mandò un messaggio:
Leila, ti ho vista ieri e quello che ho visto non mi è piaciuto, ti devo parlare. Posso passare da te stasera? Lex”
Vedermi per dirmi cosa? Penso che l’altra volta tu sia stato più che chiaro. Non c’è altro da aggiungere, a meno che tu non voglia ferirmi ancora di più. L.
Non so se quello che ti racconterò ti ferirà di più, ma devo comunque dirtelo. Ti prego, solo pochi minuti. Lex
Considerando la tua persistenza non credo di aver scelta, ma promettimi che dopo mi lascerai in pace per sempre.
Se dopo me lo chiederai ancora, farò quello che vuoi.
Quella sera pregai Percy di uscire, quando gli dissi che era perché aspettavo Lex, mi disse che non era molto d’accordo che lo incontrassi ancora, ma ci avrebbe lasciati soli.
Quando arrivò, Lex restò per un attimo a guardarmi, con la stessa espressione di compassione che aveva avuto il giorno prima in ufficio.
Puoi smetterla di guardarmi come se fossi un animale morente, per favore? – gli dissi irritata.
Stai bene Leila? Sei dimagrita molto.
Anche se non stessi bene non ti dovrebbe interessare, visto che quello che volevi da me te lo sei già preso.
Lex sospirò e poi disse – Mi dispiace, non pensavo che ti riducessi in questo stato.
E come credi che la prendessi, Lex? Quando ti ho detto che ti amavo ero sincera e a differenza di te, per me era un sentimento importante e profondo... e non te l’ho detto con leggerezza. Ma cerchiamo di non perdere altro tempo, dimmi perché sei venuto e poi vattene. – Mi sedetti sul divano, lontana da lui e lui mi imitò, sembrava imbarazzato e nervoso.
Leila, quando sono tornato a casa, subito dopo il nostro viaggio in Canada, tuo padre è venuto a farmi visita. – Prima di continuare mi guardò attentamente per valutare la mia espressione.
Mio padre? – Chiesi senza capire.
Lui annuì, poi continuò. – Mi ha detto che sapeva della nostra vacanza in Canada e voleva parlare con me del nostro rapporto. Mi ha detto che se continuavo a vederti lui mi avrebbe rovinato la carriera e ti avrebbe allontanato per sempre dalla sua vita. No, aspetta, non dire nulla, fammi finire! Quella notte ho pensato a te, solo a te... e non al mio futuro, so che sei molto legata a tuo padre e non volevo farti soffrire obbligandoti a scegliere tra lui e me... così ho scelto io, allontanandoti da me. Ma non sopporto di vederti soffrire così, pensavo di aver preso la decisione migliore per tutti e due, invece mi sono dovuto ricredere. Tu sei uno straccio ed io sto perdendo la testa senza di te. – Fece una pausa avvicinandosi. – Ascolta... quello che ti voglio dire è che... se tuo padre mi rovinerà la carriera, non avrò la possibilità di avere una vita agiata, troverò un altro posto... ma non potrò offrirti quello che hai adesso.
Non mi importa dei soldi, anche io lavoro, tutto quello che ho... sono solo accessori... e posso farne benissimo a meno. Ma la tua carriera? Non posso credere che mio padre ti abbia minacciato in questo modo.
La mia carriera passa in secondo piano rispetto alla nostra felicità, ma... tu sei disposta a troncare i rapporti con tuo padre per amore mio?
Non capisco... perché devo decidere tra uno dei due?
Tuo padre vuole per te il meglio e probabilmente ritiene che io non lo sia.
Ma tu sei il meglio per me, io ti amo, ti amo così tanto che queste settimane sono state un incubo, non trovavo la luce, non riuscivo più a vivere! – gli dissi buttandomi tra le sue braccia e stringendolo disperata. –Non mi lasciare...mai più, se non vuoi vedermi morire.
Oh amore, mi dispiace, non pensavo che avresti sofferto così tanto... – Disse stringendomi a sua volta.
Non posso credere che mio padre ti abbia detto una cosa del genere...non è da lui, ci deve essere una spiegazione!
E infatti una spiegazione c’è! – disse mio padre entrando in quel momento e facendoci sussultare.
Papà! – dissi spaventata. – E’ vero quello che ha detto Lex? Sei andato da lui per ricattarlo?
E’ tutto vero, ma c’è una ragione per cui l’ho fatto.
Sentiamola papà... e spero che sia più che accettabile, perché per colpa tua ho sofferto come non riuscirei mai a spiegarti! – Gli dissi alzando la voce. Mi chiesi come aveva potuto fare una cosa del genere ed essere così calmo.
Lo so piccola mia e mi dispiace, Percy mi ha raccontato tutto... anche io ero molto preoccupato per te; se non fosse stato così necessario non lo avrei mai fatto... ma dovevo essere sicuro che lui fosse disposto a restare con te anche senza i tuoi soldi.
Immagino che la mia parola non le bastava, ha dovuto metterci alla prova per forza? – chiese Lex anche lui arrabbiato e disgustato.
Douglas, le chiedo una spiegazione... prima che partiste per il Canada ho visto lei e la sua ex fidanzata che facevate una cenetta molto intima al Nobu. Io stavo cenando con dei soci in affari e vi ho visti ...mentre vi baciavate.
Papà! Sei così subdolo da inventarti anche questo? – Chiesi io sempre più confusa.
Non è una bugia –disse Lex rabbuiandosi.
Mi voltai verso di lui, allontanandomi da entrambi. Gli uomini più importanti della mia vita mi avevano tradito, mi sentii svuotata e mi dovetti sedere per non cadere.
Leila, mi dispiace, ho fatto un errore quella sera... io e Paris siamo stati molto legati in passato e lei mi ha chiesto di uscire per una cena... non ho potuto dirle no. Poi mi sono fatto prendere la mano e ci siamo baciati, ma ho capito subito che non provavo più niente per lei e che l’unica donna con cui volevo stare eri tu. Ti prego, non dare a quel bacio più importanza di quanto non ne abbia in realtà.
Presi la testa tra le mani e mi tappai le orecchie: – siete dei bugiardi... e manipolatori, non voglio più ascoltarvi, andatevene, non voglio più avere a che fare con nessuno dei due. ANDATEVENE! – Urlai loro in mezzo alle lacrime.

Quando Percy rientrò in casa, mi trovò in camera mia, sotto le lenzuola, in preda ad una crisi isterica. Lo costrinsi a parlarmi del ruolo che lui aveva avuto in mezzo a tutto quel casino e quando confessò di aver sempre saputo dell’inganno di mio padre e che era stato lui ad avvisarlo che quella sera Lex sarebbe venuto da me, gli dissi che non volevo più parlare neanche con lui e gli dissi di lasciare le chiavi di casa e di andarsene.
Chiusi la porta alle sue spalle, spensi il telefono e mi preparai a cadere di nuovo nell’oscurità. Marie venne a casa mia, ma io non le aprii. Volevo stare da sola e cercare di capire come uscire da quel tunnel. Il giorno dopo Minnie suonò alla porta e fui costretta ad aprirle perché non voleva desistere e il suono del campanello mi stava facendo venire il mal di testa.
Hai finito di autocommiserarti? – Mi chiese dura mentre entrava in casa.
Non ho ancora deciso. – Risposi altrettanto dura.
Giù in macchina ci sono tre uomini... che vogliono chiederti scusa... e che vogliono chiederti un’altra occasione.
Non so se la meritano.
Sono d’accordo con te. Io li farei soffrire ancora un po’. Solo per precisazione, io non ho avuto nulla a che fare con questa storia, tuo padre mi ha lasciata all’oscuro di tutto perché sapeva che mi sarei opposta.
Lo so Minnie, tu non avresti permesso che mi ferisse così. Stanno soffrendo molto?
Parecchio, soprattutto Lex, non riesce a perdonarsi per aver baciato quella donna. Ma è un uomo... – Commentò senza finire la frase alzando le spalle.
Tu lo perdoneresti?
Forse... ma non subito, è giusto che soffra ancora un po’ e anche tuo padre.
Perché non li mandi via e ce ne andiamo da qualche parte? Chiamo anche Marie, ieri non le ho neanche risposto al citofono.
Ottima idea! Ho proprio voglia di andare in discoteca.
Discoteca?
Certo... dove volevi portarmi? Al circolo della terza età? Se dobbiamo peccare, facciamolo per bene!

Due ore dopo eravamo nella discoteca più famosa di tutta New York. Minnie aveva detto di non preoccuparsi per l’ingresso perché mio padre ne era appena diventato il proprietario, tramite una delle sue compagnie.
Metteremo tutte le consumazioni sul suo conto!
E quell'idea mi diede molta soddisfazione. Dopo una decina di drink a testa e dopo aver ballato con la maggior parte degli uomini presenti, tornammo a casa.
Il mattino dopo sapevo esattamente cosa fare. Chiamai Percy e gli diedi appuntamento per pranzo, in un ristorante vicino a casa.
Quando mi vide entrare nel locale, si avvicinò a me con uno sguardo da cane bastonato, ma io non gli parlai, fino a che non fummo seduti al tavolo, davanti a un piatto di lasagne fumanti.
Percy, – gli dissi – ti perdono per aver fatto la spia con mio padre, ma... sono cresciuta e non ho più bisogno che tu mi accudisca. Non prenderla come una ripicca, ma ho capito che preferisco vivere da sola, soprattutto per accrescere la mia autostima. Mi dispiace.
Spero che resteremo amici, nonostante tutto – disse lui dispiaciuto.
Sì, quindi vedi di non cambiare quartiere quando andrai a vivere con il tuo Roby... perché avrò bisogno di qualcuno che mi pettini!
Ci separammo dopo un lungo abbraccio.
Parlare con mio padre fu più difficile. Dopo essermi informata sui suoi spostamenti, Minnie mi disse che non voleva andarsene da New York finché non lo perdonavo, così lo raggiunsi nel suo albergo.
Ti rendi conto di quanto ho sofferto per causa tua? Non voglio che tu interferisca ancora con la mia vita, devi avere più fiducia in me, non mi sono buttata nelle braccia del primo che capitava!
Hai ragione bambina, mi dispiace, la tua vita riguarda solo te. – Dissi visibilmente dispiaciuto.
Ho intenzione di perdonarti solo ad una condizione.
Qualunque cosa per te.
Sposa Minnie... penso che ormai siete troppo vecchi per essere amanti, rendila una donna onesta, se lo merita... per averti sopportato tutti questi anni!
Leila! Come fai a saperlo?
Sono giovane, ma non sono cieca. E sono felice per entrambi, avete la mia approvazione.
Mio padre mi guardò con occhi pieni di amore e mi abbracciò forte.
Sei diventata una donna forte come tua madre... cosa farai con Lex?
Non lo so ancora... – risposi sinceramente.

Aspettai un'intera settimana prima di andare a parlare con lui. Quando il venerdì sera mi affacciai nel suo ufficio, lui restò sorpreso ma nello stesso tempo felice di vedermi. Si alzò dalla scrivania e mi venne incontro. La voglia di buttarmi tra le sue braccia era troppo forte, ma mi sforzai di resistere.
Lex, posso chiederti perché hai baciato la tua ex? Dovevamo partire per le vacanze, avevamo un impegno serio, perché lo hai fatto?
Per abitudine... per provare qualcosa a me stesso...per capire se lei poteva avere ancora una parte importante della mia vita oppure no.
Cosa farai Lex? Ogni volta che conoscerai una donna interessante vorrai avere una prova baciandola?
No, è capitato una volta e non succederà più... perché la donna che voglio...sei tu...e solo tu...ti amo e non commetterò un altro errore, ho troppa paura di perderti.
Forse è già successo – gli dissi seria.
Lui non rispose e mi guardò disperato. – Non mi hai perdonato, vero?
Uscii dall'ufficio senza rispondergli.
Aspettai dieci giorni, contandoli sulla punta delle dita ogni mattina. Quando lo incontravo nel corridoio facevo finta di non vederlo, lo ignoravo se mi chiamava e non rispondevo alle sue mail, lui insistette ancora qualche giorno, ma vista la mia indifferenza lasciò perdere. L'undicesimo giorno indossai il vestito bianco con i fiorellini rossi, lasciai i capelli sciolti e lo aspettai nell'atrio del palazzo. Quando entrò dalle porte girevoli mi lanciò un'occhiata depressa, ma quando vide che io stavo aspettando lui, si avvicinò con passo incerto. Io lo guardai sorridendo.
Buongiorno! – dissi.
Buongiorno, stai aspettando qualcuno? – disse cauto. I suoi occhi furono nei miei e per un attimo restai a guardarlo ipnotizzata, mentre le persone ci passavano accanto senza vederci.
Sì, stavo aspettando qualcuno che salisse le scale con me.
Te l'ho già detto che con quel vestito ti seguirei fino all'inferno? – disse sorridendo, finalmente più rilassato.
Ma non arrivammo neanche al sesto piano che lui mi aveva già catturato le labbra e io gli avevo donato il mio cuore.













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